Samuel Delany - Il tempo considerato come una spirale di pietre semipreziose

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Il tempo considerato come una spirale di pietre semipreziose: краткое содержание, описание и аннотация

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— Tu ti ucciderai, Hawk.

Scrollò le spalle.

— Non riesco neppure a capire quali sono quelle che ho fatto io.

Lui cominciò a indicarle.

— Oh, andiamo — dissi io, troppo bruscamente. E per la durata di tre respiri, lui divenne sempre più impacciato, fino a quando vidi che allungava le mani verso l’ultimo bottone. — Ragazzo — dissi, cercando di escludere la disperazione dalla voce — perché lo fai? — E finii per tenere fuori proprio tutto, e non c’è niente di più disperato d’una voce vuota.

Lui scrollò le spalle, capì che non era questo che volevo, e per un attimo la collera gli guizzò negli occhi verdi. Non volevo neppure quello. Perciò disse: — Senti… tu tocchi una persona, dolcemente, delicatamente, magari addirittura con amore. E beh, credo che un’informazione pervenga al cervello, dove qualcosa l’interpreta come piacere. Forse qualcosa, dentro la mia testa, interpreta male l’informazione.

Scossi il capo. — Tu sei un Cantore. Si sa che i Cantori sono eccentrici, sicuro; ma…

Adesso fu lui a scuotere il capo. Poi la rabbia si rivelò. E io vidi un’espressione salire da tutti quei punti che avevano comunicato la sofferenza al resto dei suoi lineamenti, e svanire senza neppure trasformarsi in una parola. Ancora una volta, abbassò lo sguardo sulle ferite che avvolgevano il suo corpo esile in una sorta di rete.

— Abbottonati, ragazzo. Mi dispiace di aver parlato.

Le sue mani si fermarono a metà strada dal bavero. — Pensi davvero che potrei tradirti?

— Abbottonati.

Obbedì. Poi disse: — Oh. — E poi: — Sai, è mezzanotte.

— Edna mi ha appena comunicato la Parola.

— Ed è?

— Agata.

Annuii.

Finì di abbottonarsi il colletto. — A cosa stai pensando?

— Alle vacche.

— Alle vacche? — chiese Hawk. — Perché?

— Sei mai stato in un allevamento di vacche da latte?

Lui scosse il capo.

— Per ottenere più latte, tengono praticamente le vacche in animazione sospesa. Le nutrono per fleboclisi con un grande serbatoio che fa scorrere le sostanze nutrienti in tubi sempre più piccoli, fino a che arriva a quei semicadaveri ad alta resa lattifera.

— Ho visto le fotografie.

— La gente.

— …e le vacche?

— Tu mi hai dato la Parola. E adesso comincia a scendere nell’imbuto, a diramarsi, mentre io la dico ad altri, e quelli la dicono ad altri ancora, fino a che, alla mezzanotte di domani…

— Vado a prendere il…

— Hawk?

Si voltò. — Cosa?

— Tu dici di non credere che io sarò la vittima di uno scontro con le forze misteriose che ne sanno più di noi. Okay. Ma appena mi sarò sbarazzato di questa roba, farò l’uscita più straziante che tu abbia mai visto.

Due minuscole rughe s’incisero sulla fronte di Hawk. — Sei sicuro che questo io non l’abbia già visto?

— Per la verità, credo che l’abbia già visto. — Sogghignavo, adesso.

— Oh — disse Hawk, poi emise un suono che aveva la struttura di una risata, ma era tutto respiro. — Vado a prendere The Hawk.

Sparì fra gli alberi.

Alzai gli occhi verso le losanghe di chiaro di luna tra le foglie.

Abbassai gli occhi sulla mia valigetta.

Tra le rocce, girando intorno all’erba alta, venne The Hawk. Portava un abito da sera grigio, un maglione di seta grigia, con il collo a tartaruga. La faccia era dura, la testa completamente rasata.

— Mr. Cadwaliter-Erickson? — Mi tese la mano.

Gliela strinsi: ossa minute e aguzze nella pelle floscia. — Debbo chiamarla Mr…?

— Arty.

— Arty The Hawk. — Cercai di non far capire che stavo scrutando il suo abbigliamento grigio.

Lui sorrise. — Arty il Falco. Già. Scelsi il nome quando ero più giovane del nostro amico laggiù. Alex ha detto che lei ha… ecco, alcune cose che non sono esattamente sue. Che non le appartengono.

