Edmond Hamilton - Agonia della Terra

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Agonia della Terra: краткое содержание, описание и аннотация

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Una bomba superatomica viene lanciata, da una nazione sconociuta, su una piccola città americana dove si cela un centro per le ricerche atomiche. L’esplosione ha per effetto di rompere la continuità del tempo e sbalestrare la piccola città, intatta, in un’epoca dell’avvenire, a milioni di anni nel futuro, in una Terra morente e arida, inabitabile e deserta. La Federazione delle Stelle, che governa tutti i mondi del futuro, interviene per evacuare la popolazione della città su un altro pianeta. Ma la popolazione si ribella, e, con l’aiuto di uno scienziato del futuro, alla Terra morente viene iniettata una potente carica atomica che ha la virtù di riscaldarla nuovamente. Gli ultimi superstiti rimangono quindi sulla Terra rinata e la vita degli abitanti della piccola città può riprendere il suo corso normale, nella eterna storia dell’Universo.

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Cercò di passare attraverso lo sbarramento, ma le guardie lo fermarono.

«Ordine del sindaco» affermò l’ufficiale che li coman­dava. «Nessuno deve uscire dalla città. Proprio così. So chi siete, signor Kenniston. Ma ho ordini precisi. Nessuno deve uscire dalla città.»

«Ascoltate!» tentò Kenniston, disperatamente, inven­tando una menzogna. «Mi ha mandato il sindaco. Devo an­dare da loro per conferire.»

«Portatemi un ordine scritto» gli intimò l’ufficiale. «Solo allora potremo lasciarvi passare.»

La fila degli uomini armati rimase stolidamente immobi­le. Kenniston pensò per un attimo di forzare lo sbarramen­to, ma poi vi rinunciò. L’ufficiale lo stava guardando tanto sospettosamente che a Kenniston venne un dubbio. Egli parlava la lingua dei visitatori e aveva lavorato a lungo in stretto contatto coi loro tecnici. I buoni abitanti di Middletown avrebbero anche potuto crederlo un traditore o una spia...

«Se è veramente il sindaco che vi ha mandato» ripeteva frattanto l’ufficiale «vi darà certamente un ordine scritto.»

Kenniston se ne ritornò al Municipio, ma dovette passare il resto della notte, con Hubble, fuori della porta sorvegliata dell’edificio, in cui il sindaco, il consiglio al completo e gli uf­ficiali della Guardia Nazionale stavano redigendo un piano di battaglia.

Subito dopo il sorgere dell’alba, un portaordini arrivò di corsa al Municipio e fu ammesso nella sala del consiglio. Im­mediatamente, il sindaco, i membri del consiglio, e gli uffi­ciali uscirono in massa. Garris, torvo, con gli occhi cerchiati ma trionfante, vide Kenniston e gli intimò: «Venite! Avremo bisogno di voi come interprete.»

Stanco e disperato, Kenniston si unì alla piccola proces­sione. Hubble, che gli camminava al fianco, si curvò su di lui e mormorò: «Cerca di destreggiarti bene, Ken. La tua cono­scenza della lingua è la nostra unica risorsa, in questa male­detta circostanza.»

Raggiunsero la porta della città quasi nello stesso momen­to in cui vi giungevano gli altri, provenienti dalle navi spazia­li. Varn Allan e Lund erano i soli, nel gruppo, che Kenniston riconoscesse. Degli altri, una era una donna matura e il resto erano uomini di varie età. I sopraggiunti dalle navi spaziali rimasero a fissare, più sorpresi che preoccupati, lo sbarra­mento di soldati. Varn Allan corrugò la fronte.

Il sindaco si diresse verso di lei, mentre lo sbarramento si ricomponeva dopo averlo lasciato passare. Col suo mise­ro aspetto di ometto preoccupato e intimorito, convinto della sua saggezza e sicuro che il suo popolo fosse con lui, col coraggio teso fino all’ultimo limite, laddove esso confi­nava col più disperato terrore, egli affrontò quegli scono­sciuti venuti dalle stelle, e disse a Kenniston: «Dite loro che questo è il nostro mondo, e che solo noi diamo ordini, qui. Dite loro di tornare sulle navi spaziali e di andarsene. Spiegate bene che si tratta di un ultimatum, e che siamo pronti a usare la forza.»

La folla, dietro di lui, applaudì.

Un leggero turbamento era apparso sui visi degli scono­sciuti. Quell’ululato della folla, quei soldati armati, il com­portamento del sindaco, dovevano aver risvegliato in loro qualche dubbio. Varn Allan parlò tuttavia con assoluta cal­ma, rivolgendosi a Kenniston, senza nemmeno attendere che il sindaco avesse finito di parlare.

