Harry Harrison - Le stelle nelle mani

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Esiste oggi, per uno scienziato, la possibilità di controllare l’uso delle sue scoperte? L’uomo che scompare dal suo laboratorio di Tel Aviv all’inizio di questo romanzo, non si fa molte illusioni al riguardo. Tenta ugualmente, con uno dei paesi più pacifici e democratici che l’Europa conosca: la piccola Danimarca. E subito tutti i servizi segreti delle grandi potenze sono in allarme. La quieta Copenhagen si trova da un giorno all’altro nell’occhio del ciclone. Ciò che le spie, gli agenti, gli informatori riescono a ricostruire non è molto e non ha molto senso: un’esplosione, una nave danneggiata in porto, un certo numero di alte personalità danesi ferite. Non si vede bene quale nesso ci sia tra questo fiasco e le stelle. Eppure, sott’acqua, si sta preparando qualcosa di fantastico.

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— Sì, azionate elettricamente.

— Potete staccarle completamente e mantenere un’emissione costante del vostro generatore? Abbiamo regolatori di voltaggio, ma sarebbe bene se poteste produrre una quantità il più costante possibile.

Henning abbassò una serie di interruttori. — Tutti i motori sono staccati. Sono inseriti ancora la strumentazione e l’impianto dell’aria. Posso staccare anche quelli, per breve tempo, se desiderate.

— No, basta così. Ora metterò in funzione l’unità di propulsione e ci solleveremo con un minimo di energia all’altezza approssimativa di cento metri.

Nils scrisse qualcosa sul giornale di bordo e guardò le onde che si frangevano contro l’oblò più vicino. — Avete un altimetro a bordo, Henning?

— No.

— Peccato. Bisognerà farne installare uno. E ci vorrà il radar, invece di quel sonar. Ho l’impressione che stiate uscendo dalla vostra sfera di competenza…

Henning assunse un’espressione addolorata e crollò malinconicamente la testa. Poi lanciò un’occhiata all’oblò, mentre una strana vibrazione percorreva tutto il sommergibile. La superficie dell’acqua si allontanava a velocità costante.

— È sospeso nell’aria, ora — disse, sgomento, guardando gli strumenti ormai inutili. L’ascesa continuava, gli istanti passavano.

— Cento metri — dichiarò Nils tenendo come punto di riferimento la nave sottostante. Arnie compì una lieve correzione e si voltò.

— Sembra che ci sia una riserva di energia più che sufficiente, anche quando la propulsione tiene la massa del sommergibile a que sta quota. Gli apparecchi funzionano bene e non c’è pericolo di sovraccarico. Siete pronti, signori?

— Mai stato più pronto in vita mia.

— Premete il pulsante, professore. È spiacevole restare qui, sospesi a mezz’aria!

Il ronzio cessò, e gli occupanti si sentirono schiacciare contro i sedili. Nils e Henning, ammutoliti dall’emozione, guardavano fuori dagli oblò mentre il minuscolo sottomarino balzava verso il cielo. Un fischio leggero, appena più forte del gemito dell’impianto per l’aria condizionata, vibrò attraverso tutto lo scafo mentre l’aria fuggiva veloce all’esterno. Il motore pulsava regolarmente. Senza sforzo e in assoluto silenzio, lo strano veicolo proseguiva la sua corsa. L’oceano sottostante si era fatto liscio, e la nave-appoggio era diventata piccola come un giocattolo, prima che le nubi basse si chiudessero intorno a loro.

— Questo è peggio del volo cieco — disse Nils, stringendo a pugno le grosse mani. — Nessuno strumento, tranne la bussola. Impossibile!

Arnie era il più calmo dei tre, troppo occupato con i suoi strumenti anche solo per dare un’occhiata dall’oblò. — Nel prossimo volo avremo tutto l’occorrente — disse. — Questo è un esperimento. Su e giù, come con l’ascensore. Intanto l’unità Daleth mostra che siamo ancora verticali rispetto alla gravità della Terra, e che ci stiamo ancora allontanando da essa alla stessa velocità.

Gli strati di nubi erano spessi, ma presto si allontanarono dalla chiglia. Poi il ritmo regolare dei motori diesel cambiò. — La corrente… cade! Che cosa non va? — gridò Arnie.

Henning era nel minuscolo compartimento delle macchine.

— Qualcosa, il combustibile, non so… I motori perdono potenza… — gridò.

— La pressione atmosferica! — disse Nils. — Abbiamo raggiunto il limite estremo dell’atmosfera. L’ossigeno è molto più in basso!

