Frederik Pohl - Gli antimercanti dello spazio

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Sono passati trent’anni da quando Frederik Pohl inventò quei
che Kingsiey Amis nelle sue
mise al disopra dello stesso
di Orwell. Fu allora che dagli uffici di Madison Avenue le grandi compagnie pubblicitarie assunsero il controllo della Terra, ma fecero lo sbaglio di mandare un’astronave sul pianeta Venere. Oggi Venere è il rifugio dei refrattari e dei ribelli, il simbolo dell’anti-pubblicità, la bandiera dei nemici della produzione e del consumo. I rapporti tra i due pianeti si fanno ogni giorno più difficili. La situazione insomma è così tesa, che Frederik Pohl ha sentito la necessità di scrivere un nuovo romanzo sullo scottante argomento. E l’ha scritto.

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L’ambasciata è situata lungo la strada principale, l’O’Shea Boulevard, e naturalmente in una giornata come quella i Venusiani erano intenti al loro sport favorito: le dimostrazioni. C’erano cartelli che dicevano Abbasso la pubblicità! e altri che dicevano Terrestri go home! La solita roba. Vidi una cosa che mi divertì: la povera disgraziata della mattina che strappava un cartello dalle mani di un tizio alto, coi capelli rossi e gli occhi verdi, e cominciava a marciare su e giù di fronte all’ambasciata, gridando slogan. Tutto secondo il copione. Le stava crescendo la febbre, e quando fosse scesa, lei sarebbe rimasta indebolita e incapace di resistere.

Nel salone cominciarono ad arrivare i funzionari per la riunione delle undici, e uno dei primi ad arrivare fu il mio compagno di camera e rivale, Hay Lopez. Saltai in piedi e gli versai il caffè. Lui mi guardò con sospetto. Hay ed io non eravamo amici. Dividevamo la stanza; io avevo il letto sopra. C’erano molte buonissime ragioni per non essere in buoni rapporti. Potevo immaginarmi come si fosse sentito per tutti quei mesi, ad ascoltare Mitzi e me nel lettino di sopra. Anzi, non avevo bisogno di immaginare niente, perché anch’io adesso sapevo come ci si sentiva ad ascoltare certi rumori, dall’alto.

Ma c’era un modo per trattare con Hay Lopez, perché aveva una macchia nera nel suo passato. Aveva combinato qualcosa mentre era Assistente Direttore ai Media nella sua Agenzia. Così naturalmente l’avevano prestato all’esercito per quasi un anno, in servizio di riserva, durante la campagna per elevare gli Eschimesi di Port Barrow agli standard civili. Non sapevo esattamente cos’avesse fatto. Ma Hay non sapeva che io non sapevo, e un paio di osservazioni cifrate l’avevano messo in allarme. Comunque, si faceva in quattro per cancellare quella vecchia macchia, lavorando più di qualsiasi altro all’ambasciata. Quello che lo terrorizzava, era il rischio di un’altra missione a nord del Circolo Polare Artico; dopo il mare di ghiaccio e la tundra, era l’unico fra di noi che non si lamentasse per il clima venusiano. Così dissi: — Hay, sentirò la mancanza di questo posto quando tornerò all’Agenzia.

Questo raddoppiò il sospetto nei suoi occhi, perché sapeva che era una bugia. Quello che non sapeva era perché gliela raccontassi. — Anche tu ci mancherai, Tenny — mentì a sua volta. — Hai qualche idea di quello che farai?

Era l’occasione che volevo. — Penso che farò richiesta per passare alla Sezione Personale — mentii. — Mi sembra naturale, non credi? Perché la prima cosa che vorranno, sarà un aggiornamento sul rendimento del personale di qui… ehi — dissi come se me ne ossi ricordato in quel momento siamo della stessa Agenzia! Tu, io e Mitzi. Be’, avrò un sacco di cose da dire su voi due! Siete tutt’e due dei funzionari di prima classe. — Naturalmente, se Lopez ci avesse pensato un po’ su, si sarebbe reso conto che l’ultima cosa che avrei richiesto, o ottenuto, sarebbe stata la Sezione Personale, visto che tutto il mio addestramento era nel campo Redazione e Produzione. Ma ho detto solo che Hay si faceva in quattro, non che fosse molto intelligente. E prima che si fosse reso conto di quello che stava succedendo, mi aveva promesso che sarebbe andato lui alla Colonia Penale Polare… — per prenderci la mano, caso mai l’incarico tocchi a me quando te ne sarai andato. — Lo lasciai a pensarci sopra, e mi unii a un gruppo che parlava delle macchine che avevamo sulla Terra.

