Roan si sentiva come spaccato in due. Nella cosa doveva esserci molto più di quel che ne sapeva lui. Cos’era a trattenerlo? Cosa gli stava legando la lingua, facendogli contrarre lo stomaco e bloccandogli la voce in gola?
Fidati di me, Roan. Fidati, soprattutto in questo.
Di colpo cedette, e con voce chioccia disse: — Questo è soltanto un localizzatore. La cosa funziona con l’energia psico-cinetica.
— L’energia cosa? Cosa? — Il Privato si rilassò così all’improvviso che parve boccheggiare.
— Si chiama TC. Telecinesi, un potere della mente.
— Dunque, in realtà non è affatto una macchina.
— Be’… sì, potremmo dire di sì. O almeno, questa è la mia teoria. — E d’un tratto dov’erano la lingua legata, lo stomaco contratto e la gola chiusa? Non c’erano più!
— Tu credi davvero in questa roba psichica?
Roan s’accorse di sorridere. — Funziona.
— Perché la tenevi nascosta?
— Lei avrebbe mai creduto in una cosa simile, Privato?
— Confesso di no.
— Be’, allora… vorrei finirla e collaudarla. Nient’altro.
— E poi che intendi farne?
Dagliela pure. La macchina, Roan… dagliela!
— Ecco, è vostra. Voglio dire, nostra. Della ditta. Che altro?
Dei due rumori che Roan udì, uno era quello di due mani guantate che si sfregavano insieme; l’altro era la risata acida di Nonnina. E non ti domanda neanche dov’era il tuo operatore psichico. Lo hai notato? Non gli passa neppure per la mente.
— Che ne pensi di lavorare con il Reparto Progetti per lo sviluppo della cosa? — domandò il Privato.
Accetta, zucchero, Io non ti lascerò nei pasticci.
— Benissimo — disse Roan.
— Non saprai mai… non puoi sapere cosa significa questo per me — disse il Privato. Per un attimo Roan temette che il vecchio gli desse una pacca su una spalla o facesse un altro gesto impensabile. — Io so riconoscere i miei errori. E pensare che avresti potuto trovarti a fare una brutta fine! Invece eccoti qua, a incrementare gli affari della ditta. Be’, hai dato una meritata lezione al tuo vecchio. Da ora in poi il tuo tempo sarà soltanto tuo. Lavora pure a tutto ciò che ti piace, ragazzo.
— Oh, questo non posso farlo, Privato.
Sì, per Dio! Sì che puoi! Sbottò la voce nel suo orecchio. E già che l’hai messo al tappeto, saltagli addosso: prenditi una casa per te.
Una casa tutta sua! Con una di quelle macchine TC sarebbe potuto andare dappertutto, ogni volta che avesse voluto. Poteva prendere con sé Val… e ritrovare Fiore!
Nonostante la brezzolina notturna faceva caldo. Il villaggio dormiva, e soltanto poche persone sedevano intorno alla grande tavola nella radura. Nel firmamento palpitavano le stelle, e dalla boscaglia provenivano i richiami dei gufi e delle civette.
— Per dirla in parole dure — stava spiegando la vecchia signora con voce tutt’altro che dura, — rovesciare un sistema culturale non è una cosa che tu possa fare in un pomeriggio. Devi prima sapere da dove viene e dove si trova adesso, prima di stabilire dove deve andare. Questo costa un bel po’ di tempo. Poi devi chiarire fino a che punto ha bisogno di cambiare, e se il cambiamento studiato da te è quello giusto. E infine è necessario che tu sia sicuro, e dico sicuro , di non spingerla oltre certi limiti, passati i quali potrebbe cadere in qualcosa di peggiore.
— Ma non per questo avrei torto a darle quella spinta — insistette Roan.
— Benedetto te, no. Non avresti affatto torto.
— Allora dimmi tutto.
— Parte di questo potrebbe ferirti.
— Oh, non ferirlo! — esclamò Fiore, scherzando solo per metà. Nel buio Roan le strinse una mano e sentì, come sempre, l’indescrivibile piacere che gli dava toccare la pelle di lei.
— Dovrò farlo, dolcezza — disse Nonnina. — Anche le vesciche e le ginocchia fanno male quando si comincia ad arare un campo, ma non c’è modo di evitarlo se si vuol vedere il grano crescere. Chi è là? — chiamò.
