James White - L'astronave del massacro

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L'astronave del massacro: краткое содержание, описание и аннотация

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A non pochi lettori, l’apparizione in un’orbita vicina al nostro pianeta di questa gigantesca e silenziosa astronave, ricorderà l’arrivo, in una sperduta baia sudamericana, del misterioso veliero di Benito Cereno. Anche qui — come nel famoso romanzo di Herman Melville — gli uomini mandati a prendere contatto con l’equipaggio si trovano di fronte a una enigmatica situazione: chi comanda, in realtà, a bordo? Chi sono i “buoni” e chi i “cattivi” ? Ma questo classico tema marinaresco si complica presto di tutte le snervanti, contraddittorie, confusionarie difficoltà che possono affliggere una moderna missione spaziale: la burocrazia militare, l’opinione pubblica, la televisione, l’impotenza tecnologica, la responsabilità di decidere — per chi è prigioniero nei labirinti della nave — sulla vitale questione: massacrare o lasciarsi massacrare?

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— Troppo lento — obiettò McCullough.

— Venti centimetri di sbarra in lega d’alluminio sono tossici per tutti — affermò Drew.

— Arriva compagnia — annunciò Hollis.

Tre extra-T del Tipo Due e due tappeti volanti dal pelo bianco, erano comparsi nel corridoio e si avvicinavano alle loro gabbie. La guerra civile scoppiò quasi all’istante.

Non appena un peloso Tipo Tre fu alla distanza adatta, un Due fece scattare il tentacolo, la cui estremità ossea aprì una ferita di venti centimetri nella pelliccia bianca. Mentre il Tre si dibatteva senza speranza al centro del corridoio, il Due si appoggiò alla rete e sferrò un secondo e più mortale attacco. Nella pelle si aprirono delle ampie ferite che si tinsero di rosso. Il Tre cominciò a fluttuare senza più controllo e, alla fine, sembrò una grande bandiera, macchiata di sangue, che sventolasse in una bufera. Poi, all’improvviso, si trasformò in uno straccio senza vita e l’attaccante cominciò a divorarlo voracemente.

Nel frattempo, il secondo Due era in difficoltà. In qualche modo, l’animale ricoperto di pelo era riuscito a evitare i tentacoli dell’assalitore e ad afferrarlo poi alla schiena, tenendosi così al riparo dai colpi dei tentacoli. In un primo momento McCullough pensò a una versione extraterrestre del vecchio adagio che consiglia di tenere la tigre per la coda, ma poi vide che il corpo del Tre si allargava, passava tra l’attaccatura dei tentacoli e, raggiunti gli occhi, accecava l’avversario. Poi si allargò ancora e bloccò le aperture respiratorie del Due.

Quando il Due morì, l’animale peloso non si fermò a mangiarlo. Si avviò invece, fluttuando, verso la rete. Doveva essere vegetariano.

Durante la battaglia, il terzo Due si era attaccato alla rete, tastandola preoccupato e colpendola con il corno e i tentacoli. Poi, dopo essersi afferrato alla rete tesa sulla parete opposta, si era scagliato con la corazza contro le sbarre della gabbia. McCullough si era sempre domandato come avessero fatto gli animali a uscire dalle gabbie, dato che la robustezza delle sbarre gli era sembrata sufficiente a resistere agli attacchi di quegli esseri relativamente piccoli. Ma quando vide le sbarre piegarsi verso l’interno, sotto i colpi di quell’unica creatura furiosa, tutto gli fu chiaro. Alla fine, il Due, stanco di colpire la barriera, infilò i tentacoli tra le sbarre e cercò di allargarle.

Immediatamente, Drew afferrò un tentacolo, puntò i piedi contro le sbarre e tirò l’animale a tutta forza, mentre con l’altra mano vibrava un colpo mortale di lancia. I tentacoli della bestia furono scossi da un tremito, poi si immobilizzarono. Un altro Due cominciò a scagliarsi contro le sbarre. Poi un altro ancora.

Il distributore emise un lieve rumore ovattato; poi, da uno spinotto che aveva la parte terminale mordicchiata, uscirono un lento zampillo d’acqua e una serie d’oggetti grigi, della grandezza di un’arancia. Quando uno di questi oggetti gli colpì il casco, Berryman riferì che aveva la consistenza di un budino. Poi, dal momento che gli era schizzato anche sul naso e sulle labbra, soggiunse che aveva sapore e profumo abbastanza gradevoli.

Non ebbero più tempo di parlarne: uccidere i Due non era facile come Drew aveva pensato.

