Turbati e confusi, si alzarono barcollando senza dire parola. Nessuno voleva essere il primo a parlare. Ma ad un tratto il loro sguardo fu attirato dal pianeta che sovrastava la cupola. Un pianeta coperto di bianche nuvole e oceani azzurri.
— Non riesco a crederci! È la Terra.
— Ham, in plancia! — ordinò brusca la comandante, che si era appena ripresa e non voleva perder tempo in inutili chiacchiere. — Vai al comunicatore e chiedi istruzioni.
Ham era già sparito prima che lei avesse finito di parlare. Poi la comandante andò al terminale e lo collegò con il ponte di comando. Poco dopo si udì una voce: — Che nave è? Qui la Capitaneria dello Spazioporto. Ripeto, chi siete? Vi abbiamo visto uscire dall’iperspazio all’improvviso senza autorizzazione. Identificatevi immediatamente o spariamo.
— Qui il mercantile Space Angel , al comando del capitano Gertrude HaLevy.
Seguì un breve intervallo durante il quale il funzionario consultò il suo computer.
— La Space Angel che aveva ottenuto il permesso di fare rotta per Alpha Tau Pi Rho Quattro sotto contratto con la Minsk Mineral?
— Sì, proprio quella! — abbaiò la comandante. — Quante navi hanno un capitano che si chiama Gertrude HaLevy?
— Siete stati costretti a tornare indietro per un’emergenza?
— Sarebbe a dire?
— Se i miei dati sono giusti voi non siete stati via abbastanza per aver raggiunto Alpha Tau e far ritorno.
— Secondo il mio computo del tempo — rispose con fermezza la comandante — siamo stati via più di due anni.
Un’altra pausa. Evidentemente il funzionario non riusciva a raccapezzarsi. Infine si decise a dire: — Space Angel , preparatevi a ricevere a bordo una rappresentanza delle forze di sicurezza della Capitaneria.
La ciurma della Space Angel accolse al portello i funzionari sopraggiunti con un piccolo battello militare. Il primo a salire a bordo fu un funzionario in divisa, coi capelli brizzolati, a cui tennero dietro parecchi agenti di polizia. Si fecero avanti con piglio deciso finché non si fermarono di botto vedendo i Viver. I poliziotti portarono la mano alla fondina.
— Calma, quei due fanno parte dell’equipaggio — si affrettò ad avvertirli la comandante trattenendo a stento un sorriso.
— Capitano HaLevy? — Il funzionario era palesemente nervoso. — Io sono il maggiore Whipple della Capitaneria, e vi ritengo responsabile del comportamento di questi... queste creature.
— Non preoccuparti, pelle molle — disse K’Stin. — Non vi faremo del male. Vedendo che stavate per estrarre le armi ci è venuta voglia di ridere.
— Già, già... Ora, capitano HaLevy, mentre ci avvicinavamo alla vostra nave abbiamo notato che è dotata di armi illegali.
— Oh, che sbadata! Me n’ero dimenticata.
— Lo immagino. E adesso... — in quella notò Omero. — E questo cos’è? Un animale alieno? Temo che debba restare in quarantena orbitale, con effetto immediato. Conoscete il regolamento. Dio, che brutto!
— Ehi, non potete parlare così di Omero — saltò su Kelly infuriato, accarezzando affettuosamente la corazza di Omero. — E non potete metterlo in quarantena come un animale.
— E perché no?
— Perché, signore, io sono un poeta, e sono abituato a ricevere gli onori dovuti alla mia professione. Fingerò di non avere sentito quello che avete detto.
Il funzionario fece un salto indietro tanto che per poco non andò a urtare gli agenti. — Parla! — balbettò. — É intelligente?
— Questo è un punto Controverso — replicò Torwald. — Dipende da come giudicate i poeti.
— Che senso ha tutto questo? — Mancava poco che Whipple non si strappasse i capelli.
Ham decise che era venuto il momento di placare le acque. — Vi prego, calmatevi — disse con fare conciliante avvicinandosi al funzionario. — Dovete sapere che...
