Jack Vance - I racconti inediti
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- Название:I racconti inediti
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- Год:1995
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«Ti preoccupi maledettamente per quel Linguaid,» borbottò Allixter, «e nemmeno un soldo per il vecchio Scotty Allixter.»
Riabbassò il casco, e facendo rotolare il Linguaid davanti a sé, attraversò la cortina.
Allixter si trovò su una piattaforma bianca come un osso, scoperta sotto il cielo. Sentì un rimescolio di tetro trionfo. «Sono ancora vivo. Non sono un fazzoletto di mussolina, e nemmeno un gallone di ruggine. Suppongo che il Capo abbia visto giusto, devo dargliene atto. Ma…»
Allixter guardò il paesaggio, una pianura grigia e nera. A precisi intervalli, da terra si levavano massicce rotonde di cemento, molte delle quali erano in frantumi come a causa di un’esplosione interna.
«Questo non è Rhetus, non è nessun luogo vicino a Rhetus. E quelli non sono uomini e non sono Rhetulani…» Rivolse uno sguardo ansioso all’impianto del teletrasporto, un tipo che non aveva mai visto, un cilindro di nebbia dorata marrone scuro. Sembrava turbinare lentamente attorno a un vortice.
Dove si trovava, in tutto l’universo? Guardò il cielo, viola caliginoso risplendente di una miriade di soli lontani, fortuite gocce di fuoco colorato. Era giorno, oppure notte? Scrutò l’orizzonte con occhi angosciati, sudando dentro la pellicola ad aria. Le prospettive erano strane, l’illuminazione era strana, le ombre erano strane. Ovunque guardasse, ogni cosa era strana, nello stato selvaggio e non umano tipico dei mondi remoti.
«Sono nei guai,» pensò Allixter. «Sono perduto.»
Era un paesaggio squallido, una pianura offuscata tempestata di enormi rovine grigie. Dov’erano crollati i muri si vedevano dei macchinari, ruote, assi, file di ingranaggi e circuiti complessi, custodie e scatole schiacciate. Tutto era rotto, silenzioso, corroso.
Allixter riportò l’attenzione sul cilindro di dorata nebbia marrone. Quella era la cortina di arrivo, ma dov’era l’impianto per rimandarlo indietro? Di solito le due cose stavano assieme. Le creature allineate intorno al brodo esterno della piattaforma bianca si avvicinarono, apparentemente con indecisione e perplessità. Allixter non fece alcun movimento per prendere la pistola tipo JAR. Pensava che se fosse stato possibile incrociare una foca e un uomo, e piantare una palma nana di penne rosse e verdi sullo scalpo della prole, quello sarebbe stato il risultato.
Nell’avvicinarsi, osservandolo con grandi occhi dalla superficie opaca, emettevano dei suoni per comunicare, squittii, toni che ricordavano il fischiare del vento, sibili, che producevano intrappolando una sacca d’aria sotto le ascelle, e comprimendola fino a farla uscire da un lembo di pelle.
«Salute a voi, amici,» disse Allixter. «Io sono il rappresentante della Manutenzione Teletrasporto, e ho l’impressione di essere stato trasportato in una griglia totalmente differente, un milione di anni luce dalla Terra, se non di più. Temo di essere completamente separato dalle stazioni che conosco, e nemmeno il diavolo in persona saprebbe dirmi come tornare a casa.»
Mentre parlava i nativi smisero di emettere suoni, poi cominciarono di nuovo. Allixter si morse le labbra, rise per un amaro divertimento. Fece rotolare avanti e indietro il Linguaid con affetto, mormorando: «E Sam Schmitz voleva spedirmi qua fuori mezzo nudo!»
Abbassò un paio di gambe per stabilizzare il Linguaid, e tolse l’otturatore dallo schermo. «Vieni avanti, Joe,» disse facendo cenno alla creatura che stava leggermente davanti alle altre. «Proviamo a capirci l’un l’altro.»
Joe lo fissava senza rispondere. Allixter ripeté il gesto con maggiore cura. Joe scivolò avanti su gambe sinuose. «Joe, vedo che sei una creatura intelligente,» disse Allixter. «Andremo d’accordo.»
Regolò i comandi sul Ciclo A. Lo schermo si accese, dapprima bianco; poi apparvero delle figure geometriche, un cerchio, un quadrato, un triangolo, una linea e un punto.
