COME UNA
PREGHIERA
DIEGO MAENZA
Traduzione di Patrizia Barrera
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www.diegomaenza.com
Titolo originale dell'edizione spagnola:
“Estructura de la plegaria”
© Diego Maenza, 2018
© Traduzione di Patrizia Barrera, 2020
© Tektime, 2020
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COME UNA
PREGHIERA
DIEGO MAENZA
Traduzione di Patrizia Barrera
PRIMA PARTE
LUNEDI
MARTEDI e MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
SECONDA PARTE
SETTIMANA 1
SETTIMANA 2
SETTIMANA 3
SETTIMANA 4
TERZA PARTE
GENNAIO
FEBBRAIO
MARZO
APRILE
MAGGIO
GIUGNO
LUGLIO
AGOSTO
SETTEMBRE
OTTOBRE
NOVEMBRE
DICEMBRE
NEL NOME DEL PADRE
Luce e Buio
Padre Nostro, che sei nei cieli…
L'oscurità è la cecità dei pensieri, è il tuono del silenzio. L'oscurità è una pestilenza che diventa vertigine, una carezza del nulla, un vento gelido che striscia sulle ossa, un'amarezza che viene ingoiata dalle lacrime. L'oscurità è una condanna delle paure del passato, un'incertezza verso le calamità del futuro, una nube che annienta i sensi. E’ il buio.
E improvvisamente, figli miei, potete contemplare il mondo. Apro gli occhi e mi sveglio come se fossi espulso dall'abisso dell'utero. Mi sento rinascere, sebbene consapevole dell'inganno dei miei sensi. Percepisco l’odore del mio alito pesante attaccato ai miei peli, impregnato nel tessuto del cuscino o semplicemente diffuso per la stanza. Nel frattempo, il mondo rimane lì.
Mi siedo e il bagliore che entra dalla finestra mi acceca e mi costringe a coprirmi il viso. Mi sono destato da una notte agitata, che ha riempito la mia anima di terrore. Osservo quasi stupito, come se fosse la prima volta, l'aridità delle pareti della stanza, la tristezza delle vecchie crepe sul soffitto, le foto in bianco e nero dalle cornici colorate, il dipinto del Giudizio finale racchiuso in una teca di cristallo a protezione dai pericoli esterni o, forse, a isolamento dal mondo stesso, in modo che tutti i mali che in esso sono raffigurati ne rimangano prigionieri e nessuno, curioso di scoprire questo vaso di Pandora, possa di nuovo liberarne il fetore.
Sullo sfondo, dietro il mondo, osservo ancora una volta l'immagine di Dio. Chiudo gli occhi, prego. “Amato Padre, liberami da ogni peccato, perché tuo è il regno della terra e del cielo, e i tuoi disegni sono puri e indiscutibili. Purifica la mia anima, in modo che io possa essere liberato dalla tentazione e benedire ogni mio giorno”.
Mi siedo e riesco a percepire l'amarezza del vino che dimora nel mio intestino, da qualche parte nei miei tessuti. Scivolo in bagno, dove lo specchio mostra borse che mi appesantiscono gli occhi, e che cerco di stirare così violentemente con la punta delle dita da farle tremare. Lavo energicamente il viso con acqua e sapone. Il dentifricio mi risciacqua la bocca ed elimina il fetore del mio alito mattutino, a cui sono ormai abituato.
Esco con piacere, e noto sul davanti della biancheria intima i residui della mia polluzione notturna, come avviene quasi ogni giorno, che rivelano la loro viscosità alla luce del mattino e sembrano colorarsi di strani bagliori.
Oh Signore, quanto sono belli e crudeli i sogni! Il sogno è l'unico spazio in cui posso mostrarmi come sono davvero.
*
Il giornale parla sempre delle stesse cose. Ma un c’è il titolo di un articolo che mostra le ultime dichiarazioni del Santo Padre, che attira la mia attenzione. Ne leggo il contenuto stampato in lettere minuscole ed esamino la foto a colori posta vicino al trafiletto.
Adornato da un mantello e affacciato, come da tradizione, al balcone principale della Basilica di San Pietro, il Papa ha annunciato l’inizio della Settimana Santa. Padre Misael, da ora in poi lo chiameremo col suo nome, prega e si prepara per la messa.