L’ambasciata aveva un personale di cento e otto persone. I Venusiani cercavano sempre di farci dimezzare il numero, ma l’ambasciatore non cedeva. Sapeva cosa ci stavano a fare quelle sessanta persone in più… e naturalmente lo sapevano anche i Venusiani. Io ero il decimo o l’undicesimo nella gerarchia, sia a causa del mio grado consolare, sia del mio incarico secondario come Commissario Morale. Sarebbe a dire che dovevo scegliere gli inserti pubblicitari per i circuiti televisivi interni, e… be’… tenere d’occhio gli altri centosette per scoprire eventuali tendenze conservazioniste. Non che questo mi portasse via molto tempo. Eravamo un gruppo altamente selezionato. Più della metà di noi erano ex dipendenti di Agenzie, e anche i consumatori erano mica male, per essere consumatori. Se mai, alcuni dei più giovani erano troppo lealisti. C’erano stati diversi incidenti. Un paio di marine, qualche settimana prima, avevano trangugiato troppo liquore, e avevano lanciato, con le armi d’ordinanza, alcuni comunicati a risonanza oculare contro tre indigeni. I Venusiani non si erano divertiti, e fummo costretti a consegnare nell’ambasciata i due, in attesa di rispedirli sulla Terra. Adesso non erano presenti, naturalmente; la riunione delle undici era riservata ai circa venticinque direttori di grado superiore.

Feci in maniera che ci fosse un posto libero vicino a me per quando fosse arrivata Mitzi, in ritardo come al solito. Lei gettò un’occhiata a Hay Lopez, che se ne stava tutto solo vicino alla finestra, con aria imbronciata, poi alzò le spalle e si sedette, unendosi alla conversazione.

— Buongiorno Mitzi — grugnì il Capo del Protocollo, seduto di fronte a noi, e continuò a parlare: — Anch’io avevo una Puff Adder, ma pompando con le mani in quella maniera non si riesce ad avere l’accelerazione…

— Sicuro che si può, Roger, basta darci dentro — lo interruppi. — E poi: per metà del tempo uno è bloccato in mezzo al traffico, no? Per cui una mano è più che sufficiente per la propulsione. L’altra è libera per fare segnali, o cose del genere.

— Segnali? — ripeté lui fissandomi. — Ma da quanto tempo guidi, Tenny? — La Capo Ufficio Codici, seduta accanto a Mitzi, si sporse in avanti e disse: — Dovreste provare una Viper, superleggera, a trazione diretta. Nessun pedale: basta spingere coi piedi a terra. Più semplice di così!

Roger la guardò con sufficienza. — Sì, e quando devi frenare? Uno si può rompere una gamba in un arresto di emergenza. No, no: pedali e trasmissione a catena, è l’unico modo per… — Cambiò espressione. — Arrivano — mormorò, e si voltò, mentre entravano i pezzi grossi.

L’ambasciatore è davvero un uomo imponente: addetto ai media, sulla Terra, con capelli ondulati sale-e-pepe, la faccia espressiva, dalla carnagione scura. Non era della mia Agenzia, perché quelle più grosse facevano a turno a nominare i gran capi, e non era il nostro turno; ma quanto a professionalità, aveva tutto il mio rispetto. E sapeva come condurre una riunione. Il primo a riferire fu l’Addetto Politico, assillato da un’ennesima crisi. — Abbiamo ricevuto un’altra nota dai Venusiani — disse torcendosi le mani. — A proposito di Hyperion. Ci accusano di violazione dei diritti umani, perché non permettiamo ai minatori di gas di scegliere liberamente i loro mezzi di comunicazione. Sapete cosa vuol dire questo.

Lo sapevamo, e si sentirono mormorii nella sala: «Che coraggio!» «Tipica arroganza venusiana!» I minatori di elio-3 della luna di Saturno raggiungevano le cinquemila unità, e come mercato contavano quasi zero. Ma era una questione di principio fornire loro un’adeguata dose di pubblicità. Una Venere nel sistema solare era abbastanza.

L’ambasciatore non volle neppure sentirne parlare. — Respingete la nota — disse seccamente. — Non sono affari che li riguardino, e voi non avreste neppure dovuto lasciarvela consegnare, Howard.

— Ma come facevo a saperlo prima di leggerla? — disse lamentosamente l’Ufficiale Politico, e l’ambasciatore gli gettò un’occhiata che voleva dire: «Ne parliamo dopo», prima di sorridere.

— Come voi tutti sapete — disse, — la nave terrestre è in orbita da dieci giorni, e dovrebbe mandar giù la navetta da un momento all’altro. Mi sono messo in contatto con il capitano, e ci sono una buona notizia e una cattiva. La buona notizia è che hanno molta roba per noi: una troupe di ballerine esotiche, specializzate in disco e Black Bottom, come scambio culturale. Mitzi, voi vi occuperete di loro, naturalmente. Hanno anche dieci tonnellate di rifornimenti: Caffeissimo, Manzovero, nastri con gli ultimi spot, tutte le belle cose che aspettavate! — Espressioni di gioia e soddisfazione generali. Colsi l’occasione per prendere la mano di Mitzi, e lei non la ritrasse. L’ambasciatore continuò: — Questa è la buona notizia. La cattiva è che, come tutti sapete, quando la navetta ripartirà porterà con sé uno dei membri più amati della nostra grande famiglia. Gli diremo addio in maniera migliore la sera prima che ci lasci… ma nel frattempo, Tennison Tarb, volete alzarvi in maniera che possiamo dimostrarvi quanto ci mancherete?

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