John Roberts - Viaggio in fondo alle stelle

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Viaggio in fondo alle stelle: краткое содержание, описание и аннотация

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Chi crede che la fantascienza debba ormai trattare sempre e soltanto di profondi problemi sociologici, ecologici, geopolitici, biopsichici, genetici, fenomenologici eccetera, non legga questo romanzo. Chi invece apprezza ancora i viaggi e le avventure nelle abissali profondità del cosmo, s’imbarchi senz’altro col quartiermastro Torwald e il mozzo Kelly su “L’angelo dello Spazio”, una vecchia astronave da trasporto destinata a raggiungere una zona della Galassia dove nessuna flotta terrestre o extraterrestre aveva ancora mai osato avventurarsi.

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Kelly si era lavato e cambiato e si stava godendo un po’ di riposo. Improvvisamente sentì un trapestìo e sulla soglia comparve Omero, con Teddy appollaiato sul guscio. — Qual malinconia allunga le tue ore, Kelly?

— Omero, non potresti piantarla con Shakespeare?

— No, perché trovo che si esprime con un’accuratezza e una grazia che mancano totalmente al vostro attuale modo di parlare.

— Be’, nessuna malinconia allunga le mie ore, ma casomai le abbrevia il sollievo di non dovere grattare la vernice.

— E allora perché sei così pensieroso?

— Perché anch’io, come gli altri, credo... che potremmo trascorrere il resto della vita qui senza riuscire a trovare il modo di distrarre il Guardiano. Cosa potrebbe tenere occupato per un po’ un essere tanto potente?

— Capisco — Omero estrasse una manina da un braccio con sei gomiti, e grattò le orecchie di Teddy. — Dimentico sovente quanto sia importante il tempo per voi umani. Lasciami pensare... Il Guardiano aggredirebbe qualsiasi nave, e forse anche un’intera flotta che si avvicinasse troppo. Ma se si avvicinasse una flotta molto, molto numerosa, in ordine sparso, non credi che potrebbe distrarsi il tempo sufficiente da consentire a Sfera di attuare il suo misterioso proposito?

— Forse, ma non credo proprio che qualcuno possa mandarci una flotta, Omero, specie con la probabilità che venga distrutta.

— Non è detto che non la si possa trovare.

— Eh? Dove vuoi arrivare?

— Ho sentito voci e poesie che parlano di pianeti trasformati in basi per gigantesche flotte, molto, molto tempo fa. Spesso le navi trovate su quelle basi funzionano ancora e sono state utilizzate da razze come i Tchork, incapaci di costruire navi per conto proprio.

— Sai dove potremmo trovare uno di questi pianeti?

— Una delle poesie dà le coordinate... ma bisogna tradurle perché non avrebbero alcun senso per i vostri computer... — Omero cominciò a borbottare fra sé, ma Kelly non lo stava più a sentire. Era già uscito dalla cabina e stava correndo in plancia.

Nessuno riusciva a credere ai propri occhi: uno schermo mostrava mostruosi moli fluttuanti circondati da flotte di navi che si perdevano in lontananza. Su un altro schermo rimase fissa per un po’ l’immagine ravvicinata di una formazione, e poi passò a un’altra. Su tutti gli schermi comparvero ogni minuto almeno dieci di quelle installazioni.

— Il pianeta è tutto così. Solo spazioporti da un polo all’altro. L’equipaggio rimase a guardare ammutolito per un po’, poi Ham disse: — Non credo che tutte le navi che ho visto durante la guerra fossero tante quante sono quelle che fanno parte di una sola di quelle flotte. Stavolta credo proprio che abbiamo fatto centro.

— Credi che riusciremo a metterne in funzione qualcuna? — chiese dubbioso Torwald.

— Meglio sperare di sì — intervenne la comandante. — Almeno tante da riuscire a distrarre il Guardiano. Prima di trovare un’ altra soluzione possibile temo che diventeremmo troppo vecchi. Voglio localizzare la più grande installazione del pianeta perché è il posto più probabile dove trovare il quartier generale. Dopo, reciteremo a soggetto.

— L’abbiamo trovato — annunciò la comandante. — È il più grande che mai potessimo immaginare. Alle sue spalle c’è una montagna e noi atterreremo sulla vetta. E l’unico posto, in un raggio di cento chilometri, che non sia coperto di metallo. Torwald, prepara la squadra di sbarco. Non più di quattro, te compreso. Gli altri intanto provvederanno alle ultime riparazioni.

— Bene. Finn, hai progetti per domani?

— Veramente avevo intenzione di scrivere le mie memorie, ma posso dedicarti un paio d’ore.

