Dai vetri incrostati di ghiaccio, l’archeologo scorse un’altra nave sul lago. La osservò meglio e vide che le stava succedendo qualcosa di curioso. L’imbarcazione si capovolse, come una balena che si metteva per gioco a pancia in su, accennò a tornare nella posizione originale e all’improvviso scomparve dalla vista. Ora, in nome del cielo, perché gli uomini del Popolo delle Nevi mettevano sottosopra le loro navi, prima di teletrasportarle? Andò a chiederlo a Pelio, che si trovava dall’altra parte del ponte a riscaldarsi vicino a una stufa. Il principe non alzò lo sguardo e per un attimo diede l’impressione di non volergli neppure rispondere. Alla fine, si strinse nelle spalle.
— Credevo che tu e Ionina conosceste già tutte le risposte — commentò poi in tono controllato. — Io sono solo uno zotico ignorante da manovrare secondo le necessità, ricordi?
Ajao finalmente capì. Lanciò un’occhiata verso il lato opposto del ponte, dove Yoninne fissava con ostentazione la riva, ben decisa a ignorarli. Ebbene, sospirò lui tra sé, immagino che nessuno di noi abbia una grande predisposizione per gli intrighi. Si sentì quasi sollevato che il ragazzo fosse al corrente della situazione.
— Invece ci sono molte cose che non sappiamo, Altezza — dichiarò. — Forse è per questo che vi abbiamo in qualche modo ingannato… Se vi trovaste perso a centinaia di leghe da casa vostra, circondato da persone che possono rivelarsi ostili, non sareste tentato anche voi di agire in modo un po’… ambiguo, anche nei confronti di quelle perone che vi sembrano amiche?
Il principe posò lo sguardo sul fuoco che scintillava oltre la mica trasparente che schermava la stufa. — Forse sì. Da te avrei anche potuto accettarlo, ma credevo che lo… — Si interruppe e cambiò bruscamente discorso. — La nave che hai visto si è girata per prepararsi a saltare in una strada dell’emisfero meridionale.
C’era qualcosa di buffo nel fatto che, in determinate condizioni, gli Azhiri potessero teletrasportarsi senza problemi addirittura nell’altro emisfero e che incontrassero invece così tante difficoltà per percorrere solo poche centinaia di chilometri. Se la destinazione si trovava a una latitudine sud equidistante dall’equatore rispetto a quella in cui ci si trovava a nord, era possibile teletrasportarsi senza il minimo pericolo di schiantarsi sulla superficie dell’acqua a un velocità troppo alta. In questo modo, il Regno delle Nevi poteva occupare le estremità opposte del pianeta rimanendo comunque, a tutti gli effetti, un unico dominio perfettamente collegato.
Il che non rispondeva comunque all’interrogativo di Bjault. — Ma perché devono capovolgere le navi?
Pelio si strinse ancora nelle spalle. — La gente al Polo Sud cammina a testa in giù, rispetto a noi. È più facile rengare una barca se viene prima girata in modo da puntare già la chiglia verso il punto di destinazione. E questo vale anche per i salti che abbiamo già compiuto, anche se forse non avrai notato le variazioni di assetto, dato che sono state quasi impercettibili.
Sembrava una sciocchezza, eppure Ajao la collegò subito alle leggi di conservazione dell’energia. Se non fossero state necessarie variazioni, si sarebbe potuto costruire una macchina per il moto perpetuo teletrasportando un pendolo su e giù tra il Polo Nord e il Polo Sud. Un fatto interessante e curioso, ma per il momento a lui non venne in mente nient’altro da chiedere. E Pelio non sembrava interessato a proseguire la conversazione. Nonostante tutti gli uomini sul ponte, il ragazzo era completamente e inesorabilmente solo. Ajao sospirò e tornò al suo posto.
Il loro arrivo al Polo Nord fu brusco e inaspettato. Si trovarono di colpo a galleggiare in un nuovo lago, molte volte più ampio di quelli precedenti… Lì il traffico era pesante, come se il lago rappresentasse il punto di intersezione di molte strade importanti. I magazzini di ghiaccio circondavano l’acqua da ogni parte e molti erano collegati da passaggi coperti di cui si intravedeva appena il tetto tra i minuscoli fiocchi di neve che turbinavano sull’acqua sospinti dal vento di pianura. Se quegli edifici nani erano il palazzo di cui avevano tanto sentito parlare, rappresentavano proprio una delusione.
