Jack Vance - L'ultimo castello

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Philidor serrò le labbra e voltò la faccia dall’altra parte. Un suo compagno si intromise.

— Philidor ha parlato di moralità. Ma chi è morale in assoluto? Uno di noi potrebbe anche lasciare da parte la morale in una situazione simile.

— Guardatevi in giro. Riconoscete qualcuno? — domandò Philidor.

Xanten osservò attentamente il gruppo di persone che aveva davanti. Poco distante da lui vide una ragazza straordinariamente bella, con indosso un semplice vestito bianco e un fiore rosso fra i capelli neri che le scendevano a boccoli sulle spalle. Xanten annuì.

— Riconosco la ragazza che O.Z. Garr voleva con sé al castello.

— Infatti — rispose Philidor. — E vi ricordate anche le circostanze?

— Perfettamente. Il Consiglio dei Notabili era contrario perché ciò andava contro le nostre leggi sul controllo della popolazione. O.Z. Garr così facendo aveva voluto eludere la legge. «Io ho delle Phane» aveva sostenuto «sei o anche otto e nessuno ha niente da dire. Chiamerò questa ragazza Phane e la terrò con le altre.» Io mi opposi e altrettanto fecero gli altri presenti. Si arrivò quasi a un duello. O.Z. Garr dovette rinunciare alla fanciulla che fu affidata a me, e io la condussi qui, nella Valle Lontana.

Philidor fece un cenno d’assenso.

— Dici il vero. Noi abbbiamo cercato di dissuadere Garr, ma lui non voleva lasciarsi convincere e ha minacciato di attaccarci con i suoi Mek, che saranno stati una trentina. Allora ci siamo messi da parte. Siamo forse immorali? Siamo forti o deboli?

— Talvolta — commentò Xanten — è meglio lasciar perdere la morale. Se anche O.Z. Garr è un nobile e voi siete degli Espiazionisti… Il caso dei Mek è analogo. Stanno distruggendo tutti i castelli e vogliono annientare l’intera umanità. Se la moralità consiste nell’accettazione supina, è meglio lasciarla perdere.

Philidor ridacchiò.

— Che bella situazione! I Mek sono stati portati qui sulla Terra dagli uomini, come i Contadini, gli Uccelli e le Phane. sono stati alterati e modificati per il nostro piacere. Ecco qual è la nostra colpa, e adesso la dobbiamo espiare. Voi, invece, pretendereste di renderla ancora più grave!

— È un male pensare troppo al passato — commentò Xanten. — Comunque, se volete poter continuare a farlo, vi consiglio caldamente di combattere i Mek o per lo meno di rifugiarvi nel castello.

— Non io — disse Philidor. — Gli altri facciano quello che si sentono.

— Aspetterete di essere ammazzato?

— No. E sicuramente anche altri si ripareranno tra le montagne più lontane.

Xanten risalì sull’energovagone.

— Se cambiate idea, venite pure a Castel Hagedorn — disse, e se ne andò.

La strada costeggiò la valle per un pezzo, quindi si inerpicò su una collina superando il crinale. Lontano, stagliato contro il cielo, si innalzava Castel Hagedorn.

VII

Xanten riferì il tutto al consiglio.

— Non possiamo avvalerci delle astronavi, perché i Mek le hanno rese inutilizzabili, così non è possibile chiedere aiuto ai Mondi Patrii.

— Che triste notizia! — esclamò Hagedorn con una smorfia. — È tutto?

Xanten continuò il suo resoconto.

— Mentre tornavo con l’energovagone mi sono imbattuto in una tribù di Nomadi e ho spiegato all’atamano i vantaggi che avrebbero avuto se si fossero messi a nostra disposizione. Ma i Nomadi mancano del tutto di correttezza e di docilità e l’atamano mi ha risposto in maniera tale che me ne sono andato via completamente disgustato.

«Poi ho visitato il villaggio degli Espiazionisti nella Valle Lontana e ho fatto anche a loro la stessa proposta, ma non ho avuto successo. Gli Espiazionisti sono carichi di ideali quanto i Nomadi di volgarità. Entrambi preferiscono scappare di fronte al pericolo. Gli uni si rifugeranno tra le montagne, gli altri, molto probabilmente, nelle steppe.»

Beaudry sbuffò.

— E cosa otterranno fuggendo? Forse guadagneranno qualche anno… ma prima o poi i Mek, con la loro metodicità, li troveranno tutti.

— Mentre nel frattempo — si risentì O.Z. Garr — avremmo potuto creare un efficiente corpo di difesa a vantaggio di tutti. Lasciamoli al loro destino, noi siamo al sicuro.