L’ultimo visitatore stava per andarsene. La Space Angel era rimasta per due settimane segregata e sotto strettissima sorveglianza in un ormeggio isolato dello spazioporto, e i banchi delle memorie del suo computer erano stati esaminati da squadre di scienziati. Intanto l’equipaggio era stato sottoposto a estenuanti interrogatori, finché le autorità non si erano convinte che non avevano altro da svelare sulle loro singolari avventure.
In seguito erano salite a bordo orde di cronisti e di studiosi. I resoconti dello straordinario viaggio della Space Angel erano stati divulgati in tutte le parti dello spazio occupate dall’uomo, e i membri dell’equipaggio erano diventati delle celebrità.
Kelly aveva l’incarico di fungere da cicerone, facendo visitare agli ospiti la nave e mostrando quegli oggetti-ricordo che il governo non aveva sequestrato. In mezzo al gruppo, quel giorno, c’erano un uomo con la divisa di ammiraglio e un ufficiale della Primaria Compagnia di Navigazione Satsuma. Il mozzo si sentiva un po’ frastornato: fino a non molto tempo prima era uno dei tanti derelitti che campavano alla meglio ai margini dello spazioporto, e la cui unica ambizione era di ottenere un lavoro qualsiasi su una nave. Adesso personaggi importanti pendevano dalle sue labbra, e la sua faccia era nota ovunque.
Mentre li accompagnava all’ uscita, alcuni lo presero da parte per scambiare due parole a tu per tu con lui.
— Figliolo, hai mai pensato di arruolarti nella Flotta? — gli chiese con fare paterno l’ammiraglio. — Certo, ma mi hanno sempre scartato.
— Si può rimediare. Pochi mesi in una scuola specialistica e potrai diventare sottufficiale.
— Temo che la carriera militare non m’interessi più, signore — rispose Kelly.
— Hai deciso di arruolarti su un mercantile, eh? — Il funzionario della Satsuma era convinto di tirarlo dalla sua. — Ottima scelta. Saremo felici di averti con noi. Ottima paga, promozioni e orari regolari. E non occorre aggiungere che grazie alla tua fama potrai fare carriera più in fretta di altri più anziani di te.
Kelly squadrò l’uniforme impeccabile coi gradi e i nastrini degli anni di servizio e decise in cuor suo che la carriera di quell’uomo doveva essersi svolta quasi interamente dietro una scrivania.
— So che la Satsuma è una delle migliori compagnie — disse senza sbilanciarsi.
— Facci un pensierino.
L’ultimo a sbarcare fu un ometto barbuto con una vecchia divisa da spaziale. Sui capelli arruffati inalberava un logoro berretto con un distintivo arrugginito sul datanti.
— Non so se hai afferrato il mio nome quando mi sono presentato — esordì.
— Sono il capitano Probert, della Black Comet . Ho appena comprato la nave a un’asta e sto mettendo insieme 1’ equipaggio.
Era un tipo alla buona, e Kelly si sentì subito a suo agio. — Un mercantile indipendente? — chiese.
— E questa nave cos’è? — rise Probert. — Tu ti sei imbarcato come aiutante del quartiermastro, se non sbaglio.
— Sì, ma durante il viaggio ho imparato molto. So fare di tutto.
— Bene, una persona esperta può sempre servire. La paga non è come quella della Satsuma, noi ci dividiamo i guadagni a ogni viaggio. Le ore sono lunghe, ma il nostro cuoco è molto bravo. Pensaci.
— Grazie, ci penserò.
Quando Probert se ne fu andato, Kelly tornò nella sua cabina e si tolse l’uniforme che gli avevano prestato. Dopo essersi infilato la vecchia tuta lisa e gli stivali, si guardò nello specchio. La tuta, che gli pendeva di dosso la prima volta che l’aveva indossata, adesso gli stava a pennello. Gli stivali, così pesanti e scomodi nei primi tempi, adesso calzavano come vecchie pantofole. Sorrise alla propria immagine, e andò alla mensa dove trovò gli altri seduti intorno al tavolo.
Poco dopo arrivò anche la comandante. Aveva un’aria un po’ abbattuta e cominciò subito senza preamboli. — Adesso che siamo tutti riuniti vi prego di rimettere i piedi per terra. Saremo delle celebrità interplanetarie, abbiamo portato sulla Terra un carico di tesori, ma siamo a terra.
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