Il muso peloso di Samadhom fece capolino dall’interno. Meep? uggiolò incuriosito. Ecco dove si era rintanato! Pelio lo aveva messo al sicuro nel locale più isolato di tutta la nave, la scialuppa di ablazione!
Per un istante tutti rimasero impietriti. Pelio fu il primo a riprendersi e ciò che fece fu altrettanto sorprendente della comparsa improvvisa di Samadhom. Volteggiò con un balzo sopra il tavolo e afferrò il piccolo machete che i suoi nemici avevano rubato dal corredo di sopravvivenza dei Novamerikani. Atterrò con una piroetta, afferrò il Re delle Nevi da dietro il sedile e gli puntò alla gola la lama affilata come un rasoio.
— State indietro… indietro! — Tru’ud cercò di reagire e una sottile linea rossa gli comparve di traverso sulla gola. Per un attimo i suoi uomini rimasero in silenzio a fissare il principe. Pelio impallidì e Yoninne capì che avevano cercato di sconvolgergli le viscere. Ma Samadhom lo proteggeva, proprio come aveva protetto lei dall’attacco del Re Shozeru.
Si avvicinò rapidamente al tavolo e si riappropriò del maser. La lancetta che indicava l’energia residua era ferma sullo zero. Tutto sommato, non aveva importanza. Yoninne si girò e puntò la canna tozza dello strumento contro le guardie che l’avevano sorvegliata fino a un attimo prima. — Avete sentito il Principe Pelio. Muovetevi. — Gli uomini obbedirono lentamente. Lei lanciò un’occhiata ai ministri del re, ancora seduti all’altro lato del tavolo. — Quanto a voi, state lontani da quelle. — Indicò con il maser le due mitragliatrici.
Mentre Bjault rientrava in possesso delle armi, Pelio allentò impercettibilmente la presa e rivolse a Yoninne un sorriso ironico e trionfante. — Immaginavo che voi due avreste cambiato idea a seconda di come tirava il vento — commentò.
Come convincerlo del contrario?
Ajao sbirciò nel caricatore delle due mitragliatrici. — Una è vuota e l’altra irrimediabilmente bloccata — riferì in lingua natale.
— Anche il maser non funziona — replicò lei. — Ma loro non lo sanno.
— Allora? — si intromise Pelio, irritato. — Si ritorna al piano originale? Non abbiamo altra scelta, lo sapete.
Yoninne annuì. Forse erano a un soffio dalla morte, ma in qualche modo si sentiva più felice di prima. Per qualche minuto la vita era dipesa dalla necessità di fare il gioco del Popolo delle Nevi, ora invece bisognava affrontarli lottando.
— Sì, ma come?
Pelio sbirciò alle sue spalle per guardare un’imbarcazione nella polla di transito. — Prenderemo quella nave per grandi velocità disse con il tono brusco di chi non ha nulla da perdere. Il Re delle Nevi cercò di divincolarsi e lui rafforzò la stretta. — Andremo direttamente nella Contea di Tsarang. E Tru’ud sarà nostro ostaggio!
Era un piano folle, pensò Leg-Wot. Si trovavano molte migliaia di chilometri all’interno del Regno delle Nevi, e un intero esercito avrebbe potuto bloccare loro la strada in ogni punto. Poi si guardò intorno nell’immensa sala. Tutti, servi, soldati e ministri, fissavano terrorizzati la lama del machete puntata contro la gola di Tru’ud. Forse quella dittatura non era affatto moderna come pensava Bjault. Si sarebbe detto che ognuno fosse pronto ad accettare qualunque sacrificio in cambio della salvezza del re. E poi, come suo padre le aveva detto spesso, era meglio agire sulla base di un piano scadente che aspettarne uno migliore dal cielo.
Yoninne si girò verso Bre’en. — A noi due, adesso. Vogliamo un passaggio verso nord. Mettete quella — indicò la scialuppa — a bordo della barca scelta dal principe e dateci un pilota in grado di navigare fino alla Contea di Tsarang.
Bre’en allargò le braccia. Di tutti i presenti, sembrava l’unico ad aver mantenuto un po’ di sangue freddo. — Non è facile trovare qualcuno adatto. A parte me, non conosco nessuno qui al palazzo in grado di condurvi fino al confine di quella contea. Potete sempre cambiare i piloti durante il viaggio, si capisce… O magari vi conviene ripensarci. Continuiamo a non nutrire nessuna ostilità nei vostri confronti.
