Jack Vance - I racconti inediti
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- Название:I racconti inediti
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- Год:1995
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«Io voglio evitare questo, e voglio anche evitare un accordo tra Mangtse e Ballenkarch, che sarebbe prima facie contro natura. Io desidero vedere un nuovo regime su Kyril, un governo impegnato a migliorare il potere di produzione e di acquisto dei Laici, un governo impegnato nell’alleanza naturale con Mangtse.»
«Peccato che i tre mondi non possano costituire un consiglio comune.»
Hableyat sospirò. «L’idea, per quanto felice, è violentemente contrastata da tre realtà. Prima, la politica attuale dei Druidi; seconda, l’ascendente della fazione Rossa su Mangtse; e terza, le ambizioni del Principe di Ballenkarch. Se tutte e tre queste realtà cambiassero, una tale unione potrebbe consumarsi. Io per esempio l’approverei, perché no?» Parve meditare fra sé, e dietro la blanda maschera gialla Joe scorse il volto di un uomo molto stanco.
«Cosa sarà di te adesso?»
Hableyat strinse mestamente le labbra. «Se la mia autorità è realmente stata soppiantata ci si aspetterà che io mi uccida. Non essere sorpreso, è un costume Mang, un modo per sottolineare la disapprovazione. Temo di non avere ancora molto da stare al mondo.»
«Perché non ritorni su Mangtse e ripari il tuo steccato politico?»
Hableyat scosse la testa. «Non è nel nostro costume. Puoi anche sorridere, ma dimentichi che le società esistono per un accordo generale riguardante certi simboli, necessità alle quali bisogna obbedire.»
«Ecco che arriva l’aeromobile,» disse Joe. «Se fossi in te, invece di commettere suicidio, cercherei di inventare un piano per portare il Principe dalla tua parte. Sembra che sia lui la chiave. Lo corteggiano entrambi, Druidi e Mang.»
Hableyat scosse di nuovo la testa. «Non il Principe. È un uomo bizzarro, un misto tra un bandito, un giullare e un visionario. Sembra che consideri il nuovo Ballenkarch come un gioco interessante, un’allegra ricreazione.»
L’aeromobile atterrò, un mezzo di trasporto panciuto e bisognoso di una riverniciata. Due uomini grandi e grossi in brache rosse lunghe fino al ginocchio, ampie giubbe azzurre e berretti neri, scesero baldanzosamente dall’aeromobile, con l’espressione placidamente arrogante dell’élite militare.
«Il Principe manda i suoi saluti,» disse il primo all’ufficiale Beland. «Ha sentito che tra i passeggeri ci sono degli agenti stranieri, perciò tutti coloro che sbarcano verranno condotti subito al suo cospetto.»
Non ci furono ulteriori discorsi. Sull’aeromobile salirono in gruppo Elfane e Hableyat, i due Druidi con il loro altare portatile, i Mang scoccando gialle occhiate fulminanti a Hableyat, e Joe, tutti diretti su Ballenkarch. I Cil e la vecchia vestita di nero avrebbero continuato il loro viaggio fino a Castlegran, Cil o Beland, e nessuno venne scaricato dalla stiva.
Joe attraversò la fusoliera e si lasciò cadere accanto a Elfane, che si girò e gli mostrò un volto che sembrava privato di tutta la sua giovinezza. «Che cosa vuoi da me?»
«Niente. Sei arrabbiata con me?»
«Sei una spia Mang.»
Joe rise, a disagio. «Oh… perché sono in confidenza con Hableyat?»
«Cosa ti ha mandato a dirmi adesso?»
La domanda prese Joe alla sprovvista, e lo mise di fronte a tutta una serie di speculazioni. Era possibile che Hableyat lo stesse usando per trasmettere ai Druidi attraverso Elfane le idee che gli interessavano?
Disse: «Non so se volesse che tu lo venissi a sapere: Ma mi ha spiegato perché vi ha aiutato a portare qui il vostro Albero, e mi sembra convincente.»
«In primo luogo,» disse Elfane caustica, «non abbiamo più l’Albero. Ci è stato rubato a Giunzione.» I suoi occhi si ingrandirono, e lo guardò con subitaneo sospetto. «Anche questo è stato opera tua? È mai possibile che…»
Joe sospirò. «Sei determinata a pensare il peggio di me. Benissimo. Se tu non fossi così dannatamente bella e seducente penserei due volte peggio di te. Ma stai pensando di irrompere dal Principe con quei due Druidi dalla faccia color latte, e credi di potertelo avvolgere attorno al dito mignolo. Forse puoi farlo. So benissimo che non ti fermeresti davanti a nulla. E adesso mi toglierò dal petto il peso di quello che mi ha detto Hableyat, e di quest’informazione puoi farci ciò che ti pare.»
