— E allora come si fa a sapere della sua acromegalia?
— Non si sa. — Frugò dentro lo zoccolo con la punta del coltello, accigliandosi. Lasciò andare la zampa e osservò come la giumenta l’appoggiava. Essa la mise a terra decisa, appoggiando il peso senza esitare. — Era solo una piccola teoria di papà. Ci sono un paio di dipinti e di statue che Ramsete non riuscì a scovare. Lo mostrano con le orecchie lunghe e un ampio naso piatto, mentre da qualche altra parte viene citata la sua altezza. In uno dei geroglifici lo si descrive anche come melanconico, il che, come dicevamo prima, è uno dei sintomi dell’acromegalia.
— O della consapevolezza che il prossimo faraone farà qualsiasi cosa per farti dimenticare da tutti — dissi io.
Lui sorrise. — Giusto. È come un gioco, tirare a indovinare le malattie di quelli che sono venuti prima di noi. Come indovinare le malattie di oggi, in molti casi. — Afferrò le briglie della cavalla e la fece andare su e giù, osservando attentamente come appoggiava i piedi.
— Con gli animali è davvero un tirare a indovinare. Non ti possono dire dove fa male o che cosa pensano di avere. Come questa cavalla qui — aggiunse, continuando a farla andare in circolo. — Ha un piede dolente, probabilmente per un’ammaccatura o un graffio del chiodo del ferro; ma potrebbe essere anche un’azzoppatura o dei calli o qualcos’altro ancora. Non trovo nessuna infezione e quindi non posso dire. L’unico metodo per esserne sicuri sarebbe lasciarla stare finché non diventa qualcosa di più serio. Allora sarà facile trovare l’infezione: lo zoccolo sarà caldo al tocco, lei non sarà più in grado di appoggiarlo e avrà sviluppato un sacco di altri sintomi. Il solo problema è che allora potrebbe essere troppo tardi per farla guarire, specialmente se si è presa un chiodo. Devo scoprirlo adesso.
— E se non ci riesce? — chiese Annie.
— Allora le farò un’iniezione antitetanica e aspetterò ancora un po’; ma lo scoprirò. Gli indizi ci sono già tutti. Bisogna solo cercare con più attenzione, a questo stadio. — Fermò la cavalla, assicurò le redini a un anello di ferro e tirò su di nuovo la zampa destra. — Con gli animali succede di avere troppi sintomi oppure di non averne affatto, e non si sa cosa sia meglio. C’era un baio qui, la settimana scorsa, che aveva tutti i sintomi elencati nel manuale e poi altri ancora. Sono dovuto passare attraverso una dozzina di malattie prima di arrivare a quella giusta. Ma a me un bel giallo è sempre piaciuto, e a lei?
Grattò via la terra dallo zoccolo, cercando di arrivare con la lama più vicino al piede. Tutto questo non ci serviva a molto, ma la stalla era tiepida e aveva un buon odore di fieno secco e Annie sembrava pensare solo al piede dolorante della cavalla e non a quell’altro cavallo dalle zampe spezzate. Il dottor Barton continuò a premere con la lama e la cavalla iniziò a scuotere la testa, come per dirgli di smettere. Allora Annie si alzò e le si avvicinò, prendendola per le briglie sotto al muso e accarezzandole il collo.
— Suo padre non ha mai parlato dei propri sogni, nemmeno in relazione al sogno della barca di Lincoln?
— Non con me. Si trasferì in Georgia l’anno scorso, quando iniziò ad avere problemi di cuore. Sa che la pressione alta e i disturbi di cuore sono collegati all’acromegalia?
— No.
Smise di grattare e appoggiò il piede della bestia. — Papà potrebbe aver parlato dei suoi sogni a mia sorella. Lei era la sua prediletta e lui di solito le parlava più che a tutti noi altri. Vuole che la chiami?
— Le sarei molto grato — risposi, e scrissi su un foglietto il numero di telefono dell’albergo. — Le chieda se faceva sogni particolari. Non necessariamente riguardanti le barche.
