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Eric Russell: Le sentinelle del cielo

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Eric Russell Le sentinelle del cielo

Le sentinelle del cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Eric Frank Russell ritorna con queste sue sentinelle degli spazi cosmici e dell’umanità che ormai dilaga per tutta la Galassia. È un romanzo di enigmatiche visioni sideree, di “presenze” inconoscibili, di vaghe minacce provenienti dalle profondità ignorate dello spazio. Ed è il romanzo di David Raven, naturalmente, il telepatico agente segreto della Triade Planetaria, e della bellissima Leina. La coppia ha in comune, tra molte altre cose, un segreto soprannaturale; e grazie ai poteri straordinari di cui è dotata, vigila sull’umanità. Sono David e Leina, le sentinelle del Cielo. Insieme, scrutano il cielo, vigili, in agguato, faccia alle stelle. La fascia favolosa della Via Lattea palpita sui loro capi, mentre nell’ombra, chi sa dove, incombe l’atroce minaccia delle astronavi di Deneb. Da troppe generazioni ormai, la razza umana, colonizzando i pianeti, è rimasta esposta alle insidiose radiazioni cosmiche; e le nuove specie dei “mutanti” fanno capolino ovunque, dando origine a nuove razze umane. Con questo romanzo, E.F. Russell ha saputo narrare l’epopea siderale di un futuro che potrebbe anche essere vero…

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Erano mutanti di Tipo Nove, generalmente chiamati microtecnici. Potevano costruire un radiocronometro tanto piccolo da poter essere incastonato al centro di un anello di diamanti.

In una sala adiacente lavoravano alcuni individui che si assomigliavano senza però essere identici, e che provavano di continuo, gli uni sugli altri, le loro strane capacità. Due uomini sedevano di fronte. Un rapido movimento del viso cambiava completamente i lineamenti.

«Ecco fatto» diceva il primo «io sono Peters».

Un altrettanto rapido movimento cambiava i lineamenti dell’altro, che rispondeva: «Strano! Anch’io».

Scoppiavano due sonore risate. Poi, sempre identici come gemelli, sedevano a un tavolo e si mettevano a giocare a carte. Entrambi si osservavano furtivamente, in attesa di quella mossa distratta del viso che avrebbe tradito la vera identità dell’altro.

Entrarono altre due persone e dissero di voler giocare con loro. Uno dei due ebbe un attimo di intenso sforzo mentale, poi volò sopra il tavolo e andò a sedersi sulla sedia che stava al lato opposto. Il secondo fissò lo sguardo sulla sedia più vicina: la sedia si mosse ondeggiando e venne a collocarsi sotto di lui, come spostata da mani invisibili. I gemelli accettarono questi fenomeni con assoluta indifferenza, come cosa di ordinaria amministrazione, e cominciarono a ridistribuire le carte.

Quello che aveva mosso la sedia, fece saltare il mazzetto di carte nella sua mano e cominciò a studiarle.

— Se voi due volete a tutti i costi essere Peters, mantenete almeno i vostri odori, in modo che noi si sappia chi siete — disse, e riprese a esaminare le carte.

— Passo.

Una persona si fermò sulla soglia a osservare il tavolo dei giocatori, poi si allontanò sogghignando. Dieci secondi dopo, il primo Peters prese la sigaretta dal portacenere e si accorse che era accesa da tutte e due le parti. Lanciò una imprecazione e si alzò per andare a richiudere la porta. Portò con sé le carte, per timore che durante la sua assenza saltassero nelle mani di qualcun altro.

Grayson entrò nelle gallerie del sotterraneo. Teneva la mente chiusa contro ogni possibile intrusione e avanzò guardandosi attorno con sospetto. Sembrava una persona che avesse le sue buone ragioni di temere la propria ombra. Al termine di un lungo corridoio che terminava con una pesante porta di ferro, Grayson venne a trovarsi faccia faccia con una guardia ipno.

— Devi tornartene indietro, amico. Qui è dove vive il capo.

— Sì, lo so. Voglio vedere Kayder immediatamente — disse Grayson, girando la testa per osservare la galleria alle sue spalle e facendo un gesto di impazienza. — Digli che gli conviene ricevermi, a meno che non voglia veder saltare all’aria il nostro rifugio.

La guardia lo scrutò attentamente, poi aprì il piccolo sportello che nascondeva il microfono e riferì quanto gli era stato detto. Qualche secondo dopo la porta si aprì. Grayson varcò la soglia e attraversò la grande sala dirigendosi verso l’unica persona presente.

Kayder, un tale tarchiato, dalle spalle larghe e dalla mascella volitiva, era Venusiano di nascita ed era forse l’unico mutante di Tipo Undici dislocato sulla Terra. Poteva conversare a voce bassa, in maniera quasi impercettibile, con nove specie di insetti venusiani. Sette di queste erano velenosissime e pronte a fare qualunque favore al loro amico. Kayder disponeva quindi della spaventosa forza di un esercito non umano troppo numeroso per poter essere distrutto.

