Array Карло Коллоди - Приключения Пиноккио / Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino

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Приключения Пиноккио / Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino: краткое содержание, описание и аннотация

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В книгу вошел сокращенный и упрощенный текст знаменитой сказки Карло Коллоди (1826–1890) «Приключения Пиноккио», повествующей об удивительных приключениях деревянного мальчика. Текст сказки сопровождается комментариями и упражнениями на понимание прочитанного, в конце книги расположен словарь, облегчающий чтение. Книга может быть рекомендована всем, кто продолжает изучать итальянский язык (уровень 2 – для продолжающих нижней ступени).

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Poi uscì: e si dette a cercare Lucignolo. Lo cercò nelle strade, nelle piazze, in ogni luogo: ma non lo trovò. Ne chiese notizia a quanti incontrò per la via, ma nessuno l’aveva veduto.

Allora andò a cercarlo a casa: e arrivato alla porta, bussò.

– Chi è? – domandò Lucignolo di dentro.

– Sono io! – rispose il burattino.

– Aspetta un poco, e ti aprirò.

Dopo mezz’ora la porta si aprì: e figuratevi come restò Pinocchio quando, entrando nella stanza, vide il suo amico Lucignolo con un gran berretto di cotone in testa, che gli scendeva fin sotto il naso.

Alla vista di quel berretto, Pinocchio sentì quasi consolarsi e pensò subito dentro di sé:

– Che l’amico sia malato della mia medesima malattia? Che abbia anche lui la febbre del ciuchino?…

E facendo finta di non essersi accorto di nulla, gli domandò sorridendo:

– Come stai, mio caro Lucignolo?

– Benissimo: come un topo in una forma di cacio parmigiano.

– Lo dici proprio sul serio?

– E perché dovrei dirti una bugia?

– Scusami, amico: e allora perché tieni in capo codesto berretto di cotone che ti copre tutti gli orecchi?

– Me l’ha ordinato il medico, perché mi son fatto male a un ginocchio. E tu, caro Pinocchio, perché porti codesto berretto di cotone?

– Me l’ha ordinato il medico, perché mi sono sbucciato un piede.

– Oh! povero Pinocchio!..

– Oh! povero Lucignolo!..

A queste parole tenne dietro un lunghissimo silenzio, durante il quale i due amici non fecero altro che guardarsi fra loro in atto di canzonatura.

Finalmente il burattino, con una vocina melliflua, disse al suo compagno:

– Mio caro Lucignolo: hai mai sofferto di malattia agli orecchi?

– Mai!.. E tu?

– Mai! Per altro da questa mattina in poi ho un orecchio che mi fa spasimare.

– Ho lo stesso male anch’io.

– Anche tu?… E qual è l’orecchio che ti duole?

– Tutti e due. E tu?

– Tutti e due. Che sia la medesima malattia?

– Ho paura di sì.

– Vuoi farmi un piacere, Lucignolo?

– Volentieri! Con tutto il cuore.

– Mi fai vedere i tuoi orecchi?

– Perché no? Ma prima voglio vedere i tuoi, caro Pinocchio.

– No: il primo devi essere tu.

– No, carino! Prima tu, e dopo io!

– Ebbene, – disse allora il burattino – facciamo un patto da buoni amici.

– Sentiamo il patto.

– Leviamoci tutti e due il berretto nello stesso tempo: accetti?

– Accetto.

– Dunque attenti!

E Pinocchio cominciò a contare a voce alta:

– Uno! Due! Tre!

Alla parola tre! i due ragazzi presero i loro berretti di capo e li gettarono in aria.

E allora avvenne una scena, che parrebbe incredibile, se non fosse vera. Avvenne, cioè, che Pinocchio e Lucignolo, quando si videro colpiti tutti e due dalla medesima disgrazia cominciarono ad ammiccarsi i loro orecchi cresciuti, e dopo mille sguaiataggini finirono col dare in una bella risata.

E risero, risero, risero, poi Lucignolo tutt’a un tratto si chetò, e barcollando e cambiando di colore, disse all’amico:

– Aiuto, aiuto, Pinocchio!

– Che cos’hai?

– Ohimè! non mi riesce più di star ritto sulle gambe.

– Non mi riesce più neanche a me – gridò Pinocchio, piangendo.

E mentre dicevano così, si piegarono tutti e due carponi a terra e, camminando con le mani e coi piedi, cominciarono a girare e a correre per la stanza. E intanto che correvano, i loro bracci diventarono zampe, i loro visi si allungarono e diventarono musi, e le loro schiene si coprirono di un pelame.