— È vero, siamo al sicuro — sospirò tristemente Hagedorn. — Ma cosa succederà quando l’energia verrà a mancare e si fermeranno gli ascensori e gli impianti di circolazione dell’aria smetteranno di funzionare? Cosa succederà allora?

O.Z. Garr scosse la testa con rabbia.

— Ci dobbiamo preparare a soluzioni indecorose con tutta la buona grazia possibile. Comunque i macchinari del castello sono validi e credo che per cinque o dieci anni ci daranno pochi problemi. E in tale periodo di tempo può succedere di tutto.

Claghorn, che durante tutta la discussione era rimasto appoggiato indolente alla spalliera del seggio, finalmente intervenne.

— Questo è un programma essenzialmente passivo, paragonabile alla defezione dei Nomadi e degli Espiazionisti.

Gli rispose O.Z. Garr, con un tono volutamente controllato e gentile.

— Claghorn sa bene che in fatto di sincerità, ottimismo e franchezza non mi tiro mai indietro, non sono mai stato per la passività. Ma non voglio abbassarmi a riconoscere eccessiva importanza a una stupidaggine del genere. Come si può chiamare passivo tale comportamento? Forse che il degno e nobile capo dei Claghorn ha una proposta più dignitosa e che ci permetta di rispettare di più il nostro modo di vita?

Claghorn fece un lieve cenno d’assenso con il capo, atteggiandosi a un sorriso che a O.Z. Garr parve di soddisfazione.

— C’è un modo semplice ed efficace con il quale sconfiggere i Mek.

— E allora perché non ce lo dite subito? — urlò Hagedorn.

Claghorn guardò uno alla volta i presenti, seduti intorno al tavolo coperto di velluto rosso: lo spassionato Xanten; il massiccio Beaudry, immobile con il volto atteggiato alla consueta smorfia sprezzante; il vecchio Isseth, bello e pieno di vita come il più vivace dei cadetti; Hagedorn, preoccupato e scuro in viso, che manifestava anche troppo la sua preoccupazione; l’elegante Garr; Overwhele, che non pensava ad altro che ai disagi del futuro; Aure, che giocherellava con la sua tavoletta d’avorio, arrabbiato o sconfitto; gli altri che si mostravano dubbiosi, alteri, risentiti, impazienti… e infine Floy, con il suo sorriso tranquillo, idiota secondo Isseth, che voleva manifestare il suo totale distacco da quella situazione irritante.

Claghorn osservò tutti quei visi e scosse il capo.

— Per ora non vi dirò niente perché non è una cosa fattibile. Voglio comunque sottolineare che a Castel Hagedorn niente sarà più come prima, anche se riusciamo a resistere all’attacco dei Mek.

— Secondo me stiamo già perdendo la nostra dignità accettando di parlare di quelle bestie — commentò Beaudry.

Xanten si mosse.

— È vero, l’argomento è nauseante, ma tenete a mente che Halcyon e Delora sono già stati distrutti e chi sa quanti altri castelli si trovano nelle stesse condizioni. Non facciamo gli struzzi! I Mek non spariranno solo perché noi li ignoriamo!

— E comunque — disse O.Z. Garr — siamo al sicuro, come Janeil. Per quanto riguarda gli altri, farebbero bene a venire qui, se non sono stati ancora uccisi e se riescono a sopportare la vergogna della fuga. Personalmente credo che entro breve tempo i Mek si prostreranno ai nostri piedi implorandoci di riprenderli con noi.

Hagedorn scosse tristemente la testa.

— Faccio molta fatica a crederci, comunque per il momento la seduta è chiusa.

VIII

Tra le innumerevoli apparecchiature elettriche e meccaniche del castello la prima a guastarsi fu il sistema delle radiocomunicazioni. Il fatto avvenne così presto e fu tanto grave che alcuni teorici, specialmente I.K. Harde e Uegus, ipotizzarono che si trattasse di un sabotaggio messo in opera dai Mek prima di andarsene. Ci fu chi fece notare che rimpianto non aveva mai funzionato bene e che gli stessi Mek lo avevano dovuto riparare più volte. Il guasto, secondo costoro, non sarebbe stato altro che la conseguenza di una fabbricazione difettosa. I.K. Harde e Uegus ispezionarono l’apparecchiatura ma non riuscirono a scovarne la causa. Dopo essere stati a consulto per mezz’ora decisero che per rimettere in funzione la radio si sarebbe dovuto ridisegnarla, rimontarla e costruire i pezzi ex novo.

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