La fissò con sguardo penetrante, sfidandola a parlare, ma Elfane gettò indietro la testa e fissò gli occhi fuori dal finestrino.
«Crede che se riuscirai in questa missione, allora tu e i tuoi Druidi finirete per fare la parte del secondo violino a questi rozzi Ballenkart. Se non riuscirai, ebbene, i Mang probabilmente prevederanno qualcosa di spiacevole per te personalmente, ma i Druidi — secondo Kableyat — alla fine ne usciranno in vantaggio.»
«Vattene,» disse Elfane con voce strozzata. «Non fai che spaventarmi. Vattene.»
«Elfane, dimentica tutta questa storia di Druidi, Mang e Albero della Vita, e io ti riporterò sulla Terra. Sempre che riesca a lasciare vivo questo pianeta.»
Elfane gli mostrò le spalle. L’aeromobile ronzò, vibrò, si alzò in aria. Il paesaggio si distese sotto di loro: montagne massicce spruzzate e screziate di neve e ghiaccio, praterie lussureggianti con l’erba lucente di un verde prismatico, vivido e sgargiante. Attraversarono la catena montuosa. L’aeromobile sobbalzò e avanzò a scossoni nell’aria ineguale, poi scese obliqua verso un mare interno.
Un insediamento, chiaramente nuovo, agli albori della sua esistenza, era cresciuto sulla sponda di quel mare. Tre importanti bacini, e una dozzina di grossi edifici rettangolari con le pareti di vetro e il tetto di luccicante metallo, formavano il cuore della città. Un miglio oltre la città un promontorio boscoso dominava il mare, e all’ombra di quel promontorio atterrò l’aeromobile.
La porta si aprì. Uno dei Ballenkart fece un cenno brusco. «Da questa parte.»
Joe seguì Elfane a terra e vide davanti a sé un edificio lungo e basso con la facciata di vetro che dava sul panorama del mare e della pianura. Il soldato Ballenkart fece un altro gesto perentorio. «Alla Residenza,» disse seccamente.
Risentito Joe si diresse all’edificio, pensando che quei soldati erano ben miseri emissari di disponibilità. Camminando gli si tesero i nervi. L’atmosfera non era certo di benvenuto, e notò che la tensione stringeva tutti in una morsa. Elfane si muoveva come se avesse le gambe rigide. La guancia di Erru Kametin splendeva color giallo vivo lungo la mascella.
In fondo al gruppo Joe notò Hableyat che parlava con urgenza ai due missionari Druidi. Sembravano riluttanti. Hableyat alzò la voce. Joe lo udì dire: «Qual è la differenza? In questo modo avete almeno una possibilità, che vi fidiate oppure no delle mie motivazioni.» I Druidi finalmente sembrarono acconsentire. Hableyat marciò vivacemente in testa al gruppo e disse a voce alta: «Basta! Questa impudenza non deve continuare!»
I due Ballenkart si girarono di scatto, sorpresi. Con espressione dura, Hableyat disse: «Andate a chiamare il vostro padrone. Non sopporteremo oltre questo trattamento indegno.»
I Ballenkart sbatterono le palpebre, leggermente mortificati nel vedere messa in dubbio la loro autorità. Erru Kametin, con sguardo di fuoco, disse: «Cosa stai dicendo, Hableyat? Stai cercando di comprometterci agli occhi del Principe?»
«Deve imparare che noi Mang teniamo in gran conto la nostra dignità. Non ci muoveremo da qui finché non verrà a salutarci come si conviene a un ospite cortese.»
Erra Kametin rise sprezzante. «Resta qui, allora.» Si avvolse nel mantello scarlatto, si girò, e proseguì verso la Residenza. I Ballenkart si consultarono, e uno accompagnò i Mang. L’altro sorvegliò Hableyat con occhi truculenti. «Aspetta che il Principe venga a saperlo!»
Il resto del gruppo aveva girato un angolo. Hableyat tirò fuori con disinvoltura la mano da sotto il mantello, e scaricò un tubo addosso alla guardia. Gli occhi della guardia divennero colore del latte, e l’uomo crollò a terra.
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