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Robert Silverberg: Ali della notte

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Robert Silverberg Ali della notte

Ali della notte: краткое содержание, описание и аннотация

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In una Terra del lontano futuro una spaventosa catastrofe ecologica ha provocato lo sprofondamento delle Americhe e la decadenza della potenza terrestre nello spazio. La società del Terzo Ciclo si è strutturata in corporazioni feudali ed attende l’arrivo degli invasori, gli alieni che hanno salvato l’umanità dall’estinzione e che verranno a reclamare il possesso del pianeta. Quando l’invasione arriva le misere forze della Terra vengono sconfitte, e gli invasori occupano con facilità quello che considerano un loro dominio. L’affascinante vicenda si svolge in tre città, Roum (Roma), Perris (Parigi) e Jorslem (Gerusalemme), seguendo le avventure e gli incontri di Tomis, una Vedetta il cui lavoro, proiettare la mente negli spazi per avvertire dell’arrivo degli invasori, diventerà senza senso dopo l’invasione. La rottura dell’equilibrio della società feudale porterà gli uomini a stabilire nuovi rapporti umani e ad incrementare i loro poteri mentali, sino ad arrivare a dominare gli invasori, che non verranno combattuti con le armi ma con l’amore e la fratellanza, contribuendo a formare una società di impensabile ricchezza. Un romanzo leggibile su più livelli e pieno di idee, un premio Hugo più che meritato.

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Questa avanzava lentissimamente, e passò più di un’ora prima che potessi raggiungere l’apparecchio. I teschi mi fissavano con le loro occhiaie vuote: dentro il loro cranio sigillato si sentivano gorgogliare e ribollire i liquidi nutritivi necessari alla manutenzione dei cervelli morti, ma ancora funzionanti, i cui miliardi di miliardi di unità sinaptiche costituivano, ora, un dispositivo mnemonico incomparabile. Lo Scriba sembrò stupefatto di vedermi tra quella gente, ma prima che potesse protestare, io dissi: — Io vengo come straniero a invocare la misericordia del Principe. Io e i miei compagni siamo senza ricovero. La mia stessa Corporazione mi ha scacciato. Cosa posso fare? Come posso ottenere una udienza?

— Tornate fra quattro giorni.

— Ho già dormito troppe notti nella strada. Ora devo riposare.

— Un ostello pubblico…

— Ma appartengo a una Corporazione! — protestai. — Gli ostelli pubblici non mi danno ospitalità, perché sanno che la mia Corporazione ne mantiene uno qui, e, d’altra parte, per via di un nuovo regolamento, i miei confratelli si rifiutano di accogliermi… Capite la mia situazione?

Con voce stanca, lo Scriba disse: — Potete inoltrare domanda per un’udienza speciale. Vi sarà negata, ma potete provare.

— Dove?

— Qui. Dichiarate il motivo della richiesta.

Diedi le mie generalità ai teschi, elencai i nomi e lo stato dei miei compagni, e spiegai il mio caso. Tutto questo fu assorbito e trasmesso alle file di cervelli montati in qualche luogo imprecisato nelle viscere della città; quando ebbi finito, lo Scriba disse: — Se la richiesta sarà accolta, ve lo faranno sapere.

— Intanto, dove devo stare?

— Vicino al palazzo.

Capii. Dovevo raggiungere la legione di infelici pigiati nella piazza. Chissà quanti di loro avevano chiesto qualche favore particolare al Principe, ed erano ancora là, dopo mesi e anni, ad aspettare di essere chiamati alla sua presenza, dormendo sulla pietra, elemosinando rifiuti, vivendo di una speranza assurda…

Ma avevo ormai esaurito tutte le mie risorse. Tornai da Gormon e Avluela, esposi la situazione e proposi di darci da fare per trovare un rifugio di fortuna. Gormon, che non apparteneva a nessuna Corporazione, sarebbe stato bene accolto in uno qualsiasi degli squallidi ostelli pubblici riservati ai tipi come lui: Avluela avrebbe probabilmente trovato alloggio alla Loggia degli Alati; soltanto io avrei dovuto dormire per strada, e non per la prima volta. Ma speravo che non saremmo stati obbligati a separarci. Avevo finito per pensare a noi tre come a una famiglia: strano pensiero, quello, per una Vedetta!

