Quei quattro sembravano uomini d’affari, interrotti nel mezzo di una importante seduta. Essi guardarono, fuori dello schermo, verso Kenniston, e l’uomo più giovane, quello dalla carnagione scura, domandò a Varn Allan: «Chi è quella persona?»
Kenniston rimase immobile, guardando con fierezza nello schermo: l’ambiente in cui sedevano i quattro personaggi era simile a quello nel quale si trovava ora lui stesso, ma assai più grande, una grande sala piena di banchi di manovra e di schermi. Attraverso la finestra di quella sala, a miliardi di chilometri da lui, Kenniston poteva vedere le torreggianti pareti di un edificio titanico. Dardeggiava un sole dai raggi adamantini, soprannaturale, magnifico, che diffondeva nel cielo una vivida luce biancoazzurra.
Ancora la voce secca si fece udire, al di là della Galassia, assai più veloce della luce, per miracolo di una scienza avanzatissima.
«Varn Allan! Chi è quell’uomo?»
«È uno dei primitivi della Terra, signore» ella rispose irosamente, e si volse nuovamente a Kenniston.
«Non avete alcun diritto di rimanere qui» disse. «Andatevene subito!»
«No» replicò Kenniston. «Non me ne andrò finché non avrò detto ciò che intendo dire.»
«Lund» disse Varn Allan «volete chiamare le guardie e farlo allontanare con la forza?»
Kenniston si mosse, impaziente.
«Non me ne andrò!» ripeté.
Lund rifletté. I suoi occhi andavano dai pugni stretti di Kenniston al viso adirato di Varn Allan, e sorrideva.
«Dopo tutto» disse «ritengo che quest’uomo sia ora un cittadino della Federazione. E possiamo negargli il diritto di parlare?»
Gli occhi azzurri di Vafn Allan ebbero un lampo d’ira. Poi ella parlò alle immagini vive che si vedevano nello schermo.
«Mi spiace moltissimo, signori, ma forse questo incidente vi illustrerà la situazione meglio di un lungo discorso. Non ho avuto alcuna cooperazione da parte dei primitivi, e perfino un subordinato cerca ora di eludere la mia autorità.»
L’uomo più giovane, dalla carnagione scura, parlò impaziente dallo schermo: «Questo non è il momento per ascoltare reclami sulla disciplina dei vostri sottoposti!»
Kenniston fissava ora il quartetto del lontanissimo mondo di Vega, che sembrava tenere in mano il destino degli abitanti di Middletown.
«Siete voi il Comitato esecutivo responsabile dell’ordine di evacuazione?» domandò con tono deciso, rivolto verso lo schermo.
L’uomo più vecchio gli rispose con voce calma: «Non vi è alcun bisogno di parlare con arroganza. Sì, siamo noi, quel Comitato.» Poi, guardò Varn Allan. «Credo, Allan, che, siccome una interruzione vi è stata, sarà bene che veniamo subito a un chiarimento.»
Varn Allan scosse le spalle, e Lund sorrise apertamente.
«Mi spiace molto» proseguì Kenniston «ma non c’è tempo per le cortesie. Fra pochi minuti gli abitanti della mia città faranno fuoco sulle vostre navi spaziali. Non voglio che questo accada. Non voglio che la mia gente sia uccisa, e nemmeno la vostra.»
«Non vi saranno uccisioni» rispose il vecchio. «Il raggio paralizzante, usato a piena potenza, può immobilizzare, senza alcun pericolo per nessuno, tutta la popolazione della vostra città.»
Kenniston scosse il capo.
«Questo è solamente un rinvio. Quando riprenderanno conoscenza, riprenderanno a combattere. È proprio questo che voglio assolutamente farvi capire. Finché il mio popolo vivrà, combatterà per rimanere sulla Terra!»
L’accento di verità, in quel grido appassionato parve turbarli profondamente. Questa volta l’umanoide dalla criniera bianca intervenne e disse lentamente:
«Questo può essere vero. Anche taluni del mio popolo serbano tuttora un illogico attaccamento al loro pianeta.»
Lund parlò allora, con quel suo tono ironico e deferente a un tempo: «È proprio il punto di logica psicologica che ho cercato di far capire all’amministratrice Allan.»