— Barche — fece lui pensieroso, piegando il foglietto e mettendoselo in tasca. La cavalla si era impigliata nelle redini quando aveva scosso la testa. Annie la liberò e poi le accarezzò la fronte. — Gli egiziani facevano un mucchio di sogni riguardanti le barche. Simbolo del passaggio nel mondo dei morti.
Lasciammo il veterinario a risolvere il mistero del piede dolente e tornammo in albergo. Pranzammo a un McDonald sulla strada del ritorno e quando arrivammo Annie fece un sonnellino.
Io chiami la segreteria. C’era una serie di messaggi di gente che non aveva ancora capito che Broun era via, e poi un altro messaggio di Richard.
“Ho esaminato i risultati degli esami del sangue di Annie e penso di aver trovato là chiave di tutto” disse con la voce del Buon Psichiatra. “I suoi valori di L-tropina indicano una criptomnesia.” Mi diede il tempo di chiedermi che cosa fosse la criptomnesia. “È un disturbo che interviene quando il paziente riferisce memorie antiche come se fossero qualcosa di reale, qualcosa che ha visto o letto in un libro che la mente cosciente ha dimenticato. L’inconscio allora riutilizza quel materiale come reale. Bridey Murphy. I suoi ricordi di una vita precedente in Irlanda erano storie che la sua bambinaia le aveva raccontato in un’età preverbale, e sotto ipnosi lei le presentava come vita realmente vissuta.”
— Annie non è stata ipnotizzata — dissi. — È stata drogata.
“Ha sicuramente avuto contatti preverbali con qualcuno che le ha raccontato storie sulla Guerra Civile. Forse ha letto uno dei libri di Broun. Questo spiegherebbe il suo immediato attaccamento nevrotico per te. Sta sperimentando una dissociazione schizofrenica, e tu rappresenti Broun.”
E così adesso si trattava di criptomnesia, e io rappresentavo Broun. Questa mattina era stata una fantasia di vendetta e Broun aveva rappresentato i sogni di Annie. Prima era stato un collasso psicotico e un trauma, dissepolto a metà, causato da un omicidio nel frutteto con una pistola da ragazzi; chissà cosa sarebbe stato la prossima volta. E mai in nessuna di queste chiamate una parola sul Thorazine che le aveva somministrato a tradimento.
Poteva onestamente pensare che io l’avrei ricondotta indietro grazie a tutte queste farneticazioni psichiatriche? Forse era lui il pazzo e tutto questo parlare della colpa repressa di Annie e della mia ossessione e dell’incombente collasso nervoso di Lincoln non erano altro che — qual era il termine? — una proiezione.
Chiamai Broun al numero che mi aveva dato prima di partire. — Come va? — chiesi. — Ce l’hai fatta a incontrare l’esperto di sogni profetici?
— Questa mattina. Mi ha detto che tempo e spazio non sono reali, bensì esistono solo nella parte conscia del nostro cervello; giù in quella inconscia non esiste nulla di simile alla linearità spaziotemporale. Ha detto che tutto ciò che è già accaduto e tutto ciò che deve ancora accadere stanno già nel nostro inconscio, e si manifestano attraverso i sogni. — Mi parlava con il tono abituale, come se non avessimo mai avuto quella lite sulla California. — Poi ha aggiunto che la maggior parte della gente deve aspettare di sognare per sapere ciò che succederà, ma che lui invece potrebbe già rivelarmi il mio futuro semplicemente facendomi dormire e guardando i miei Movimenti Oculari Rapidi.
— E che cosa gli hai risposto?
— Ho risposto che avevo già sognato che non avrei mai dato soldi agli indovini sotto qualsiasi forma si presentassero, e dal momento che tutto ciò era già successo non vedevo come avrei potuto fare altrimenti.
— E che cosa ha risposto lui?
— Non ho aspettato di scoprirlo. Vorrei aver potuto sognare prima tutto questo. Così non mi sarei preso la briga di ascoltare un mucchio di sciocchezze. Dove sei, a casa?
— No — risposi — sono a Fredericksburg, il telefono ha squillato fino a diventare rosso, ieri, così ho deciso che laggiù non avrei combinato niente e sono venuto qui. Penso di rimanerci per qualche giorno, almeno fino a che Mc Laws e Herndon non mi scoveranno. Qui non nevica.
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