Edmond Hamilton - Agonia della Terra

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Agonia della Terra: краткое содержание, описание и аннотация

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Una bomba superatomica viene lanciata, da una nazione sconociuta, su una piccola città americana dove si cela un centro per le ricerche atomiche. L’esplosione ha per effetto di rompere la continuità del tempo e sbalestrare la piccola città, intatta, in un’epoca dell’avvenire, a milioni di anni nel futuro, in una Terra morente e arida, inabitabile e deserta. La Federazione delle Stelle, che governa tutti i mondi del futuro, interviene per evacuare la popolazione della città su un altro pianeta. Ma la popolazione si ribella, e, con l’aiuto di uno scienziato del futuro, alla Terra morente viene iniettata una potente carica atomica che ha la virtù di riscaldarla nuovamente. Gli ultimi superstiti rimangono quindi sulla Terra rinata e la vita degli abitanti della piccola città può riprendere il suo corso normale, nella eterna storia dell’Universo.

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La folla si appressava a loro come un’ondata. Non era il momento di far complimenti, Kenniston le diede allora uno strattone al polso, che le fece perdere l’equilibrio, e ricomin­ciò nuovamente a correre, trascinandola di peso. Poi, mentre il Thanis era ormai vicino, Kenniston inciampò d’un tratto nella sabbia, e Varn Allan si liberò di lui.

Mentre si agitava per rimettersi in piedi, Kenniston vide un pallido raggio di luce scaturire dal fianco dell’astrona­ve. Il raggio compì un lungo semicerchio, sollevando un urlo di raccapriccio dalla folla. Poi colpì anche lui e, questa volta, il colpo fu fortissimo. Ricadde nella sabbia e vi rima­se, come morto, assolutamente immobile e privo di cono­scenza.

Quando tornò in sé, si trovava disteso su una cuccetta, mentre le dita potenti di Gorr Holl gli stavano massaggiando i centri nervosi lungo la colonna vertebrale.

«Grazie agli dei, hai ripreso conoscenza! Sono ormai due ore che ti sto massaggiando!»

Kenniston si mise penosamente a sedere. Si trovava in una piccola cabina senza finestrini, arredata con uno scrit­toio e una sedia adatta alla grossa dimensione di Gorr Holl, e capì allora che doveva trovarsi all’interno del Thanis.

«In che modo sono arrivato qui?» domandò. Gli riusci­va ancora difficile parlare. La sua lingua, come tutto il suo corpo, sembrava insensibile e pesante come piombo.

«Varn Allan ha ordinato di portarti qua dentro. Ha capi­to più tardi che cercavi di salvarla, e che farti abbattere era stato un errore. Ha ordinato di farti rinvenire il più presto possibile.»

Kenniston era troppo intontito per fare del sarcasmo. Ge­mette ancora e mormorò:

«Che è accaduto, Gorr?»

«Moltissime cose... e tutte brutte. Guarda!»

Toccò un bottone, e un riquadro della parete metallica di­venne perfettamente trasparente.

Kenniston si rimise in piedi con difficoltà e guardò fuori, verso la lontana cupola scintillante di Nuova Middletown. Vide gli uomini di Middletown che lavoravano alacremente nella polvere color ocra davanti alla porta della città, scavan­do trincee, riempiendo sacchi di sabbia, preparando la linea del fuoco.

Gorr Holl gl’indicò poi, al di là della desolata pianura, ver­so le colline lontane; Kenniston vide laggiù una piccola caro­vana di jeep, uscita dalla vecchia città, che procedeva veloce in direzione della cupola, trascinando alcuni piccoli canno­ni... i piccoli cannoni che avrebbero dovuto sfidare la Federa­zione delle Stelle.

«Ci hanno concesso tre ore per andarcene» lo informò Gorr Holl «... il tempo necessario per piazzarci contro le lo­ro batterie. Dopo di che, apriranno il fuoco.»

«Ma sono pazzi!» bisbigliò Kenniston. «Sono dei po­veri pazzi!» Sebbene capisse perfettamente che quella era una pazzia, avrebbe potuto piangere d’orgoglio, per quell’at­to di forza.

Il termine era quasi trascorso. Quei cannoni avrebbero presto raggiunto la porta della città, sarebbero stati puntati contro le astronavi e gli uomini di Middletown avrebbero de­ciso la loro stessa distruzione.

«Debbo impedire questa pazzia, Gorr» disse. «In qua­lunque modo, debbo impedire questa pazzia!»

Gorr Holl lo fissò con uno sguardo curioso, come se voles­se misurare la fermezza di quella decisione.

«Quanto sei disposto a rischiare, nel tentativo?» chiese.

«No! Aspetta a rispondere. Non sarà una cosa facile. Spe­cialmente per te, nella posizione in cui ti trovi; non sarà una cosa facile.»

«Spiegati!» pregò Kenniston. Afferrò convulsamente un braccio di Gorr Holl, colpito da una improvvisa speranza. «Suvvia! Di che si tratta?»