Ma il momento più brutto e più umiliante fu quello quando sentirono spuntarsi di dietro la coda. Vinti allora dalla vergogna e dal dolore, si provarono a piangere e a lamentarsi del loro destino.

Non lavessero mai fatto Invece di lamenti mandavano fuori dei ragli asinini - фото 4

Non l’avessero mai fatto! Invece di lamenti, mandavano fuori dei ragli asinini, facevano tutti e due in coro: j-a, j-a, j-a .

In quel frattempo fu bussato alla porta, e una voce di fuori disse:

– Aprite! Sono l’Omino, sono il conduttore del carro che vi portò in questo paese. Aprite subito, o guai a voi!

33. Diventato un ciuchino vero, è portato a vendere, e lo compra il Direttore di una compagnia di pagliacci, per insegnargli a ballare e a saltare i cerchi: ma una sera azzoppisce e allora lo ricompra un altro, per far con la sua pelle un tamburo

Vedendo che la porta non si apriva, l’Omino la spalancò con un violentissimo calcio: ed entrato nella stanza, disse col suo solito risolino a Pinocchio e a Lucignolo:

– Bravi ragazzi! Avete ragliato bene, e io vi ho subito riconosciuti alla voce. E per questo eccomi qui.

A tali parole, i due ciuchini rimasero mogi mogi [131], colla testa giù, con gli orecchi bassi e con la coda fra le gambe.

Da principio l’Omino li lisciò, li accarezzò, li palpeggiò: poi, tirata fuori la striglia, cominciò a strigliarli per bene. E quando a furia di strigliarli, li ebbe fatti lustri come due specchi, allora messe loro la cavezza e li condusse sulla piazza del mercato, con la speranza di venderli e di beccarsi un discreto guadagno.

E i compratori, difatti, non si fecero aspettare.

Lucignolo fu comprato da un contadino, e Pinocchio fu venduto al Direttore di una compagnia di pagliacci e di saltatori di corda, il quale lo comprò per ammaestrarlo e per farlo poi saltare e ballare insieme con le altre bestie della compagnia.

E ora avete capito qual era il bel mestiere che faceva l’Omino? Questo brutto mostriciattolo andava con un carro a girare per il mondo: strada facendo raccoglieva con promesse e con moine tutti i ragazzi, che avevano a noia i libri e le scuole: e dopo averli caricati sul suo carro, li conduceva nel “Paese dei balocchi” perché passassero tutto il loro tempo in giochi, in divertimenti. Quando poi quei poveri ragazzi diventavano tanti ciuchini, allora tutto allegro e contento s’impadroniva di loro e li portava a vendere sulle fiere e su i mercati. E così in pochi anni era diventato milionario.

Quel che accadesse di Lucignolo, non lo so: so, per altro, che Pinocchio andò incontro a una vita durissima.

Quando fu condotto nella stalla, il nuovo padrone gli empì la greppia di paglia: ma Pinocchio, dopo averne assaggiata, la risputò.

Allora il padrone, brontolando, gli empì la greppia di fieno: ma neppure il fieno gli piacque.

– Ah! non ti piace neppure il fieno? – gridò il padrone. – Lascia fare, ciuchino bello, che se hai dei capricci, penserò io a levarteli!..

E a titolo di correzione, gli affibbiò subito una frustata nelle gambe.

Pinocchio, dal gran dolore, cominciò a piangere e a ragliare, e ragliando disse:

– J-a, j-a, la paglia non la posso digerire!..

– Allora mangia il fieno! – replicò il padrone, che intendeva benissimo il dialetto asinino.

– J-a, j-a, il fieno mi fa dolere il corpo!..

– Pretenderesti, dunque, che un somaro, lo dovessi mantenere a petti di pollo? – soggiunse il padrone arrabbiandosi sempre più, e affibbiandogli una seconda frustata.

A quella seconda frustata Pinocchio si chetò subito e non disse altro.

Intanto la stalla fu chiusa e Pinocchio rimase solo: e perché erano molte ore che non aveva mangiato, cominciò a sbadigliare dal grande appetito.

Alla fine, non trovando altro nella greppia, si rassegnò a masticare un po’ di fieno: e dopo averlo masticato ben bene, chiuse gli occhi e lo tirò giù.

– Questo fieno non è cattivo – poi disse dentro di sé – ma quanto sarebbe stato meglio che avessi continuato a studiare!.. A quest’ora, invece di fieno, potrei mangiare un cantuccio di pan fresco e una bella fetta di salame! Pazienza!..

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