Dall’oscurità rispose una voce allegra: — Io, Nonnina. Prester.
— Buonasera a tutti — disse Val. I due giovani comparvero nel debole alone della lampada a vento poggiata sul tavolo. La ragazza indossava una tunichetta alla schiava in cui erano impigliati alcuni fili d’erba, e sottobraccio a Prester si muoveva come se i loro corpi fossero una cosa sola. Guardando il suo volto Roan si sentì mozzare il fiato, ma Fiore gli strinse la mano con un sorriso malizioso.
— Sedete, ragazzi, voglio che ascoltiate anche voi. Roan, la faresti una cosa per me? Una cosa difficile.
— Che cosa?
— Prometti di tener chiusa la bocca finché non avrò finito, non importa quel che dico?
— Non mi sembra difficile.
— No, eh? Bene. Fiore, rivelaci con precisione quali sono i tuoi poteri Psi.
Roan chiuse gli occhi e gli parve di rivedere la comparsa di Fiore nel suo cubicolo, i suoi gesti deliziosi quando gli aveva parlato nel cortile, la sua mano che faceva apparire un calice di liquore per lui estraendolo dall’aria. La ragazza disse: — Nessuno che io sappia, Nonnina.
— Cosa? — esplose lui.
Nonnina schioccò le dita. — Hai promesso di tapparti la bocca! — Si volse a Fiore: — E chi ha i maggiori poteri Psi, fra quanti conosci?
— Annie — rispose lei.
— La ragazzina quindicenne di cui ti ho parlato — spiegò Nonnina a Roan. — Quella che fa oscillare un bilanciere a meno di cinque metri. Taci! Lasciami finire!
Con sforzo Roan evitò di parlare, e annuì.
— In un certo modo ti abbiamo mentito — disse Nonnina, — e in un altro no. Un giorno ti ho parlato delle cose a cui stavo pensando (della nuova razza che potrà emergere in futuro; il prossimo passo in avanti), e io credo in questa cosa, Roan. Chiamalo sogno, se vuoi. E quando tu hai avuto il tuo sogno di due giorni, nello stesso breve periodo noi abbiamo visto avverarsi il nostro. Lo abbiamo messo in atto come uno spettacolo teatrale: io ti ho avuto sullo schermo della mia macchina per tutto il tempo.
«È una nuova macchina, Roan, costruita secondo una teoria nuova di cui i tecnici del transplat non immaginano neppure l’esistenza. È proprio quel che ti ho detto che era: una trasmittente di materia senza la centrale d’energia. Niente stazioni, niente macchinari, niente piattaforme. Io l’ho usata in ciascuno degli episodi Psi che tu hai creduto tali, in quei due giorni. Mi credi?
— No!
— Valerie?
— Mi piacerebbe crederti — disse lei, diffidente. — Ma ho sempre pensato che…
— È inutile che io ve ne parli con delicatezza — disse Nonnina. — Questo ti potrà tormentare per il resto della tua vita, Roan, e lo stesso per te, Valerie, e per tutti quelli che porteremo qui in futuro. Potrete razionalizzare dentro di voi questo fatto, però non vorrete mai credere che io ho davvero una nuova apparecchiatura. Taci, Roan!
«Voi due e gli altri della vostra generazione siete il primo gruppo ad aver avuto un efficace processo di condizionamento mentale nel brefotrofio. Non potete ricordarlo, e tuttavia fin dalla nascita siete stati artificialmente condizionati su due convinzioni basilari. Forse troveremo il modo di scalzarvele dalla mente. Una di queste è che il transplat rappresenta il vertice della tecnologia umana… e che ci sono solo certe cose che esso può fare, e solo un modo di farle.
«Tu sei stato condizionato più a fondo di Val, Roan, perché i maschi delle famiglie che governano i transplat hanno più probabilità degli altri di sviluppare un nuovo e indesiderato tipo di tecnologia. Ed è per questo motivo che quando ce n’è stato il mezzo a svilupparla sono state le donne. Non contorcerti così, ragazzo! L’abbiamo, che tu lo creda o no, e da ora in poi l’avremo sempre. Mi spiace… ti urta perfino sentirne parlare, e so cos’hai passato quando cercavi di venderla a tuo padre. Tremavi tanto che mi aspettavo di vederti svenire!
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