«Se avete un suggerimento da dare, mi piacerebbe udirlo» disse Varn Allan, gelida.
«Naturalmente» disse allora Lund «è del tutto impossibile consentire che questo popolo rimanga sulla Terra. Una cosa simile stabilirebbe un fatale precedente per gli altri pianeti morenti, la cui popolazione deve pure essere trasferita. La mia idea è dunque...»
Qualunque fosse la proposta di Lund, nessuno la poté udire perché Kenniston, fulmineo, lo aveva atterrato con un pugno.
«All’inferno, voi e le vostre idee!» gridò. Poi si avvicinò ancor più allo schermo. «Vi chiedo formalmente di revocare l’ordine di evacuazione» proruppe.
L’uomo più vecchio allargò le mani in uno stanco gesto di diniego.
«Questo non è possibile» rispose.
«Allora» insistette Kenniston duramente «mi appello, contro la vostra decisione, al Comitato dei Governatori, in seduta plenaria!»
A queste parole seguì un attimo di silenzio impacciato. Tutti gli occhi, dentro e fuori lo schermo, si fissarono su Kenniston.
«Così, il selvaggio ha imparato la legge!» esclamò Lund, che si era rimesso dal pugno sferratogli da Kenniston. Poi rise. «Ma, naturalmente... Gorr Holl e i suoi amici gli hanno insegnato la lezione.»
Varn Allan si avvicinò a Kenniston.
«È una perdita di tempo» disse. «Il Comitato dei Governatori confermerà l’ordine già emesso.»
«Proprio così!» approvò l’uomo più giovane dallo schermo. «È semplicemente uno stratagemma per guadagnare tempo.»
«Ciò malgrado» dichiarò l’umanoide, osservando Kenniston con uno sguardo lievemente divertito nei suoi occhi felini «la sua richiesta è perfettamente legale.»
L’uomo più vecchio sospirò.
«Sì» disse guardando Kenniston. «Sono costretto, dalla legge della Federazione, a concedervi il diritto di appello. Ma vi avverto che ciò che ha detto l’amministratrice Allan è vero. Il Comitato dei Governatori non farà che ratificare la nostra decisione.»
«Ebbene, nel frattempo» incalzò Kenniston «vi chiedo di ritirare dalla Terra le navi spaziali che hanno provocato questa situazione critica.»
L’uomo più vecchio fece con riluttanza un cenno di assenso.
«Anche questa è una legittima richiesta. Le navi spaziali verranno temporaneamente richiamate a Vega. E voi verrete con loro, poiché gli appelli al Comitato dei Governatori debbono essere fatti di persona.»
Di persona? Il significato di quelle due semplici parole colpì Kenniston come una mazzata e lo fece quasi barcollare, sostituendo alla sua vaga speranza una più vertiginosa e personale emozione.
Quelle due parole significavano... significavano che lui, John Kenniston, avrebbe dovuto lasciare la Terra, avrebbe dovuto lanciarsi nell’abisso oscuro, fuori, nello spazio, attraverso metà dell’universo stellato, dietro una speranza perduta.
Avrebbe dovuto andare in un mondo sconosciuto, incredibilmente lontano, per difendere la causa di Middletown davanti a esseri sconosciuti, con tutte le probabilità contro di lui! Capiva ora ciò che Gorr Holl aveva voluto dire: “...nella posizione nella quale ti trovi, non sarà una cosa facile”.
La voce tagliente di Varn Allan lo stava ora sfidando.
«Consentite ad andare? Rispondete in fretta...! Non resta ormai che poco tempo per notificare la cosa al vostro popolo, prima che l’attacco venga sferrato.»
Il ricordo di quell’imminente attacco, che avrebbe significato il disastro irrevocabile della sua gente, irrigidì Kenniston. Doveva evitarlo, a qualsiasi costo.
Inspirò profondamente: «Sì!» affermò con voce ferma. «Andrò!»
«In questo caso, amministratrice Allan» disse l’uomo più vecchio «ritirerete le navi spaziali dalla Terra, entro due ore al massimo.» Così dicendo si alzò, facendo segno che il colloquio era terminato. E aggiunse: «Notificherò la richiesta di appello al Comitato dei Governatori.»
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