Joe guardava intensamente, e gli altri gli si affollarono alle spalle. Allixter indicò il cerchio e disse: «Cerchio,» poi il quadrato e disse: «Quadrato,» e così via per le altre forme. Poi, facendo segno a Joe, premette il tasto di registrazione e indicò il cerchio.
Joe taceva.
Allixter lasciò andare il tasto, ripeté la serie di frettolosi insegnamenti. Di nuovo premette il tasto per la registrazione, e indicò il cerchio. Joe spremette un suono di cornamusa da sotto l’ascella. Allixter indicò le altre figure e Joe emise altri suoni.
Incoraggiato, Allixter procedette al Grado Due, l’Enumerazione. Lo schermo mostrò dei simboli che rappresentavano i numerali agglomeranti: una serie di linee, un puntino nella prima linea, due puntini nella seconda linea, tre nella terza, quattro nella quarta, e così fino a venti. Joe, attento al suo compito, emise dei suoni per i numeri. Poi lo schermo mostrò una moltitudine casuale di puntini, e Joe emise un altro suono.
Poi Allixter provò i colori. Joe fissò impassibile lo schermo. Rosso: nessuna risposta. Verde: nessuna risposta. Viola: nessuna risposta. Allixter scrollò le spalle. «Qui non ci intenderemo mai. Voi vedete a raggi infrarossi, o forse ultravioletti.»
Il ciclo passò a situazioni più complicate. Un puntino si spostava velocemente per lo schermo, seguito da un puntino che si spostava lentamente. La sequenza venne ripetuta, e Allixter indicò il primo puntino. Joe emise un suono. Allixter indicò il puntino lento e Joe emise un altro suono.
Dalla base dello schermo una linea si levò fino quasi in cima. Un’altra linea si sollevò di circa un pollice. Joe emise dei suoni che Allixter sperò fossero «lungo» e «corto», oppure «alto» e «basso».
Un cerchio si gonfiò fino quasi oltre il bordo dello schermo, e accanto vi apparve un cerchio minuscolo. I suoni di Joe per «grande» e «piccolo» entrarono nel dispositivo di memoria.
Di lì a poco le situazioni comparative si esaurirono, e lo schermo mostrò oggetti da designare con un nome: montagne, un oceano, un albero, una casa, una fabbrica, fuoco, acqua, un uomo, una donna. Poi fu la volta di oggetti più complicati: una turbina in una struttura di plastica per dare l’idea di un macchinario; il disegno convenzionale di una dinamo con un circuito esterno arrotolato su una sbarra, dal quale si irradiava un campo magnetico, poi lo stesso circuito interrotto, e lampi come di fulmine che attraversavano l’interspazio. Allixter indicò i lampi, e il Linguaid registrò il suono di Joe per l’elettricità.
Duecento nomi fondamentali vennero così registrati. Poi il ciclo passò alle relazioni interpersonali. La macchina era stata progettata per essere usata dagli uomini, e il totale delle situazioni raffigurava uomini. Allixter sperò che non insorgesse confusione.
Prima venne mostrato un uomo che aggrediva un altro uomo, colpendolo con un bastone. La vittima cadeva con il cranio fracassato. Allixter indicò; l’analizzatore archiviò la parola per morto, o cadavere. Poi l’assassino rivolse una faccia inferocita fuori dallo schermo, corse avanti con il bastone levato pronto a colpire. Joe fece un salto indietro, squittendo. Allixter, sogghignando, ripeté la sequenza, e l’analizzatore annotò la parola per nemico o assalitore, o forse aggressione.
Passò un’ora; una ventina di situazioni venne rappresentata e analizzata. Con il passare del tempo Allixter ebbe la sensazione che i nativi mostrassero segni di nervosismo. Gettavano occhiate inquiete in ogni direzione, gesticolavano con agitati svolazzamenti dell’appendice che avevano sulla testa.
Allixter scrutò l’orizzonte, ma nel perimetro della sua visione non si scorgeva alcuna minaccia. Comunque, per una sorta di simpatia, sentì i propri nervi tendersi, e trovò difficile concentrarsi sul Linguaid.
Il Ciclo A venne completato. Tutte le parole e le situazioni del vocabolario fondamentale erano state registrate, sebbene astrazioni utili e forse essenziali, come interrogativi e pronomi, fossero ancora assenti dall’archivio.
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