Kim Robinson - La Costa dei Barbari

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2047: l’America soffre le conseguenze di un attacco nucleare portato a termine in maniera insospettabile da esecutori di nazioni diverse. Da quasi sessant’anni la più grande potenza mondiale è regredita a un’economia di pura sussistenza, e le comunità vivono un’esistenza separata, ristretta ognuna ai propri confini. Lo stato subisce una quarantena mantenuta con ferrea disciplina dalle squadre di sorveglianza militare giapponese e avallata dalle Nazioni Unite.
È in questo scenario apocalittico che si svolge la vicenda di Henry Fletcher, un giovane della comunità californiana di San Onofre, che per il suo sostentamento dipende interamente dalla pesca e dai raduni di baratto che si svolgono periodicamente nella valle. Dopo l’arrivo di alcuni viaggiatori di San Diego che hanno osato sfidare la vigilanza dei guardiani giapponesi. Henry viene gradualmente a conoscenza del nuovo mondo e delle sue insidie. La sua guida spirituale è Tom, l’uomo più anziano della valle, sopravvissuto alla catastrofe tristemente nota come II Giorno.
La scoperta di un mondo da cui gli americani vengono ingiustamente esclusi, il contatto con gli “stranieri” che vivono a pochi chilometri di distanza, le testimonianze di chi è riuscito a sfuggire alla prigionia in patria trascinano il giovane in un’avventura che segna la fine dell’adolescenza e la transizione verso la maturità, a cui si accompagna la speranza della redenzione per il popolo americano.

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«Guarda quella!» continuava a gridare Tom. «Guarda quella! Sarà alta dieci metri, scommetto.»

Al di là dei marosi, l’oceano si estendeva all’orizzonte nella foschia confusa. Una bassa coltre di nubi irregolari, bianche e grigie, ricopriva il cielo, schivando a malapena le montagne alle nostre spalle. Agli squarci delle nubi corrispondevano chiazze più vivide sulla superficie plumbea dell’acqua; e queste chiazze formavano una linea irregolare fino all’orizzonte. Sembravano la pista di uno sciacallo ubriaco con un buco in tasca, che seminava monete d’argento da lì al confine del mondo. Qualcosa, in quello spettacolo… la presenza di quella distesa d’acqua, la dimensione, la potenza delle onde… m’indusse ad alzarmi e a percorrere avanti e indietro la scogliera, alle spalle di Tom; a fermarmi a fissare il crollo di una montagna d’acqua particolarmente mostruosa; a scuotere la testa per lo stupore o per la disperazione; ad andare avanti e indietro e a darmi manate sulle cosce, cercando il modo di dirlo, a Tom o a qualsiasi altro. Inutilmente. Il mondo si riversa e trabocca dal cuore, finché la parola diventa inutile, è un fatto. Vorrei sapermi esprimere meglio. Cominciai a dire cose… pronunciai parole e le troncai a mezzo… andai avanti e indietro, sempre più agitato, mentre cercavo di pensare con esattezza cosa sentivo e come esprimerlo.

Era impossibile. E se avessi cercato davvero la precisione, sarei rimasto lì tutto il giorno a guardare quelle valanghe d’acqua, muto e stupefatto. Ma la mia mente passò a un altro mistero. Posai la mano sul fianco. Tom mi guardò curiosamente. Sbottai: «Tom, perché ci hai raccontato tutte quelle menzogne sull’America?»

Si schiarì la gola. «Ehm. Chi ha detto che sono menzogne?»

Mi fermai davanti a lui, lo fissai.

«E va bene.» Tom batté la mano sulla sabbia, accanto a sé: ma rifiutai di sedermi. «Facevano parte delle lezioni di storia» disse. «Se la tua generazione dimentica la storia di questo paese, non avrete alcuna direttiva. Non avrete niente a cui riferirvi. Capisci, c’era un mucchio di cose dei vecchi tempi che ci serve ricordare, che dobbiamo riavere.»

«L’avevi fatta sembrare l’età dell’oro. Come se ci limitassimo a esistere fra le rovine.»

«Be’, in un mucchio di sensi è vero. Meglio saperlo…»

Schioccai le dita. «Ma no! No! Hai anche detto che i vecchi tempi erano orribili. Che viviamo una vita migliore adesso. Hai detto proprio questo, quando discutevi con Doc e con Leonard, ai raduni, e a volte anche quando parlavi con noi. Ce l’hai detto tu.»

«Be’» ammise a disagio «anche in questo c’è del vero. Cercavo di dirvi com’era. Non ho mentito… non molto, voglio dire; e mai su cose importanti. Solo di tanto in tanto, per darvi l’idea di come fossero, di quali sentimenti provocassero.»

«Ma ci hai detto due cose differenti» replicai. «Due cose contraddittorie. Onofre era primitivo e degradato, ma non dovevamo neppure augurarci che tornassero i vecchi tempi, perché erano male. Non ci resta niente che sia nostro, niente di cui essere orgogliosi, ci hai confusi!»

All’improvviso guardò al di là di me, il mare. «D’accordo» disse. «Forse hai ragione. Forse ho fatto un errore.» Divenne querulo. «Non sono poi quel gran saggio d’un uomo, ragazzo. Sono solo un altro stolto come te.»