«Vi sono altri pianeti morenti, oltre alla vostra Terra» disse Gorr Holl. «E, come ti ho detto, noi primitivi siamo attaccati ai mondi che ci hanno dato la nascita, proprio come voi. Vi è stata una... ecco, una cospirazione, chiamiamola co­sì, fra le razze primitive, per interrompere queste migrazioni in massa, e tutto il nostro piano si basa sul procedimento di cui ti ha parlato Lal’lor. Si tratta del procedimento di Jon Arnol per far rivivere i mondi morti, il procedimento che è stato vietato dalla Federazione. Kenniston, potremmo provare con la Terra...!»

«In altre parole» disse Kenniston, lentamente «volete coinvolgere me e il mio popolo in un movimento contro la legge della Federazione?»

«Se debbo parlarti francamente, sì!» disse Gorr Holl. «Ma si tratta anche del vostro interesse. Avrete la Terra e noi avremo i nostri mondi, per rimanervi a nostro piacere. Perdendo la partita... ebbene, le vostre condizioni non sa­ranno peggiori di quelle che sono adesso.» Posò la grossa mano su una spalla di Kenniston. «Varn Allan si trova ora al televisore, per chiedere al Centro di Vega l’autorizzazione a usare la forza nell’esecuzione dei suoi ordini. Pensaci in fretta, Kenniston!»

Kenniston rifletté rapidamente. Gli sembrava di muoversi in una nebbia profonda, ma intuiva qualche cosa, intuiva i contrasti che esistevano fra le stelle. Egli non aveva il diritto di coinvolgere se stesso e Middletown in una lotta della quale non sapeva quasi nulla... Ma laggiù, al di là di quel finestrino, stavano trincee piene di uomini infuriati e sconvolti, e quei cannoni che si avvicinavano... Non avrebbero certo potuto cacciarsi in una situazione peggiore di quella... Se vi fosse stata anche una minima via di uscita...

«Che debbo fare?» domandò.

Gorr Holl sorrise.

«Bene!» approvò. «E ricordati, avrai degli alleati in questa missione! Ora seguimi: ti racconterò tutto strada fa­cendo.»

14

Ultimo appello

Il grosso Gorr Holl lo condusse lungo un groviglio di stretti passaggi che correvano all’interno del Thanis. Non incontra­rono nessuno, e Kenniston intuì che Gorr Holl evitava i corri­doi principali.

Kenniston guardava di sfuggita i particolari della nave spaziale. Non gliene importava nulla, ora. Tutto ciò che lo preoccupava, era invece l’urgente necessità di impedire il di­sastro che stava per accadere. I suoi nervi erano tesi fino allo spasimo, in attesa del primo colpo di cannone contro il Tha­nis. Sapeva che era ancora presto, ma i minuti scorrevano ve­loci.

Gorr Holl gli diede rapidamente alcune spiegazioni, men­tre procedevano.

«L’ordine di evacuazione è venuto dal Comitato dei Go­vernatori attraverso un Comitato esecutivo. Secondo le leggi della Federazione, tu puoi avanzare appello, contro quell’or­dine, al Comitato dei Governatori in seduta plenaria. Ora, Kenniston, nessuno può negarti il diritto di appello, perciò non lasciarti intimorire da un eventuale rifiuto.»

Erano giunti, attraverso uno scuro corridoio, di fronte a una porta chiusa.

«Quella è la cabina del televisore. Varn Allan è in contat­to col Comitato, ora. Entra là dentro e fa’ il tuo appello. E ri­cordati bene: c’è anche Lund!»

Gorr Holl sparì nel buio del corridoio. Kenniston fece po­chi passi e si trovò davanti alla porta chiusa. Fece girare la maniglia, e la porta si spalancò. Kenniston entrò in una cabi­na alta e stretta, nella quale stavano Varn Allan e Norden Lund che si volsero di scatto, attoniti, a guardarlo.

Kenniston li notò appena. Fu qualcos’altro a colpire la sua attenzione e a trattenerlo immobile, come impietrito.

Due delle pareti della cabina erano occupate da complica­ti meccanismi, tutti apparentemente automatici. Di fronte a lui stava la terza parete, uno schermo gigantesco, che riflette­va delle figure in modo così chiaro e limpido da sembrare una finestra.

Una finestra aperta su un altro mondo...

In quello schermo, quattro personaggi sedevano davanti a un tavolo nero di materia plastica. Tre erano uomini, vestiti come gli occupanti del Thanis. Uno di essi era molto vecchio, il secondo era anziano, il terzo era di mezza età, di carnagio­ne scura e aspetto arcigno. Il quarto non era un uomo. Era un umanoide come Magro, e come lui aveva una criniera bianca e una strana espressione felina, nel viso bello e lieve­mente crudele. Ma era più vecchio e più grave e solenne di Magro.

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