Poul Anderson - Nessuna tregua con i re
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- Название:Nessuna tregua con i re
- Автор:
- Издательство:Fanucci
- Жанр:
- Год:1974
- Город:Roma
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Far fermare il cavallo davanti alle bocche non fu un’impresa da poco. Un uomo era steso a terra morto, vicino al suo cannone. Non si vedeva la minima ferita. Il colonnello smontò e l’animale fuggì via.
Non ebbe neanche il tempo di pensarci. Dove erano finiti tutti? — Venite qui! — ma il suo grido svanì nel frastuono. All’improvviso gli si fece accanto Speyer. Prese un proiettile e lo mise nel cannone. Mackenzie strizzò gli occhi per guardare nel binocolo e valutare le distanze. Distingueva l’auto degli Espisti tra i morti e i feriti. Non sembrava possibile, a quella distanza, che una macchina tanto piccola e tozza avesse potuto carbonizzare una distesa di terra così grande.
Con l’aiuto di Speyer puntò il cannone, quindi tirò la funicella. Il cannone ruggì e si scosse. Il proiettile esplose poco lontano dal bersaglio, facendolo sussultare e ondeggiare. Lo spostamento d’aria poteva aver provocato delle ferite agli Espisti chiusi dentro e per lo meno erano terminate le esplosioni psi. Era però necessario colpirli di nuovo prima che potessero riorganizzarsi.
Mackenzie si diresse di corsa verso la sua auto blindata. Era vuota, tutti si erano dati alla fuga. Si gettò al volante. Speyer chiuse violentemente lo sportello e si infilò nell’incavo del periscopio lanciarazzi. Mackenzie mise in moto e partì. La bandiera sul pennone sbatteva nel vento.
Speyer prese la mira e premette il pulsante. Il missile sfrecciò infuocato per metri e metri, infine esplose. L’auto ebbe un sobbalzo e un fianco venne squarciato.
Sperando che i ragazzi si riuniscano e avanzino… se no… sono finito. Mackenzie fermò la macchina facendo stridere i freni, spalancò lo sportello e saltò fuori. Intorno allo squarcio il metallo annerito e accartocciato fungeva da cornice. Vi penetrò a stento, immergendosi nel buio e nel fetore.
Trovò due Espisti: il guidatore era morto e mostrava una scheggia d’acciaio nel petto; l’altro si lamentava in mezzo a strumenti inumani. Il suo viso era una maschera di sangue. Mackenzie si affiancò al cadavere e gli strappò i vestiti. Si impossessò di un tubo di metallo ricurvo e uscì.
Speyer era rimasto a bordo e indirizzava raffiche contro chiunque cercasse di avvicinarsi. Mackenzie si inerpicò lungo la scaletta dell’auto nemica e raggiunto il tetto si mise a sventolare la veste azzurra e quella strana arma.
— Venite, figlioli! — urlò con una voce che si udiva appena nel vento proveniente dal mare. — Li abbiamo messi a tacere. Volete anche che vi serviamo la colazione a letto?
Vicino al suo orecchio sfrecciò sibilando un proiettile. Nient’altro. I nemici, a piedi e a cavallo, parevano impietriti. Nell’immenso silenzio che seguì non avrebbe saputo dire se quello che si sentiva era la risacca o il pulsare del suo stesso sangue.
Squillò una tromba. Il Corpo Antimalocchio lanciò un fischio di esultanza e fece rullare i tamburi. Un gruppo disordinato dei suoi fanti iniziò ad avvicinarsi, seguito dagli altri. Dopo di loro si mosse la cavalleria, un’unità dopo l’altra, e molti soldati scesero dalle colline fumanti di corsa.
Mackenzie scese sulla sabbia e tornò a bordo della sua auto blindata.
— Torniamo indietro — disse a Speyer. — Dobbiamo finire una battaglia.
— Stia zitto! — ordinò Tom Danielis.
Il Filosofo Woodworth lo guardò. La nebbia si insinuava nella foresta con i suoi tentacoli gocciolanti, celando la terra e la brigata in un nulla grigio che attutiva il rumore degli uomini e dei cavalli. Una tristezza infinita. Faceva freddo e i vestiti si appiccicavano alla pelle appesantiti.
— Signore! — si lamentò il maggiore Lescarbault con gli occhi spalancati per lo stupore.
— Ti meravigli perché ho osato mettere a tacere un Espista a proposito di un argomento del quale non sa assolutamente niente? Era ora che qualcuno lo facesse!
