Harry Harrison - Largo! Largo!

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1999: automazione, società del benessere totale, gite sulla Luna per i “weekend”… o un mondo sovraffollato che, all’alba del nuovo millennio, è sull’orlo della catastrofe? Un mondo in cui miliardi di esseri umani sono ogni giorno di fronte al problema di estinguere la propria sete e di saziare la propria fame, vivendo di lenticchie, di farina di soja e (se hanno un colpo di fortuna, ogni tanto) di un topo morto. In una città con 35 milioni di abitanti, Andy Rush è impegnato nella caccia, solitaria e quasi impossibile, a un assassino di cui non importa niente a nessuno, nel mezzo del caotico travaglio quotidiano per la sopravvivenza. E quando infine nasce l’anno 2000, che suono ha l’augurio: “Buon secolo nuovo?”

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«Buongiorno, signora,» disse il ragazzo dell'ascensore, aprendo la porta con un inchino e facendole un sorriso che scopriva una fila di denti poco in ordine. «Avremo un'altra giornata torrida, oggi.»

«Erano già ventotto gradi all'ultimo bollettino.»

«A dire molto poco!» La porta si chiuse e l'ascensore discese con un sibilo giù per il suo pozzo. «Misurano la temperatura all'ultimo piano dell'edificio, ma scommetto che per la strada fa più caldo di così.»

«Molto probabilmente.»

Nell'atrio, il portiere Charlie, che la vide nel momento stesso in cui si aprì l'ascensore, si mise a parlare nel microfono nascosto. «Ancora una giornata torrida,» le disse quando gli fu vicino.

«Buongiorno, signorina Shirl,» disse Tab che usciva dalla stanza dei guardiani.

Lei sorrise, era felice come sempre di vederlo, la migliore guardia del corpo, il migliore gorilla che avesse mai avuto, e l'unico che non avesse fatto degli approcci. Le piaceva non soltanto per questo, ma perché era un uomo che non avrebbe mai pensato di comportarsi male. Era sposato felicemente, aveva tre bambini, e aveva raccontato tutto a Shirley, di Amy sua moglie e dei ragazzi. No, non era proprio quel tipo d'uomo.

Ed era comunque un'ottima guardia del corpo. Non c'era bisogno di notare gli anelli con le punte, del pugno americano di cui era munita la sua mano sinistra, per capire che sapeva difendersi. Non era alto, ma le spalle larghe e il rigonfiamento muscolare delle sue braccia parlavano da soli. Le prese dalle mani il borsellino e lo mise nella tasca della giacca, che abbottonò; poi prese la sporta. Quando la porta si aprì passò per primo: gesto contrario alle buone usanze in società, ma ottima usanza per una guardia del corpo. Faceva caldo. Più di quanto Shirl si aspettasse.

«Nessun bollettino personale sul caldo, Tab?» chiese lei socchiudendo gli occhi per guardare, attraverso la calura, la strada già affollata.

«Credo che ne avrete uditi già abbastanza, signorina Shirl. Io so che ne ho uditi almeno una dozzina, nel venire qui, stamane.» Non la guardava, mentre parlava. I suoi occhi spazzavano automaticamente e professionalmente la strada. In generale si muoveva lentamente e parlava lentamente. Era da parte sua una scelta intenzionale, perché certuni si aspettavano sempre che un negro fosse così. Se spuntava un guaio, spariva in un secondo, perché lui credeva fermamente nella prima botta per imporsi, e se questa era data bene, la seconda o la terza non occorrevano più.

«Avete in mente qualcosa di speciale oggi?» chiese.

«La spesa per la cena soltanto, poi andiamo da Schmidt.»

«Prenderete un mezzo per andarvi, così risparmiate energia per la discussione.»

«Sì, oggi credo di sì.» I mezzi di trasporto costavano poco. In generale Shirl andava a piedi perché le piaceva camminare. Oggi però faceva troppo caldo. C'era già una fila di taxi a pedali, i peditaxi, in attesa. I conducenti, per la maggior parte, si erano accovacciati nell'ombra scarsa dei sedili posteriori. Tab la condusse al secondo della fila e tenne fermo lo schienale mentre lei saliva.

«Cosa c'è che non ti va, per me?» disse arrabbiato il primo conducente della fila.

«Hai una gomma a terra, se lo vuoi sapere,» disse tranquillamente Tab.

«Non è a terra, è soltanto un po' bassa, tu non puoi…»

«Togliti dai piedi!» sibilò Tab e alzò di pochi centimetri i suoi pugni chiusi. Le punte d'acciaio luccicarono. L'uomo del secondo peditaxi montò sul sellino e si mise a pedalare. Gli altri conducenti voltarono le spalle e tacquero. «Al mercato di Gramercy,» ordinò Tab.