Annuii.

— Me le mostri.

— Le hanno detto cosa…

Non mi lasciò finire la frase. — Su, mi faccia vedere.

Allungò la mano, sorridendo affabilmente come un impiegato di banca. Passai i pollici intorno alla chiusura a pressione. Il coperchio fece tsk. — Mi dica — dissi, guardandogli la testa che aveva chinato per vedere il contenuto della valigetta — cosa si può fare con il Servizio Speciale? Sembra che mi stiano dietro, quelli.

La testa si rialzò di scatto. Lo stupore si trasformò lentamente in un’espressione maliziosa. — Oh, Mr. Cadwaliter-Erickson! — Mi squadrò apertamente. — Mantenga regolare il suo reddito. Lo mantenga regolare, è l’unica cosa che può fare.

— Sarà un po’ difficile, se lei compra questa roba per un prezzo abbastanza vicino al valore effettivo.

— Lo immagino. Potrei sempre pagarla meno…

Il coperchio fece di nuovo tsk.

— …oppure, escludendo questo, potrebbe cercare di usare il cervello e di dimostrarsi più furbo di loro.

— Lei deve essersi dimostrato più furbo di loro, una volta o l’altra. Adesso può trovarsi in una situazione invariabile, ma avrà dovuto arrivarci da un gradino più basso.

Il cenno del capo di Arty The Hawk fu apertamente furbesco. — Credo che lei abbia avuto un piacevole incontro con Maud. Beh, ritengo sia il caso di farle le mie congratulazioni. E le mie condoglianze. Mi piace fare ciò che è doveroso.

— Sembra che lei sappia badare a se stesso. Voglio dire, ho notato che non si è mescolato agli altri ospiti.

— Questa sera, qui, si svolgono due feste — disse Arty. — Dove crede che vada Alex, quando sparisce ogni cinque minuti?

Aggrottai la fronte.

— Quella luminaria, lì tra le rocce — disse lui, indicando i miei piedi — è un mandala di sfumature mutevoli sul nostro soffitto. Alex — aggiunse ridacchiando — scappa sotto le rocce, dove c’è un padiglione di splendore orientale…

— E un elenco distinto degli ospiti sulla porta?

— Regina figura su entrambi gli elenchi. E anch’io. E il ragazzo, Edna, Lewis, Ann…

— E io sono autorizzato a sapere tutto questo?

— Beh, lei è venuto con una persona iscritta a entrambi gli elenchi. Pensavo… — S’interruppe.

Mi stavo comportando in modo sbagliato. Beh. Un artista del trasformismo impara presto che il fattore di verosimiglianza nell’imitare qualcuno più in su è la certezza del suo inalienabile diritto di sbagliare. — Le dirò — feci. — Le andrebbe di scambiare questi — e alzai la valigetta — con qualche informazione?

— Lei vuol sapere come dovrà fare per tenersi fuori dalle grinfie di Maud? — Dopo un istante scrollò il capo. — Sarei molto stupido se glielo dicessi, anche ammesso che potessi farlo. Inoltre, può sempre ripiegare sul patrimonio di famiglia. — Si batté il pollice sullo sparato della camicia. — Mi creda, ragazzo mio. Arty The Hawk non lo ha. Non ho niente del genere. Si infilò le mani in tasca. — Vediamo la roba.

Riaprii la valigetta.

The Hawk guardò per un po’. Dopo qualche istante, prese un paio di oggetti, li rigirò, li rimise giù, infilò di nuovo le mani in tasca. — Le offro sessantamila, in tavolette di credito approvate.

— E l’informazione che volevo?

— Non le direi niente. — Sorrise. — Non le direi neppure che ora è.

Vi sono pochissimi ladri di successo, su questo mondo. Ve ne sono meno ancora sugli altri cinque. La volontà di rubare è un impulso verso l’assurdo e l’insipido. (I talenti sono poetici, teatrali, hanno una specie di carisma inverso…) Ma è una volontà, come la volontà d’ordine, di potenza, d’amore.

— Sta bene — dissi.

Da qualche parte, lassù, udii un ronzio sommesso.

Arty mi guardò affettuosamente. Si frugò sotto il bavero della giacca e tirò fuori una manciata di tavolette di credito… quelle con la fascia scarlatta erano da diecimila. Ne tirò fuori una. Due. Tre. Quattro.

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