La mattina dopo, svegliandosi, cercò subito nella greppia un altro po’ di fieno; ma non lo trovò, perché l’aveva mangiato tutto nella notte.
Allora prese una boccata di paglia tritata; e in quel mentre che la stava masticando, si dovè persuadere che il sapore della paglia tritata non somigliava punto né al risotto alla milanese né ai maccheroni alla napoletana.
– Pazienza! – ripetè. – Che almeno la mia disgrazia possa servire di lezione a tutti i ragazzi che non hanno voglia di studiare. Pazienza!.. pazienza!..
– Pazienza un corno! – urlò il padrone, entrando in quel momento nella stalla. – Credi forse, mio bel ciuchino, ch’io ti abbia comprato per darti da bere e da mangiare? Io ti ho comprato perché tu lavori e perché tu mi faccia guadagnare molti quattrini. Vieni con me nel Circo e là ti insegnerò a saltare i cerchi, a rompere col capo le botti di foglio e a ballare il valzer e la polca.
Il povero Pinocchio dovè imparare tutte queste bellissime cose; ma, per impararle, gli ci vollero tre mesi di lezioni, e molte frustate da levare il pelo.
Venne finalmente il giorno, in cui il suo padrone potè annunciare uno spettacolo veramente straordinario. I cartelloni di vario coloredicevano così:
GRANDE SPETTACOLO DI GALA
Per questa sera
Sarà presentato per la prima volta Il famoso
CIUCHINO PINOCCHIO
Detto
LA STELLA DELLA DANZA
Il teatro sarà illuminato a giorno
Quella sera, come potete figurarvelo, un’ora prima che cominciasse lo spettacolo, il teatro era pieno stipato [132].
Non si trovava più né una poltrona, né un palco.
Le gradinate del Circo formicolavano di bambini, di bambine e di ragazzi di tutte le età, che avevano la febbre addosso per la smania di veder ballare il famoso ciuchino Pinocchio.
Finita la prima parte dello spettacolo, il Direttore vestito in giubba nera, calzoni bianchi e stivaloni di pelle fin sopra ai ginocchi, si presentò al pubblico e recitò con molta solennità il seguente spropositato discorso: “Rispettabile pubblico, cavalieri e dame! L’umile sottoscritto essendo di passaggio per questa illustre metropolitana, ho voluto procrearmi l’onore nonché il piacere di presentare a questo intelligente e cospicuo uditorio un celebre ciuchino. E col ringraziandoli, aiutateci della vostra animatrice presenza e compatiteci!”
Questo discorso fu accolto da molti applausi; ma gli applausi raddoppiarono alla comparsa del ciuchino Pinocchio in mezzo al Circo. Egli era tutto agghindato a festa. Aveva una briglia nuova di pelle lustra, con fibbie d’ottone; due camelie bianche agli orecchi, e la coda tutta intrecciata con nastri di velluto paonazzo e celeste.
E qui il Direttore fece una profondissima riverenza: quindi volgendosi a Pinocchio, gli disse:
– Animo, Pinocchio! Avanti di dar principio ai vostri esercizi, salutate questo rispettabile pubblico, cavalieri, dame e ragazzi!
Pinocchio, ubbidiente, piegò subito i due ginocchi davanti, e rimase inginocchiato fino a tanto che il Direttore, schioccando la frusta, non gli gridò:
– Al passo!
Allora il ciuchino si rizzò sulle quattro gambe, e cominciò a girare intorno al Circo, camminando sempre di passo.
Dopo un poco il Direttore gridò:
– Al trotto! – e Pinocchio, ubbidiente al comando, cambiò il passo in trotto.
– Al galoppo! – e Pinocchio staccò il galoppo.
– Alla carriera! – e Pinocchio si dette a correre di gran carriera. Ma in quella che correva come un barbero, il Direttore, alzando il braccio in aria, scaricò un colpo di pistola.
A quel colpo il ciuchino, fingendosi ferito, cadde disteso nel Circo, come se fosse moribondo davvero.
Rizzatosi da terra in mezzo a uno scoppio di applausi, d’urli, gli venne fatto naturalmente di alzare la testa e di guardare in su… e guardando, vide in un palco una bella signora, che aveva al collo una grossa collana d’oro dalla quale pendeva un medaglione. Nel medaglione c’era dipinto il ritratto d’un burattino.