*
Non riesco a cancellare quell'immagine. È in me e non mi abbandona. Quanto soffro sull'altare al pensiero di questo ricordo! Come posso sopportare quel tormento nel momento in cui pronuncio le frasi trite e ritrite di ogni messa, e che il parrocchiano ascolta come fossero ogni volta parole nuove! Riesco a resistere pochi secondi prima che il sangue e il corpo di Dio mi purifichino. E tutto per quell'immagine. È scolpita in me e mi tormenta, è una maledizione che nasce dal male e che piega il mio spirito, e posso solo implorare l’aiuto dell'onnipotente, affinché illumini il mio cammino.
*
Seduto a tavola, dopo aver messo da parte uno dei piatti di verdure, mi accorgo di avere cucinato troppo. Mi soffermo con pignoleria sulla pulizia dei mobili, del pavimento, della mensola lucida e brillante, dell'imitazione della porcellana imperiale che brilla di un insolito splendore e che mostra i cherubini nudi con i loro pallidi volti spettrali. Tomas, disciplinato, sbuffa da sotto, trasformando la coda in un'imitazione di saluto. Il ragazzo sorseggia il succo d'arancia che si addensa in piccole gocce all'angolo delle labbra e sorride alla sua goffaggine.
Mangio solo l'insalata e mezzo bicchiere di succo di frutta e metto da parte il pesce di cui non ho voglia, e che va a fare compagnia all’altro cibo che ho riposto. Il mio occhio destro è di nuovo cisposo, e io me lo pulisco con discrezione e anche con un po’ di fastidio, dal momento che il ragazzo mi guarda con stupore, mentre gli leggo alcuni passi della Bibbia. Tom mi segue in cucina con passo marziale, supplicandomi con un sospiro di riempirgli il vuoto dello stomaco, e farlo smettere di sbavare dalla fame.
*
Salgo le scale e vado in camera da letto. Provo a riposare. Invano. Torno al sogno che mi pesa addosso come una roccia e spero che si dissolva, quando mi sveglierò. Il buio. E all'improvviso ecco che torna incessantemente la stessa l'immagine, che si ripete come se la guardassi dentro un caleidoscopio le cui rifrazioni me la offrono chiara e senza distorsioni.
Prego Dio di liberarmi da questo tormento e che il mio spirito possa finalmente trovare pace! Orecchie ciclopiche divise dalla lama di un coltello. È l'immagine che mi assilla e so da dove viene. Dai miei ricordi del dipinto che è in camera da letto, senz’alcun dubbio. Dalla sua analisi minuziosa e continua del pomeriggio, che faccio ogni volta che entro là dentro.
È una imitazione bastarda e quasi scadente del famoso trittico del grande pittore, ma che io ho pagato con i risparmi di una vita. Bisogna riconoscere che è un oggetto mediocre rispetto all'originale, se si parla di arte, nonostante sia una copia fedele e di uguali proporzioni. Contemplo la fine del mondo che vi è raffigurata. Ogni volta che apro il trittico con il suo dipinto realizzato su legno di quercia, mi sembra di entrare in un universo parallelo: quello del paradiso, del purgatorio e dell'inferno. Resto estasiato a quella vista, come ogni pomeriggio. L'arte del pittore è così incisiva che riesce a penetrare in me, anche se non ne capisco nulla di quadri… Analizzo il tramonto dipinto esplorando i particolari della sua trama, cercando di decifrare l'alchimia che ha portato il pittore a dipingere quel paradiso ormai devastato, e la sua capacità di demiurgo che ha forgiato l'inferno. E fingo di capire, perché solo nella comprensione è insita la libertà di scelta, il percorso di perdizione che porta a questo calvario.
*
Esco dal sogno con il corpo dolorante, con la sonnolenza che fa ribollire la mia carne e mi incita al peccato. Ho la sensazione di non essere più lo stesso, di voler scappare in qualche luogo lontano, senza preoccuparmi di portare sulla fronte lo stigma che devo affrontare davanti agli uomini. Fuggite dallo sguardo di Dio, possano i suoi occhi non posarsi più su di me cosicché io possa accettare le mie sconfitte…
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