Invece, Pelio indicò qualcosa all’orizzonte. In lontananza, Ajao scorse una moltitudine di cupole basse e di torri tozze che scintillavano di un bel colore azzurro argentato sotto il chiaro di luna. Qua e là, le superfici ricurve erano interrotte da minuscole fessure.
— Sono finestre — spiegò Pelio, dietro gentile ma insistente richiesta di Ajao. — Le torri di avvistamento misurano circa duecento piedi in altezza. In un certo senso, il Palazzo del Re delle Nevi è ancora più sicuro del Torrione di mio padre. A entrambi i poli, l’edificio è circondato da centinaia di miglia di ghiacci. Qualunque pellegrino che si avventurasse fin qui sarebbe avvistato dalle torri molto prima di raggiungere il Palazzo.
Sessanta metri di altezza, pensò Ajao sbalordito. Quella cifra poneva il palazzo in una nuova prospettiva. Qualcuno doveva conoscere almeno le principali leggi della statica, per erigere una costruzione del genere con il ghiaccio. L’edificio apparteneva a una classe del tutto diversa rispetto alle squallide capanne di neve incontrate lungo la strada.
Il pilota locale aprì a fatica un boccaporto e si sporse per gridare qualcosa alla coppia di figure mascherate e intabarrate, ferme sul molo spazzato dai venti. I due ascoltarono per un attimo, poi fecero ampi cenni con la mano e arrancarono lentamente per tornare all’interno del loro posto di guardia. Il pilota chiuse il boccaporto e il torrente di aria gelida che si era riversato sul ponte divenne solo un ricordo.
— Abbiamo ottenuto il permesso di entrare nel lago di transito all’interno del Palazzo — commentò Pelio. — Laggiù sarà più facile controllare lo scafo e ripulire i vetri dalle incrostazioni… Non mi aspettavo tanta cortesia.
Una coppia di luci gialle scintillò all’interno di una delle torri del palazzo. Il pilota osservò le luci, annuì e si sedette. Si concentrò un attimo per quell’ultimo salto, e finalmente si ritrovarono all’interno del Palazzo delle Nevi. Il luogo, vastissimo, sarebbe stato completamente immerso nel buio se il chiaro di luna che filtrava dalle fessure della cupola non lo avesse illuminato. La nave galleggiava in una polla di cinquanta metri di diametro e attorno alla riva un anello di pilastri ampi come la polla stessa salivano affusolati verso il soffitto. Nonostante tutta la loro apparente solidità, il chiaro di luna rendeva le colonne traslucide. Gli spigoli delle scanalature, affilati come lame, erano addirittura, trasparenti. Gli uomini dell’equipaggio unirono le forze per aprire il boccaporto principale e Ajao ebbe modo di vedere che il terreno attorno alla polla era ingombro di ghiaccio e di neve. Una strana trascuratezza, considerata la perfezione geometrica di tutto il resto. In ogni caso, l’aria che entrava attraverso il boccaporto sembrava più calda di quella all’esterno del Palazzo e, particolare ancora più importante, non c’era vento.
All’improvviso, gli uomini vicino all’uscita scivolarono lentamente in ginocchio e caddero sul ponte esterno. Pelio si alzò, per raggiungerli, ma il navigatore capo fece cenno ai tre witling di restare indietro, mentre lui e gli altri membri dell’equipaggio si precipitavano verso le figure ormai immobili. Bjault sentì le dita di Yoninne Leg-Wot artigliargli il gomito. — È gas — bisbigliò la ragazza, in lingua natale. E nel momento in cui lo disse, lui capì che aveva ragione. Aveva partecipato a un numero sufficiente di esercitazioni spaziali per riconoscere quel particolare caso di emergenza.
Ormai, la maggior parte dell’equipaggio era raggruppato attorno ai compagni caduti. — Credete che siano stati kengati, Capitano? — chiese uno, rivolto al navigatore capo.
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