Samuel Delany - Il tempo considerato come una spirale di pietre semipreziose

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Il tempo considerato come una spirale di pietre semipreziose: краткое содержание, описание и аннотация

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Loro finirono, aprirono gli occhi, si guardarono intorno con espressioni che potevano essere d’imbarazzo come potevano essere di disprezzo.

Hawk stava proteso verso di loro, con un’aria d’approvazione estatica. Edna sorrideva educatamente. Io avevo sulla faccia il tipo di sogghigno che si schiude quando sei immensamente commosso e immensamente soddisfatto. Lewis e Ann avevano cantato in modo superbo.

Alex riprese a respirare, si guardò in giro per constatare in che stato erano tutti gli altri, vide, e premette il pulsante dell’autobar, che cominciò a ronzare e a tritare ghiaccio. Niente applausi, ma incominciarono le manifestazioni sonore dell’apprezzamento: la gente annuiva, commentava,.bisbigliava. Regina Abolafia si avvicinò a Lewis per dire qualcosa. Io cercai di ascoltare, fino a quando Alex mi spinse un bicchiere contro il gomito.

— Oh, chiedo scusa…

Trasferii la mia valigetta nell’altra mano e accettai il bicchiere con un sorriso. Quando la Regina Abolafia lasciò i due Cantori, quelli si tenevano per mano e si guardavano con aria un po’ intimidita. Poi tornarono a sedersi.

Gli invitati si sparsero in piccoli gruppi nel giardino, tra i boschetti. In cielo, nubi color camoscio si spiegavano e si ripiegavano davanti alla luna.

Per un po’ rimasi solo entro una cerchia d’alberi, ascoltando la musica: un canone in due parti di Orlando da Lasso, programmato per audiogeneratori. Ricordai: un articolo comparso su una delle riviste letterarie a più alta tiratura, la settimana prima, affermava che quello era l’unico modo per eliminare la sensazione delle battute imposte da cinque secoli di metrica ai musicisti moderni. Per due settimane ancora, sarebbe stato uno svago accettabile. Gli alberi cingevano un laghetto tra le rocce: ma non c’era acqua. Sotto la superficie di plastica, luci astratte intessevano una mutevole luminaria.

— Mi scusi…?

Mi voltai e vidi Alexis, che adesso non aveva un bicchiere e non sapeva come tenere le mani. Era veramente nervoso.

— …ma il nostro giovane amico mi ha detto che lei ha qualcosa che potrebbe interessarmi.

Feci per sollevare la mia valigetta, ma la mano di Alex scese dall’orecchio (era già passata dalla cintura ai capelli al colletto) per trattenermi. Nouveau riche.

— Sta bene. Non occorre che li veda adesso. Anzi, preferirei di no. Ho una proposta da farle. Mi interesseranno senz’altro, se sono come Hawk li ha descritti. Ma ho qui un ospite che sarebbe ancora più curioso.

Mi sembrava strano.

— Lo so che sembra strano — dichiarò Alexis — ma pensavo che le potesse interessare dal punto di vista finanziario. Io sono un collezionista eccentrico che le offrirebbe un prezzo in armonia con quel che potrei farmene: usarli come eccentrici argomenti di conversazione… e data la natura dell’acquisto sarei costretto a limitare decisamente il numero delle persone con cui potrei parlarne.

Annuii.

— Il mio ospite, invece, potrebbe usarli in ben altro modo.

— Può dirmi chi è questo ospite?

— Mi sono deciso a chiedere a Hawk chi era lei, e mi ha fatto capire che stavo per commettere una grave mancanza di galateo. Sarebbe altrettanto scorretto rivelarle il nome del mio ospite. — Sorrise. — Ma l’indiscrezione è il principale carburante che fa funzionare la macchina sociale, Mr. Harvey Cadwaliter-Erickson… — E sorrise con aria saputa.

Io non sono mai stato Harvey Cadwaliter-Erickson, ma già, Hawk è un ragazzo pieno di fantasia. Poi mi passò per la testa un secondo pensiero, e cioè, i Cadwaliter-Erickson, i magnati del tungsteno di Tythis, su Tritone. Hawk non era soltanto fantasioso, era geniale proprio come lo presentavano tutte le riviste e tutti i giornali.

— Immagino che la sua seconda indiscrezione sarà dirmi chi è questo ospite misterioso.