— Di che cosa si tratta, questa volta? — chiese seccamente, distogliendo l’attenzione da un fascio di documenti. — Fate alla svelta e venite subito al punto. Questa mattina non mi sento molto bene. L’aria della Terra non mi si addice.

— Nemmeno a me — disse Grayson. — Voi avevate scoperto qualcosa su un certo David Raven e avete dato ordine di andarlo a prendere.

— Certo. Non so cosa abbia di speciale ma immagino che sia un elemento utile. Dove l’avete messo?

— Da nessuna parte. È scappato.

— Non per molto — assicurò Kayder con convinzione. — Immagino che sia andato a nascondersi in qualche posto. Ma finiremo per trovarlo. — Fece un cenno di congedo. — Continuate le ricerche.

— Ma lo avevamo preso — osservò Grayson. — Era una volpe in trappola, allo stremo delle forze. Ed è fuggito.

Kayder inclinò indietro la sedia facendola stare in bilico sulle gambe posteriori.

— Volete dire che lo avevate veramente preso? E ve lo siete lasciato scappare? Com’è possibile?

— Non lo so. — Grayson era terribilmente preoccupato e non cercava di nasconderlo. — Non so… Non riesco a capire, e sono sconcertato. Ecco perché sono venuto da voi.

— Siate più preciso. Cos’è successo?

— Siamo entrati nella casa in cui era nascosto. Con lui c’era una donna… una vera telepatica, come lui. Steen era con me. È un ottimo ipno. E Raven è riuscito a giocarlo.

— Continuate. E tralasciate le pause teatrali.

— Steen ha fatto il trattamento a me - continuò Grayson. — Mi ha colto di sorpresa e mi ha privato di ogni volontà. È riuscito a convincermi di tornare allo scafo e dire a Haller che Raven non c’era. Poi lui si è ritirato nella cabina di pilotaggio con Haller.

Un piccolo ragno si arrampicò sui pantaloni di Kayder, e lui tese la mano per aiutare l’insetto a salire sul piano della scrivania. Il ragno era di un verde lucente, con otto piccole capocchie di spillo rosse al posto degli occhi.

Guardando disgustato l’insetto, Grayson continuò a parlare.

— Qualche ora dopo mi è ritornata la memoria. E ho scoperto che Haller era diventato pazzo, e che Steen era scomparso.

— Dite che Haller è impazzito?

— Sì. Quando l’ho visto balbettava cose senza senso. Sembrava che il cervello gli si fosse rivoltato. Accennava alla futilità infantile della lotta di Marte-Venere contro la Terra, alle sorprendenti meraviglie dell’universo, alla gloria della morte, e così via. Agiva come se volesse passare a miglior vita, ma avesse bisogno ancora di un po’ di tempo per convincersene.

— Haller è un pirotico — disse Kayder. — Voi siete un telepatico. Ve ne siete forse dimenticato? O eravate ancora troppo scosso dagli eventi per ricordarlo?

— No. Ho guardato nella sua mente.

— E cos’avete trovato?

— Era sconvolto in modo terribile. Un numero impressionante di pensieri slegati gli turbinava nella mente. Uno di questi diceva: Steen è me, è Raven, sei tu, è gli altri, è tutti. Un altro: Vita è non-vita, è vita rapida, è vita meravigliosa, ma non altra vita. - Si fece roteare un dito sulla tempia destra. — Completamente pazzo.

— Una brutta ed eccessiva dose ipnotica — diagnosticò Kayder, senza scomporsi. — Haller deve essere allergico all’ipnosi. Non c’è modo di accorgersene finché la vittima non ne mostra i sintomi. Con tutta probabilità, è anche permanente.

— Forse è stato accidentale. Forse Steen non sapeva che Haller avrebbe sofferto. È quello che voglio credere, almeno.

— Questo perché odiate pensare che un vostro amico abbia potuto o voluto nuocere ai suoi compagni. Comunque, caso o no, Steen si è ribellato a una persona che faceva parte della sua squadra, a un suo superiore. Abbiamo una brutta parola per definire una azione del genere. Ed è tradimento!

— Non credo — insistette Grayson, cocciuto. — Raven deve aver avuto qualcosa a che fare con quello che è successo. Steen non avrebbe mai fatto una cosa del genere senza una buona ragione.

— Certo — disse Kayder sorridendo sardonico. Fece una serie di trilli all’indirizzo del ragno, e l’insetto si esibì in una danza che forse voleva significare qualcosa.

— Tutti hanno una ragione — continuò Kayder — buona o cattiva o priva di qualsiasi interesse. Prendete me, per esempio. La ragione per cui io sono un onesto, leale e assolutamente fidato cittadino di Venere, va ricercata nel fatto che nessuno mi ha mai offerto l’incentivo sufficiente per indurmi a fare altrimenti. Il mio prezzo è troppo alto. — Diede un’occhiata significativa a Grayson. — Posso quasi immaginare con esattezza cos’è successo a Steen. È un uomo che costa poco, e Raven l’ha scoperto.

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