Il conducente pedalava piano, in modo che Tab potesse seguirlo senza correre, eppure era tutto sudato. Le sue spalle andavano su e giù davanti a Shirl e lei vedeva i rivoli di sudore che gli scendevano sul collo e perfino la forfora sui suoi capelli sottili. Stare così vicino alle persone le dava fastidio. Si voltò a guardare la strada: gente che passava trascinando i piedi, altri peditaxi, più veloci, che sorpassavano i lenti rimorchi di camion trainati da uomini, con il loro carico ben coperto. Il bar all'angolo di Park Avenue aveva esposto un cartello: “Oggi birra, 2 p. m. “, e già c'era gente che faceva la coda. Era un lungo attendere per ottenere un bicchiere di birra, specialmente al prezzo che la mettevano quest'anno. Non ce n'era mai molta, parlavano sempre di assegnazioni di grano o altro, ma con quel caldo, appena ne arrivava un po' spariva subito e a prezzi favolosi. Voltarono per via Lexington e si fermarono all'angolo della 22 aStrada. Lei scese e attese nell'ombra dell'edificio mentre Tab pagava il conducente. Un rauco vociare proveniva dalle bancarelle del mercatino alimentare che ormai aveva invaso e soffocato Gramercy Park. Shirl prese fiato, e con Tab accanto in modo da poter appoggiare la mano sul suo braccio, attraversò la strada.

All'ingresso del mercato vi erano i palchetti con le pile di multicolori crackers di alghe, pile che salivano molto in alto, rosse, marrone e di un verde azzurro.

«Tre libbre di verdi,» disse all'uomo della bancarella dove era solita fare i suoi acquisti. Guardò il cartellino del prezzo. «Ancora aumentati di dieci cents la libbra!»

«È il prezzo che li pago io, signora, non c'è più guadagno per me.» Mise un peso sulla bilancia e scosse un sacco di crackers sull'altro piatto.

«Ma perché aumentano continuamente?» Prese un pezzo di cracker dalla bilancia e si mise a masticare. Il colore del biscotto variava secondo le alghe adoperate e quelli verdi avevano miglior sapore, o perlomeno le pareva. L'odore di iodio non si sentiva tanto.

«Richiesta e offerta, richiesta e offerta.» Gettò i biscotti nella borsa che Tab manteneva aperta. «Più c'è gente al mondo e meno roba c'è in giro. Ho sentito dire che devono coltivare le alghe in mari molto lontani. Più lungo è il trasporto e più alto il prezzo.» Recitava quella litania di causa ed effetto con voce monotona, pareva un disco molto suonato.

«Non so come faccia la gente,» disse Shirl mentre si allontanava e provò un senso di colpa perché con i soldi di Mike non aveva mai da preoccuparsi. Si chiese come avrebbe fatto con la paga di Tab, perché sapeva che guadagnava poco. «Vuoi un cracker?» gli chiese.

«Forse più tardi, signorina, grazie.» Guardava la gente e con mossa molto veloce fece scansare un uomo con un gran sacco sulle spalle che a momenti investiva Shirl.

Un modesto complesso di suonatori con chitarre avanzava lentamente nel mercato affollato. Erano tre ragazzi che grattavano uno strumento fatto in casa, e una ragazza magra dalla voce così esile che si perdeva in quel frastuono. Quando le furono più vicini, Shirl riuscì ad afferrare alcune parole, erano quelle di un motivo che l'anno prima aveva avuto successo; era stato lanciato dai “El Troubadours”.

“… migliore di lei, in tutto il mondo… un puro spirito, come quello degli angeli… conoscerla ed amarla era una sola cosa… “ .

Le parole non si adattavano per niente a quella ragazza dal petto cavo e dalle braccia scarne, no, assolutamente. Chissà perché, Shirl si sentì a disagio.

«Dagli dieci cents,» sussurrò a Tab, poi si diresse rapidamente al banco dei latticini. Quando Tab la raggiunse, gettò nella sporta un pacco di oleo e una bottiglia di latte di soia; a Mike piaceva nel suo kofee.

«Tab, per piacere, ricordami di portare indietro i vuoti, domani; questa è la mia quarta bottiglia, e con un deposito di due dollari per bottiglia andrò presto in rovina se non le porto indietro.»

«Ve lo ricorderò domani, se tornate a fare la spesa.»

«Probabilmente sì, Mike ha invitato gente per la cena e non so in quanti saremo e che cosa vuole che gli prepari.»

«Pesce, quello è sempre buono,» disse Tab puntando un dito in direzione della vasca di cemento. «È piena di pesce.»

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