I terrestri erano molto ostacolati dalla mancanza di peso e per colpire con efficienza erano costretti ad afferrarsi ai Due, o a infilare i piedi tra le sbarre. Spesso, però, i Due allungavano tra le sbarre troppi tentacoli, e l’ancorarsi con i piedi era come chiedere di farseli fracassare dalla punta ossea o farseli infilare dagli aculei. Senza un punto d’appoggio, la mira diventava imprecisa e gran parte dei colpi andavano a vuoto, compromettendo la resistenza fisica degli uomini, ai quali rimase solo la forza sufficiente a respingere i Due e a infliggere delle ferite superficiali. Il risultato di questo colpire a vuoto portava gli astronauti a volteggiare nell’aria e a trovarsi così in continuo pericolo di essere colpiti dagli aculei dei Due e anche dalle lance dei compagni.

— È un piano stupido — borbottò McCullough, allontanando la punta di una lancia che gli stava arrivando in faccia.

— Dato che è vostro — disse Berryman dall’altra parte della gabbia — io mi devo astenere dal fare commenti.

— Fermatevi — gridò Drew. — Voglio tentare qualcosa…

Durante i pochi minuti di pausa, in cui illustrò e dimostrò la sua idea, la rete, specialmente nei punti rappezzati e rinforzati, cominciò a cedere. Cavi di rinforzo si spezzarono, pezzi di tubo si piegarono scivolando dalle loro posizioni. Si trattava soltanto di una questione di tempo: di lì a poco i Due si sarebbero trovati in gabbia con loro.

Seguendo le istruzioni di Drew, si lanciarono dal pannello del distributore con le braccia distese in avanti e con le lance strette tra le mani. Saltarono insieme per ridurre il pericolo di infilzarsi l’un l’altro, e con l’idea di colpire il bersaglio infilando la punta delle lance tra le maglie della gabbia. Le creature possedevano un certo peso e l’inerzia sufficiente per non essere spinti indietro senza subire profonde ferite. Inoltre, dato che la lunghezza combinata del braccio e della lancia era di molto superiore a quella dell’aculeo o dei tentacoli, gli uomini non correvano quasi pericolo di venire feriti.

Il sistema funzionò.

Dopo i primi tentativi poco fruttuosi, la lotta divenne un gioco. Ciascun uomo sceglieva il proprio bersaglio; poi tutti e quattro si davano una spinta, puntando i piedi, contro il pannello del distributore e liquidavano ognuno la propria vittima. Ma c’erano sempre altri extra-T che prendevano il posto dei caduti, infilando i tentacoli tra le sbarre, agitando gli spaventosi pungiglioni, e starnazzando come galline spaventate. A McCullough pareva di uccidere sempre lo stesso Due. Aveva perso il conto delle volte che si erano lanciati dal distributore, ormai reso scivoloso dal viscido miscuglio di cibo, acqua e sangue degli extra-T, e si erano lanciati attraverso un’aria che era diventata come una densa zuppa della stessa mistura.

Un certo numero di Tre, dal pelo bianco, si erano mescolati ai Due e si erano afferrati alle sbarre per sorbire i rivoli di cibo e di acqua che schizzavano verso di loro. Ce n’erano anche due dentro la gabbia. Erano scivolati attraverso un piccolo squarcio e ondeggiavano nell’aria, come grandi mante pelose. Tutti gli uomini stavano attenti a non uccidere gli stranieri di tipo Tre. Dopo aver visto cos’aveva fatto uno di loro a un Due, avevano deciso di considerarli alleati, anziché nemici. Inoltre, il fatto di non ucciderli introduceva una certa discriminazione in ciò che stavano facendo, e li aiutava a pensare che non si trattasse più di un massacro brutale.

McCulIough cercò di pensare ad altro. Intanto il massacro continuava.

Al loro ingresso, avevano trovato la gabbia sorprendentemente pulita. Questo significava che il distributore doveva anche servire allo scarico dei rifiuti. Però, mentre l’acqua e il cibo venivano senz’altro rigenerati, tutti i materiali di scarto dovevano venire pompati fino alla carena esterna e dispersi. Le tubature di questo impianto di scarico dovevano essere di metallo e, dal momento che non trasportavano corrente elettrica, tra il distributore e lo scarico esterno non dovevano esserci punti isolati. Al termine della battaglia avrebbe immediatamente appoggiato l’antenna all’apparecchio per mettersi in contatto con Walters.

McCullough si sentì alquanto compiaciuto per essere stato in grado di pensare a cose del genere mentre era impegnato nell’inconsueto lavoro di uccidere i Due. Poi, all’improvviso, non ci furono più bersagli. I Due superstiti si ritirarono lungo i corridoi, trascinandosi dietro, se appena ne erano in grado, i corpi dei loro compagni morti, per mangiarli. E il distributore, che aveva cessato di produrre cibo da circa mezz’ora, cominciò improvvisamente il nuovo lavoro.

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