Goffamente mi girai e ripresi per un poco a camminare avanti e indietro. Non aveva nessun buon motivo per mentirci in quel modo. L’aveva fatto per divertimento. Perché le sue storie sembrassero più belle. Per divertire se stesso.

Tornai a sedermi accanto a lui. Guardammo le secche ridurre in fanghiglia altre onde. Sembrava che l’oceano volesse spazzare via l’intera valle. Tom tirò dei ciottoli sulla spiaggia. Sospirò con aria cupa.

«Sai dove vorrei essere, quando morirò?»

«No.»

«Sulla cima di monte Whitney.»

«Eh?»

«Sì. Quando sentirò arrivare la fine, vorrei tornare verso l’interno, percorrere la 395 e poi salire in cima a monte Whitney. È solo una passeggiata, arrivare in cima; ma è la montagna più alta degli Stati Uniti. Scusa, la seconda, in ordine d’altezza. C’è una piccola capanna di pietra, lassù; potrei starmene lì a guardare il mondo fino alla morte. Come facevano gli antichi pellirosse.»

«Ah. Sembra un bel modo d’andarsene.»

Non sapevo cos’altro dire. Lo guardai… lo guardai sul serio, intendo. Buffo: ora che aveva ammesso di avere ottant’anni e non centocinque, mi pareva più vecchio. Certo, la malattia l’aveva sciupato non poco. Ma credo che il motivo fosse un altro: vivere fino a centocinque anni era una sorta di miracolo che poteva prolungarsi all’infinito, mentre arrivare all’ottantina rientrava nel normale ordine delle cose. Tom era solo un vecchio, un vecchio bizzarro, ecco tutto; e ora me ne accorgevo. Ero più colpito adesso che fosse arrivato agli ottanta, di quando pensavo che ne avesse centocinque. E sembrava giusto.

Quindi era vecchio, sarebbe morto presto. Oppure avrebbe fatto il tentativo di andare sul Whitney. Un giorno sarei salito sul costone e avrei trovato vuota la casa. Forse sul tavolo ci sarebbe stato un biglietto con una frase: “Sono andato sul Whitney”; ma era più facile che non ci fosse niente. Però io avrei capito lo stesso. Avrei immaginato il suo viaggio da lì. Sarebbe riuscito a percorrere sessanta chilometri verso nord, fino alla natia Orange?

«Non puoi partire in questo periodo dell’anno» dissi. «Ci sarà neve, ghiaccio, eccetera. Dovrai aspettare.»

«Non ho nessuna fretta.»

Ci mettemmo a ridere e il momento passò. Cominciai a pensare al nostro viaggio disastroso nell’Orange County. «Non riesco a capacitarmi di come abbiamo potuto agire così stupidamente» dissi, con voce scossa per la rabbia e per il dolore.

«Una vera stupidata» convenne. «Voi ragazzi avete la scusa della giovinezza e del cattivo insegnamento; ma il Sindaco e i suoi uomini… loro sì che sono stati maledettamente stupidi.»

«Ma non possiamo cedere» dissi, battendo il pugno sull’arenaria. «Non possiamo girarci dall’altra parte e fare il morto.»

«È vero.» Rifletté per qualche momento. «E forse impedire le intrusioni nel paese è il primo passo.»

«Non ce la faremo mai. Non con quello che hanno loro e con quel poco che abbiamo noi.»

«E allora? M’è sembrato di sentirti dire che non dobbiamo fare il morto.»

«Già.» Sollevai i piedi da terra, mi dondolai avanti e indietro. «Dobbiamo escogitare un altro sistema di resistenza, un sistema che funzioni. O facciamo qualcosa che funziona, o aspettiamo finché non sia possibile farlo. Senza simili stronzate nel frattempo. Tutti i villaggi che vengono ai raduni, se agissero di comune accordo, potrebbero imbarcarsi e assalire di sorpresa Catalina. Impadronirsene per un certo periodo.»

Tom mandò un fischio, debole e sdentato.

«Per un breve periodo, voglio dire» continuai. L’idea m’era venuta di recente e mi entusiasmava. «Con le attrezzature radio dell’isola, diremmo al mondo intero che siamo qui, che non ci piace essere tenuti in quarantena.»

«Pensi in grande.»

«Ma non è impossibile. In un prossimo futuro, comunque, quando ne sapremo di più su Catalina.»

«Forse non farebbe differenza, sai? Comunicarlo al mondo, intendo. Il mondo potrebbe essere ormai una sola, enorme Finlandia; e in questo caso al massimo potrebbe rispondere: «Vi sentiamo, fratelli. Siamo nella stessa barca». E poi i russi sciamerebbero su di noi.»

«Ma vale la pena fare il tentativo» insistetti. «Come hai detto tu, in realtà non sappiamo cosa succede nel mondo. E non lo sapremo mai, finché non tenteremo una cosa del genere.»

Scosse la testa, mi guardò. «Costerebbe un mucchio di vite umane, sai. Vite come quella di Mando… persone che avrebbero vissuto la loro parte, per rendere migliori le cose nelle nostre nuove città.»

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