Eravamo diretti all’uscita, quando l’orologio mi ricordò che l’ora della Vigilanza era suonata. È un obbligo e un privilegio per me attendere alla Vigilanza in qualsiasi luogo mi trovi, indipendentemente dalle circostanze, quando viene la mia ora. Così mi fermai, aprii lo stipo e attivai l’attrezzatura. Gormon e Avluela stavano ritti accanto a me. Sulle facce di quelli che entravano e uscivano di palazzo scorgevo risolini di scherno e aperta ironia. La Vigilanza non è tenuta in gran conto, perché Vigiliamo da tanto tempo e nessun nemico si è mai fatto vivo. Ma ciascuno ha il proprio dovere da compiere, per quanto comico possa sembrare agli altri: ciò che per molti è un rituale senza senso, per alcuni è lo scopo della vita. Obbligai me stesso a entrare nello stato di Vigilanza: il mondo si sciolse intorno a me e io mi tuffai nei cieli. La gioia ben nota mi risucchiò, e cercai i luoghi conosciuti e quelli che lo erano meno, mentre la mia mente ingigantita balzava da una galassia all’altra con voli vertiginosi. Stava formandosi un esercito? C’erano truppe che si preparavano alla conquista della Terra? Per quattro volte al giorno Vigilavo, e come me gli altri membri della mia Corporazione, ciascuno a un’ora appena diversa, in modo che neppure per un attimo il pianeta restasse senza almeno una mente che Vigilava. Non credo che la nostra vocazione fosse inutile.

Quando mi riebbi, una voce robusta gridava: — Fate largo al Principe di Roum! Largo al Principe di Roum!

Battei le palpebre e trattenni il respiro, cercando di scuotermi dagli ultimi torpori della concentrazione. Un palanchino dorato era emerso dal fondo del palazzo e avanzava lungo la navata nella mia direzione, portato da una falange di neutri. Quattro uomini con i costumi ricamati e le maschere scintillanti della Corporazione dei Padroni fiancheggiavano la portantina, che era preceduta da un trio di Diversi, grossi, tozzi e con le gole modificate in modo da poter imitare il verso delle rane giganti. Avanzavano emettendo un suono dal timbro maestoso, simile a quello della tromba. Mi sembrò molto strano che un Principe accettasse al suo servizio dei Diversi, anche trattandosi di individui particolarmente dotati come quelli.

Ma il mio carrello bloccava il cammino allo splendido corteo e mi affannai a richiuderlo in tutta fretta per toglierlo di mezzo prima che quella valanga di uomini mi travolgesse. Tuttavia, l’età e la paura mi facevano tremare le mani e io non riuscii a sigillare perfettamente le aperture. Mentre mi confondevo e mi agitavo sempre più, i Diversi arrivarono tanto vicini che l’urlo della loro gola divenne assordante. Gormon si precipitò in mio aiuto, ma io gli gridai che nessuno poteva toccare gli strumenti se non apparteneva alla Corporazione, e lo allontanai con una spinta. Un attimo dopo, un’avanguardia di neutri calò su di me e si preparò a scacciarmi con flagelli luccicanti. — In nome della Volontà — gridai — sono una Vedetta!

E come un controcanto antifonale, calma, profonda, risonante, venne la risposta: — Lasciatelo. È una Vedetta.

Tutto si fermò. Il Principe di Roum aveva parlato.

I neutri si ritirarono. I Diversi cessarono la loro musica. I portatori del palanchino deposero al suolo il loro fardello. Tutti quelli che si trovavano nelle navate del palazzo indietreggiarono, tranne Gormon, Avluela e me. Le tende preziose della lettiga si aprirono: due Padroni si precipitarono avanti, trapassando con le mani la barriera sonica, per offrire aiuto al monarca. La barriera si disperse, con un ronzio lamentoso.

Il Principe di Roum apparve.

Era così giovane! Quasi un ragazzo: i capelli folti e scuri, la faccia senza rughe. Ma era nato per governare e, nonostante la sua giovinezza, si rivelava imperioso come tutti i governanti. Le labbra erano sottili e tese; il naso aquilino, tagliente e aggressivo; gli occhi, gelidi, come pozzi senza fondo. Indossava le vesti ingioiellate della Corporazione dei Dominatori; ma incisa sulla sua guancia c’era la doppia croce dei Difensori e, intorno al collo, aveva la sciarpa scura dei Ricordatori. Un Dominatore ha facoltà di entrare in qualsiasi Corporazione desideri, e sarebbe parso strano che il Principe non fosse stato anche Difensore. Tuttavia mi stupì che fosse pure Ricordatore: questa, in genere, non è una Corporazione che attragga gli animi fieri e combattivi.

Mi guardò senza molto interesse e disse: — Avete scelto un posto ben strano, vecchio mio, per Vigilare.

— È l’ora a scegliere il luogo, non io, Sire — risposi. — Mi trovavo qui, e il dovere chiamava. Non potevo sapere che stavate per giungere voi.

— Non avete trovato nemici?

— No, Sire.

Stavo per afferrare il momento propizio e chiedergli aiuto, ma vidi il suo interesse per me svanire a poco a poco, come una povera candela languente. Rimasi lì, ritto, senza il coraggio di rivolgergli la parola ora che più non mi fissava. Il Principe osservò Gormon per alcuni istanti, aggrottando la fronte e pizzicandosi il mento. Poi il suo sguardo cadde su Avluela, e gli occhi brillarono. I muscoli delle mascelle vibrarono, le narici delicate si dilatarono. — Sali, piccola Alata — disse, rivolgendole un cenno. — Sei amica di questa Vedetta?

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