Leg-Wot sentì puzza di bruciato. Cambiare pilota in viaggio significava andare a caccia di guai e l’alternativa, cioè prendere il diplomatico a bordo, era quasi altrettanto pericolosa. Quell’uomo era viscido come un serpente.
— Perché proprio voi, tra tutti, dovreste essere in grado di guidarci? — domandò.
Il rappresentante del Popolo delle Nevi aveva assunto un’aria quasi rilassata. Ignorò il maser apparentemente micidiale puntato contro la sua pancia. — Da giovane ho prestato servizio nell’esercito di Sua Maestà. Lavoravo con il Popolo del Deserto, tra qui e la Contea di Tstarang. Ho cercato di imparare ogni strada, in modo da non dover dipendere dalla possibilità di avere sempre il pilota giusto per ogni spostamento. È chiaro che la maggior parte degli ufficiali non si prenderebbe mai tanto disturbo, ma io…
— Basta, voi due — tagliò corto Pelio. — Ci guiderete fino alla Contea di Tsarang, Bre’en. Ma se avete mentito a proposito delle vostre capacità… — Rafforzò la stretta al collo di Tru’ud, rischiando quasi di strozzarlo.
Ajao parve sul punto di sollevare qualche obiezione, ma Pelio lo zittì con un’occhiata. Da quel momento in poi sarebbe stato un grosso problema rivolgere al principe anche il suggerimento più ragionevole.
— Samadhom, qui! — L’orso, che fino a quel momento era rimasto a guardare dalla scialuppa, atterrò pesantemente sul tappeto di pelli e si accostò senza fretta ai piedi del padrone.
Bre’en lo seguì con lo sguardo e scrollò la testa, ammirato.
— Che animale straordinario! — esclamò in tono disteso. — Vi protegge tutti e tre insieme. Noi non abbiamo orsi da guardia così dotati di Talento. — Yoninne fissò le facce pallide tutt’intorno. A parte gli schiavi witling, chiunque in quella sala era in grado di uccidere lei, Pelio e Ajao in una frazione di secondo… se non ci fosse stato Samadhom. E senza quella lama puntata alla gola di Tru’ud, loro sarebbero morti in un tempo anche minore. Bre’en sembrò leggerle nel pensiero. — Senza tanta fortuna dalla vostra parte non sareste più vivi — commentò. — Ma la fortuna può anche cambiare. Perché non provate a pensare…
— Ho detto basta — ripeté Pelio, e Bre’en tacque. — Portate la sfera dei maghi su quella nave laggiù. Presto!
Il re emise qualche rantolo apoplettico e nella sua rabbia ammise quello che i tre witling avevano già indovinato. — Voi tre… non ne uscirete mai vivi. — Le parole erano storpiate, un po’ per l’ira e un po’ per la scarsa familiarità con la lingua del Regno d’Estate. — La vostra morte sarà dolorosa… molto più dolorosa di quella che abbiamo inflitto al vostro equipaggio.
Una lega dopo l’altra, Bre’en teletrasportò i witling e Tru’ud verso nord, senza che cambiasse nulla, in apparenza, se non gli edifici di servizio attorno alle polle di transito. Oltre i finestrini della loro piccola imbarcazione, il cielo rimase di un azzurro limpido e incontaminato. Da trenta gradi di altezza su un orizzonte candido, il sole riempiva la massa confusa del ghiaccio antartico di lunghe ombre azzurrine. La luce del giorno era già troppo luminosa, anche se il cronografo da polso di Yoninne indicava che il mattino era appena iniziato, secondo l’ora del Regno d’Estate. Lì la notte era ancora lontana più di cento giorni.
Per il momento, i soldati del Re delle Nevi sembravano intenzionati a lasciarli procedere verso la Contea di Tsarang. Se fossero riusciti a raggiungere quel piccolo stato vassallo del Regno d’Estate avrebbero ancora avuto qualche speranza di portare a termine quella parte del progetto di Ajao che un tempo era parsa loro la più pericolosa. E quella parte era destinata a portarli finalmente sull’isoletta di Draere.
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