— Ecco — disse Alex, con il sorriso di un gatto ingrassato a canarini — Hawk è d’accordo con me nel ritenere che The Hawk sarebbe curioso di vedere quello che lei tiene lì dentro — indicando. — E infatti lo è.

Aggrottai la fronte. Poi pensai una quantità di piccoli, rapidi pensieri che esprimerò a tempo debito. — The Hawk?

Alex annuì.

Non credo di aver fatto smorfie troppo vistose. — Le spiacerebbe mandare qui per un momento il nostro giovane amico?

— Se vuole. — Alex s’inchinò, se ne andò. Dopo circa un minuto, Hawk arrivò scavalcando le rocce e passando tra gli alberi, sogghignante. Quando vide che non ricambiavo il sogghigno, si fermò.

— Uhmmm… — cominciai io.

Lui inclinò la testa.

Mi grattai il mento con le nocche delle dita. — … Hawk — dissi — sai niente di un dipartimento della polizia chiamato Servizio Speciale?

— Ne ho sentito parlare.

— Di colpo, quelli si stanno interessando parecchio a me.

— Cribbio — fece lui, con sincero stupore. — Dicono che siano efficienti.

— Uhmmm — ripetei.

— Senti — annunciò Hawk. — Ti piace l’idea? Stasera c’è qui il mio omonimo. Chi l’avrebbe mai detto.

— Alex non manca mai un colpo. Hai idea del perché è qui?

— Probabilmente cerca di mettersi d’accordo con l’Abolafia. La sua inchiesta comincia domani.

— Oh. — Ripensai ad alcune delle cose che avevo pensato prima. — Conosci una certa Maud Hinkle?

Il suo sguardo perplesso disse un “no” molto convincente.

— Si presenta come uno degli alti papaveri dell’arcana organizzazione di cui ti ho parlato.

— Davvero?

— Questa sera ha concluso il nostro colloquio con una piccola omelia sui falchi e sugli elicotteri. Ho considerato il nostro successivo incontro come una pura e semplice coincidenza. Ma adesso scopro che la serata ha confermato il significato del plurale. Due Hawk: due falchi. — Scossi il capo. — Hawk, mi trovo catapultato all’improvviso in un mondo paranoide in cui i muri non solo hanno orecchie, ma hanno probabilmente anche occhi, e lunghe dita unghiute. Chiunque mi sta attorno, sì, anche tu, anche tu, potrebbe rivelarsi una spia. Sospetto che ogni tombino e ogni finestra del primo piano nascondano un binocolo, un mitra o peggio. Perché proprio non riesco a capire in che modo queste forze insidiose, sebbene onnipresenti, ti abbiano spinto ad attirarmi in questo complicato e diabolico…

— Oh, piantala! — Lui si ributtò i capelli all’indietro. — Io non ti ho attirato…

— Consciamente no, forse, ma il Servizio Speciale ha l’Archivio Informazioni a Ologrammi, e metodi insidiosi e crudeli…

— Ti ho detto di piantarla. — E sul suo volto passarono di nuovo piccole espressioni dure d’ogni genere. — Credi che… — Poi, credo, si rese conto che ero spaventatissimo. — Senti, The Hawk non è un tagliaborse da quattro soldi. Vive in un mondo paranoide quanto lo è adesso il tuo, ma lui ci vive sempre. Se è qui, puoi star certo che i suoi uomini, occhi e orecchie e dita, sono numerosi quanto quelli di Maud Hickenlooper.

— Hinkle.

— Comunque, funziona in entrambe le direzioni. Nessun Cantore… Ehi, senti, davvero credi che io…

E sebbene sapessi che tutte quelle piccole espressioni dure erano crosticine sulla sofferenza, dissi: — Sì.

— Una volta tu hai fatto qualcosa per me, e io…

— Ti ho lasciato qualche cicatrice in più. Ecco tutto.

— Tutte le crosticine si staccarono.

— Hawk — dissi. — Fammi vedere.

Lui trasse un profondo respiro. Poi cominciò a slacciare i bottoni d’ottone. Le falde del giubbotto si aprirono. La luminaria gli colorò il petto di riflessi pastello.

Mi sentii raggrinzire la faccia. Non volevo distogliere lo sguardo. Trassi un respiro sibilante, invece, e forse era anche peggio.

Lui alzò la testa. — Ce ne sono molte di più di quando sei stato qui l’ultima volta, vero?

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