«Volete aprirci un passaggio?» Indicò i nuovi venuti che erano con lei, e aggiunse: «I funzionari che sono con me fanno parte di una numerosa commissione di esperti in emigrazioni di massa. Inizieranno lo studio preliminare del­l’evacuazione, ed è molto importante che voi cooperiate...»

Kenniston la interruppe.

«Ascoltatemi bene» disse. «Dovete prendere i vostri funzionari e tornare alle vostre navi spaziali.»

La folla cominciava a spingersi avanti, premendo contro lo sbarramento di soldati. Grida isolate sorgevano da quella folla, grida rabbiose, minacciose. Il sindaco, nervosissimo, si muoveva qua e là.

«Glielo avete detto?» domandò a Kenniston. «Che co­sa dite? Glielo avete detto?»

«Tornate alle vostre navi spaziali, e presto!» gridò anco­ra Kenniston. «Non vedete che tra poco nessuno riuscirà più a trattenere la folla?»

Ma sembrava che Varn Allan non capisse il pencolo.

«È inutile discutere ancora» disse, come se la sua pa­zienza fosse giunta all’estremo. «Siamo qui per ordine di­retto del Comitato dei Governatori, e debbo chiedervi...»

Parlando molto distintamente, Kenniston scandì: «Sto cercando di impedire atti di violenza. Ritornate subito alle vostre navi spaziali. Verrò a parlare con voi più tardi.»

Ella lo fissò, assolutamente sbalordita.

«Violenza? Contro i funzionari della Federazione?»

Kenniston pensò d’un tratto che ella forse non aveva mai udito parlare di violenza. Nel momentaneo silenzio che se­guì, l’impeto e il vociare della folla crebbero e, d’un tratto, Norden Lund scoppiò a ridere.

«Ve lo avevo detto che non era questo il modo di trattare con i selvaggi» disse. «Faremmo meglio ad andarcene.»

«No!» Sicura, nel suo orgoglio, sicura dell’autorità di cui era investita dalla Federazione delle Stelle, sicura della sua provata abilità come amministratrice, Varn Allan non voleva assolutamente fuggire davanti alle urla di una folla. Si volse nuovamente a Kenniston, con la voce perfettamente calma e tagliente come una lama.

«Credo che voi non comprendiate» disse. «Quando un ordine viene emesso in nome del Comitato dei Governa­tori, quell’ordine dev’essere eseguito. Vorrete perciò infor­mare di ciò il vostro sindaco, e ordinargli di disperdere la sua popolazione... e subito!»

Kenniston strinse i pugni e gemette.

«Per l’amor del Cielo...» cominciò. Ma il sindaco, in quel momento, ansioso, bellicoso, impaurito, lanciò lui stes­so la fiamma della rivolta.

«Dite loro che faranno meglio ad andarsene in tutta fret­ta!» urlò con voce abbastanza forte da essere chiaramente udito dalla folla. «Dite loro di andarsene, oppure li caccere­mo noi!»

«Cacciamoli!» gli fece eco un uomo della prima fila, su­bito seguito da un altro, da cento altri. «Cacciamoli! Cac­ciamoli!» Le grida salirono al massimo e la pressione della folla dilagò al di là della porta. Se anche i soldati l’avessero voluta trattenere, non l’avrebbero più potuto fare.

Kenniston colse, in un attimo, tutto un caleidoscopio di vi­si umani diversamente atteggiati. La donna anziana del gruppo aveva la bocca spalancata in un grido. Gli altri fun­zionari avevano gli occhi increduli, come se non potessero credere a ciò che vedevano. Varn Allan aveva le guance infuo­cate d’ira repressa. Lund indietreggiava già, con un’espres­sione mista di timore e di trionfo dipinta sul viso.

Varn Allan disse ancora: «Se osate toccare i funzionari della Federazione...»

«Tornate alle vostre navi!» urlò Kenniston con quan­ta voce aveva. «Andatevene via!» La prima ondata della folla era già su di loro. Urla, pugni tesi, piedi in corsa. Ur­lavano inferociti contro Varn Allan perché era lei a capo di tutti gli altri. Kenniston vide il pericolo imminente, il peri­colo che non si poteva più scongiurare. Afferrò allora Varn Allan per un polso e cominciò a correre verso il Thanis tra­scinandola con sé. Gli altri funzionari, compreso Lund, si erano già dati alla fuga. Fuggivano tutti, verso la nave spa­ziale.

Kenniston continuò a trascinare con sé Varn Allan e, per alcuni secondi, ella non fece alcuna resistenza. Capì più tardi che quella doveva essere stata la prima volta che ella aveva dovuto cedere alla forza fisica, e che era perciò troppo stupe­fatta per pensare di opporre resistenza. Poi, tutt’a un tratto, la donna gridò irosamente: «Lasciatemi andare!» e puntò i piedi saldamente nella sabbia.

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