Woodworth si ricompose.
— Ho semplicemente proposto di rafforzare gli adepti e colpire il cuore dei seguaci di Brodsky. Cosa ho fatto di male? — domandò con un tono di rimprovero.
Danielis strinse i pugni.
— Niente — rispose. — È solo che vorrebbe dire andare incontro a un disastro ancora maggiore di quelli già collezionati per merito vostro.
— Solo momentanei insuccessi — lo contraddisse Lescarbault. — Siamo stati messi in rotta a Ovest, ma nella Baia siamo riusciti ad aggirarli.
— È vero, e il risultato è stato che si sono girati anche loro e ci hanno spaccati in due — scattò Danielis. — Gli Espisti non ci sono serviti a niente… E adesso i nostri nemici sanno che hanno bisogno di mezzi per trasportare le loro armi e che si possono uccidere. L’artiglieria gli spara addosso, bande irregolari li assalgono e spariscono nel nulla dopo averli ammazzati… oppure le loro postazioni vengono semplicemente aggirate. Non abbiamo un numero sufficiente di adepti!
— Ecco perché ho suggerito di formare un gruppo solo. Sarebbe troppo numeroso per il nemico.
— E anche troppo ingombrante per essere utile — replicò Danielis. Adesso che sapeva come era stato ingannato tutta la vita dall’Ordine si sentiva nauseato. Era quello il motivo della sua amarezza, non il fatto che non ce l’avevano fatta a sconfiggere i ribelli neanche moralmente. Aveva capito che gli adepti erano solo dei burattini, delle pedine mosse da altri.
Non vedeva l’ora di ritornare da Laura… non l’aveva ancora rivista… da Laura e dal bambino: l’unica cosa onesta che gli fosse rimasta in quel mondo invaso dalla nebbia. Cercò di controllarsi e andò avanti a parlare con un tono più tranquillo.
— I pochi adepti rimasti ci aiuteranno, naturalmente, a difendere San Francisco. Un esercito normale può farli fuori sul campo in un modo o nell’altro, ma con le vostre… con le vostre armi potremo respingerli stando sulle mura della città. È là che dobbiamo farli andare.
Era la cosa migliore che potesse fare. Non si sapeva più nulla della parte settentrionale dell’esercito lealista. Certamente era in ritirata verso la città e stava subendo pesanti perdite. Le interferenze rendevano difficoltose le comunicazioni via radio per entrambe le parti. Bisognava fare qualcosa: tornare verso Sud o aprirsi un varco lottando fino alla capitale. Quest’ultima gli sembrava la soluzione migliore ed era convinto di esserci arrivato senza essere influenzato dal pensiero di Laura.
— Io non sono un adepto — disse il Filosofo — quindi non sono in grado di parlargli nella mente.
— Intende dire che non è in grado di usare la loro radio personale — ribatté brutalmente Danielis. — Ma ha con sé un adepto. Gli dica di passare parola.
Woodworth fremette.
— Mi auguro… — disse — mi auguro che capisca che è stata una sorpresa anche per me.
— Ma certo, Filosofo — si intromise Lescarbault senza essere interpellato.
Woodworth inghiottì la saliva.
— Io resto fedele alla Via e all’Ordine — disse con asprezza. — È l’unica cosa che mi rimane da fare. Giusto? Il Grande Ricercatore ci ha garantito una spiegazione esauriente alla fine. — Scosse il capo. — E va bene, figliolo, farò quello che posso.
Quando vide la tunica azzurra sparire nella nebbia, Danielis si sentì sfiorare dalla pietà. Si mise a dare ordini in tono ancora più severo.
Adagio, le truppe ripresero il cammino. A parte la Seconda Brigata, che era con lui, le altre erano sparse in tutta la penisola, ridotte a brandelli. Si augurava che gli adepti, altrettanto sparpagliati, riuscissero a raggiungerlo durante la traversata della catena di San Bruno e avessero con sé alcune unità dell’esercito. Ma era logico aspettarsi che molte, demoralizzate e sperdute, si sarebbero arrese ai nemici incontrati per caso.
Procedette a cavallo verso il fronte, percorrendo una strada fangosa che si insinuava tra gli altipiani. Il cavallo avanzava a stento, sfiancato da giorni — quanti? — di marcia, battaglie, scaramucce, poco cibo, caldo, freddo, paura… Appena arrivati in città avrebbe ordinato di fargli un buon trattamento… insieme a tutte quelle povere bestie che lo seguivano con gli occhi velati dalla stanchezza.
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