Il motore tossì, balbettò, quasi si fermò, e il sottomarino fu percorso da un brivido. Un istante dopo cominciò a precipitare.

— Non si può far niente? — gridò Arnie, azionando disperatamente i comandi. — Il flusso… così irregolare… l’effetto Daleth sta diventando inservibile! Non potete stabilizzare la corrente?

— Le batterie! — Henning cercò di tornare al suo posto, galleggiando quasi nell’aria tanto la caduta andava accelerando rapidamente.

Cercò di aggrapparsi allo schienale del sedile, ma non ci riuscì e fluttuò su e giù, battendo contro il periscopio e rimbalzando all’indietro. Finalmente riuscì ad aggrapparsi alla poltroncina e ci sì piantò sopra, legandosi con la cinghia. Poi si sedette verso i comandi.

— Corrente… al massimo!

La caduta continuò. Arnie lanciò una rapida occhiata ai compagni.

— Preparatevi. Ho staccato completamente la mia propulsione. Quando la reinserirò, temo che la reazione non sarà molto delicata, perché…

Il metallo cigolò, le attrezzature si schiantarono, gli uomini rantolarono per la decelerazione improvvisa che strappava l’aria ai polmoni. Si sentirono comprimere duramente sui sedili, e per un istante furono sul punto di svenire, mentre il sangue abbandonava il cervello.

Poi tutto finì, e si ritrovarono a bocca aperta, con le vertigini. La faccia di Henning era una maschera bianca, striata del sangue che usciva dalla ferita che si era prodotto battendo la testa contro il periscopio. Fuori c’erano solo nubi. Il motore pulsava normalmente, facendo da sottofondo al respiro affannoso degli uomini.

— Non… non ripetiamo questa esperienza! — balbettò Nils, inspirando profondamente.

— Ora manteniamo la quota senza spostamento laterale — disse Arnie, con voce calma, nonostante le difficoltà di respiro. — Preferite tornare… o terminare ia prova?

— Se non capiterà più niente di simile, io continuerei — rispose Nils.

— D’accordo. Ma propongo di agire con le batterie.

— Com’è la carica?

— Eccellente. La diminuzione è inferiore del cinque per cento.

— Ci alzeremo di nuovo. Avvisatemi quando si sarà ridotta del settanta per cento, e torneremo. Dovremmo avere un discreto margine di sicurezza. E poi si potranno rimettere in funzione i motori quando saremo più in basso. Fu tutto facile, divertente. Le nubi si allontanarono di nuovo, mentre il motore pulsava. Henning lo fermò e sigillò!a presa d’aria. Si alzarono.

— Cinquemila metri almeno — disse Nils, sbirciando la coltre di nubi sottostante, con l’occhio esperto del pilota. — La maggior parte dell’atmosfera ce la siamo lasciata dietro.

— Dunque posso aumentare l’accelerazione. Per favore, segnate l’ora.

— È tutto nel giornale di bordo. E qualcosa è annotato con una calligrafia molto irregolare, ve lo posso assicurare.

Era ormai visibile la curvatura della Terra e, sopra di essa, la striscia azzurra dell’atmosfera che si stemperava nel nero dello spazio. Si scorgevano le stelle più lucenti; il sole brillava come un faro e, entrando attraverso l’oblò, formava una macchia di luce accecante sul ponte. La pressione verso l’alto cessò.

— Eccoci — disse Arnie. — L’attrezzatura funziona bene, manteniamo la nostra posizione. Sapete calcolare la quota?

— Centocinquanta chilometri — disse Nils. — Novanta o cento miglia. Il panorama ha tutta l’aria delle foto prese dai satelliti a quell’altezza.

— La riserva della batteria è calata ancora e diminuisce lentamente.

— Sì, ci vuole molta energia per restare sospesi: poco meno che per l’accelerazione.

— Allora ce l’abbiamo fatta! — disse Nils. Poi, più forte, come se solo allora comprendesse l’importanza dell’avvenimento, soggiunse: — Ce l’abbiamo fatta! Possiamo andare dovunque! Fare qualsiasi cosa…

— Riserva della batteria calata del settanta per cento.

— Allora scendiamo.

— Un po’ più lentamente dell’altra volta?

— Potete esserne certo.

E il sottomarino cominciò a perdere quota con la delicatezza di una foglia che si stacca dall’albero. Poi attraversò uno strato di alti cirri argentei.

— Ma non atterreremo troppo a ovest? — domandò Nils. — La Terra avrà ruotato sotto di noi. e non potremo scendere nel medesimo punto.

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