– Quel ritratto è il mio!.. quella signora è la Fata! – disse dentro di sé Pinocchio: e lasciandosi vincere dalla gran contentezza, si provò a gridare:
– Oh Fatina mia! oh Fatina mia!..
Ma invece di queste parole, gli uscì dalla gola un raglio così sonoro e prolungato, che fece ridere tutti gli spettatori.
Allora il Direttore, per insegnargli e per fargli intendere che non è buona creanza di mettersi a ragliare in faccia al pubblico, gli dette col manico della frusta una bacchettata sul naso.
Il povero ciuchino, tirato fuori un palmo di lingua, durò a leccarsi il naso almeno cinque minuti, credendo forse così di rasciugarsi il dolore che aveva sentito.
Ma quale fu la sua disperazione quando, voltandosi in su una seconda volta, vide che il palco era vuoto e che la Fata era sparita!..
Si sentì come morire: cominciò a piangere. Nessuno però se ne accorse, e, meno degli altri, il Direttore, il quale, anzi, schioccando la frusta, gridò:
– Da bravo, Pinocchio! Ora farete vedere a questi signori con quanta grazia sapete saltare i cerchi.
Pinocchio si provò due o tre volte: ma ogni volta che arrivava davanti al cerchio, invece di attraversarlo, ci passava di sotto. Alla fine spiccò un salto e l’attraversò: ma le gambe di dietro gli rimasero disgraziatamente impigliate nel cerchio: motivo per cui ricadde in terra dall’altra parte.
Quando si rizzò, era azzoppito, e a malapena [133]potè ritornare alla scuderia.
– Fuori Pinocchio! Vogliamo il ciuchino! Fuori il ciuchino! – gridavano i ragazzi dalla platea, impietositi e commossi al tristissimo caso.
Ma il ciuchino per quella sera non si fece più rivedere.
La mattina dopo il veterinario, quando l’ebbe visitato, dichiarò che sarebbe rimasto zoppo per tutta la vita.
Allora il Direttore disse al suo garzone di stalla:
– Che vuoi tu che mi faccia d’un somaro zoppo? Sarebbe un mangiapane. Portalo dunque in piazza e rivendilo.
Arrivati in piazza, trovarono subito il compratore, il quale domandò al garzone di stalla:
– Quanto vuoi di codesto ciuchino zoppo?
– Venti lire.
– Io ti do venti soldi. Non credere che io lo compri per servirmene: lo compro unicamente per la sua pelle. Vedo che ha la pelle molto dura, e con la sua pelle voglio fare un tamburo.
Fatto sta che il compratore, appena pagati i venti soldi, condusse il ciuchino sulla riva del mare; e messogli un sasso al collo e legatolo per una zampa con una fune che teneva in mano, gli dette improvvisamente uno spintone e lo gettò nell’acqua.
Pinocchio andò subito a fondo: e il compratore, tenendo sempre stretta in mano la fune, si pose a sedere sopra uno scoglio, aspettando che il ciuchino avesse tutto il tempo di morire affogato, per poi scorticarlo e levargli la pelle.
34. Pinocchio, gettato in mare, è mangiato dai pesci e ritorna ad essere un burattino come prima: ma mentre nuota per salvarsi, è ingoiato dal terribile Pescecane
Dopo cinquanta minuti che il ciuchino era sott’acqua, il compratore disse, discorrendo da sé solo:
– A quest’ora il mio povero ciuchino zoppo deve essere affogato. Ritiriamolo dunque su, e facciamo con la sua pelle questo bel tamburo.
E cominciò a tirare la fune, con la quale lo aveva legato per una gamba: e tira, tira, alla fine vide apparire a fior d’acqua… indovinate? Invece di un ciuchino morto, vide apparire a fior d’acqua un burattino vivo.
Vedendo quel burattino di legno, il pover’uomo credè di sognare e rimase intontito, a bocca aperta e con gli occhi fuori della testa.
Riavutosi un poco dal suo primo stupore, disse piangendo:
– E il ciuchino che ho gettato in mare dov’è?…
– Quel ciuchino son io! – rispose il burattino, ridendo.
Читать дальше
Конец ознакомительного отрывка
Купить книгу