— Te ne sono obbligato. Kelly, puoi venire anche tu, e tu, Nancy. Porteremo con noi i Viver, non si sa mai. E tu, Omero?

— L’idea mi attira, tanto più che non sono di grande utilità per i lavori di riparazione. E poi ho voglia di vedere questo pianeta. Un mondo di tal sublime dedizione a una causa deve ispirare molte idee a un poeta.

— Non è questo che cerchiamo — tagliò corto la comandante. — Quello che ci serve è un posto tranquillo dove riparare le avarie e trovare il modo di distrarre il Guardiano. E secondo me, questo pianeta risponde alle nostre esigenze.

— Bene, voi tre — disse Torwald a Finn, Kelly e Nancy — procuratevi tutto l’occorrente e avvertite i Viver. Kelly, prendi anche delle razioni in cambusa e caricale sull’AC.

Kelly e Torwald avevano fabbricato nuove corazze per sostituire quelle che avevano abbandonato fuggendo dal pianeta-giungla. Kelly indossò la sua, aiutò Nancy, e scelsero insieme le attrezzature che dovevano portare. Gli zaini non erano necessari, dal momento che potevano disporre del veicolo.

— Atterraggio fra trenta minuti — annunciò dall’interfono la voce di Ham. — Tutti ai vostri posti. Allacciare le cinture di sicurezza! Kelly si sdraiò sulla sua branda e assicurò le cinghie non senza difficoltà a causa della corazza. Mentre aspettava, fissando il soffitto, si chiedeva se quello sarebbe stato l’ultimo atterraggio su un pianeta prima di fare ritorno sulla Terra. Ora, la Terra gli sembrava stranamente remota: sia nello spazio che nel tempo. La nave era diventata la sua casa, e in fondo non aveva una grande nostalgia del pianeta natale. Ricordò il giorno in cui era cominciata la sua avventura, allo spazioporto. Ormai erano trascorsi quasi due anni da allora, ma non ricordava bene la data... che importanza aveva, dopo tutto? La sirena che annunciava l’atterraggio lo svegliò dalle sue fantasticherie.

Torwald e la comandante erano nella rimessa dell’AC quando sopraggiunsero Nancy e Kelly che caricarono sul mezzo le attrezzature e le provviste. Poi, Nancy si portò alle spalle dei due che stavano osservando il panorama dall’oblò.

— Com’è? — chiese Nancy raggiungendoli.

Gli altri continuarono a guardare affascinati. Una vista da mozzare il fiato. Erano atterrati sulla sommità spianata di una montagna che sovrastava a cinquemila metri d’altezza un’immensa pianura. La vista spaziava per almeno cento chilometri, e ogni metro quadrato era coperto di navi o di attrezzature portuali. Non solo la pianura, ma anche la montagna era tutto un seguito ininterrotto di attracchi, rimesse, piste di atterraggio e altre strutture non meglio identificate.

Torri come schegge d’acciaio svettavano nel cielo giallo e terso. Alcune erano molto più alte della montagna dove si era posata la Space Angel . Navi di tutte le forme e dimensioni stavano allineate in lunghe file fino all’orizzonte. Ovunque era uno scintillio di metallo. Solo la spianata dove si era posata la Space Angel era libera.

— Bene, Tor, tu e la tua squadra andate a fare un giro.

— Cosa dobbiamo cercare, comandante?

— E che ne so? Cercate qualcosa di unico e di diverso. Dev’esserci un comando centrale su questo pianeta, e siccome questa è 1’ installazione più grande, penso che si trovi qui. Ora partite e chiamatemi quando avrete trovato qualcosa d’interessante.

— Sarà una bella faticata — brontolò Torwald salendo a bordo con gli altri. L’atmosfera del pianeta era respirabile per cui non ebbero bisogno di portarsi appresso caschi e bombole. Per precauzione, però, avevano con sé i caschi da battaglia.

— C’è tanto ossigeno nell’aria? — chiese Kelly. — Nancy non riesce a spiegarselo perché la vegetazione è troppo scarsa.

— Davvero, Nancy? — chiese Torwald, interessato.

— Sì. Non esistono oceani, quindi non c’è plancton che possa produrre ossigeno. E non ci sono nemmeno foreste e praterie. Quasi tutta la superficie del pianeta nascosta sotto gli spazioporti è un deserto roccioso.

— E i batteri? — chiese Finn. — Forse... ma dovrebbero metabolizzarsi con una frequenza eccezionale per produrre tanto ossigeno. Data la costituzione del pianeta dovrebbe essercene meno dell’uno per cento, invece l’atmosfera è quasi simile a quella terrestre.

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