Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
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E poi cominciò ad abbaiare: e, abbaiando proprio come se fosse un cane di guardia, faceva colla voce: bù-bù-bù-bù.
A quell'abbaiata, il contadino saltò il letto, e preso il fucile e affacciatosi alla finestra, domandò:
— Che c'è di nuovo?
— Ci sono i ladri! — rispose Pinocchio.
— Dove sono?
— Nel pollaio.
— Ora scendo subito. -
E difatti, in men che si dice amen , il contadino scese: entrò di corsa nel pollaio, e dopo avere acchiappate e rinchiuse in un sacco le quattro faine, disse loro con accento di vera contentezza:
— Alla fine siete cascate nelle mie mani! Potrei punirvi, ma sì vil non sono! Mi contenterò, invece, di portarvi domani all'oste del vicino paese, il quale vi spellerà e vi cucinerà a uso lepre dolce e forte. È un onore che non vi meritate, ma gli uomini generosi, come me, non badano a queste piccolezze!… -
Quindi, avvicinatosi a Pinocchio, cominciò a fargli molte carezze, e, fra le altre cose, gli domandò:
— Com'hai fatto a scoprire il complotto di queste quattro ladroncelle? E dire che Melampo, il mio fido Melampo, non s'era mai accorto di nulla!… -
Il burattino, allora, avrebbe potuto raccontare quel che sapeva; avrebbe potuto, cioè, raccontare i patti vergognosi che passavano fra il cane e le faine: ma ricordatosi che il cane era morto, pensò subito dentro di sé: — A che serve accusare i morti?… I morti son morti, e la miglior cosa che si possa fare è quella di lasciarli in pace!…
— All'arrivo delle faine sull'aia, eri sveglio o dormivi? — continuò a chiedergli il contadino.
— Dormivo — rispose Pinocchio — ma le faine mi hanno svegliato coi loro chiacchiericci, e una è venuta fin qui al casotto per dirmi: «Se prometti di non abbaiare, e di non svegliare il padrone, noi ti regaleremo una pollastra bell'e pelata!…» Capite, eh? Avere la sfacciataggine di fare a me una simile proposta! Perché bisogna sapere che io sono un burattino, che avrò tutti i difetti di questo mondo: ma non avrò mai quello di star di balla e di reggere il sacco alla gente disonesta! -
— Bravo ragazzo! — gridò il contadino, battendogli sur una spalla. - Cotesti sentimenti ti fanno onore: e per provarti la mia grande soddisfazione, ti lascio libero fin d'ora di tornare a casa. -
E gli levò il collare da cane.
Capitolo XXIII
Pinocchio piange la morte della bella Bambina dai capelli turchini: poi trova un Colombo, che lo porta sulla riva del mare, e là si getta nell'acqua per andare in aiuto del suo babbo Geppetto.
Appena Pinocchio non sentì più il peso durissimo e umiliante di quel collare intorno al collo, si pose a scappare attraverso ai campi, e non si fermò un solo minuto finché non ebbe raggiunta la strada maestra, che doveva ricondurlo alla Casina della Fata.
Arrivato sulla strada maestra, si voltò in giù a guardare nella sottoposta pianura, e vide benissimo, a occhio nudo, il bosco, dove disgraziatamente aveva incontrato la Volpe e il Gatto: vide, fra mezzo agli alberi, inalzarsi la cima di quella Quercia grande, alla quale era stato appeso ciondoloni per il collo: ma, guarda di qui, guarda di là, non gli fu possibile di vedere la piccola casa della bella Bambina dai capelli turchini.
Allora ebbe una specie di tristo presentimento; e datosi a correre con quanta forza gli rimaneva nelle gambe, si trovò in pochi minuti sul prato, dove sorgeva una volta la Casina bianca. Ma la Casina bianca non c'era più. C'era, invece, una piccola pietra di marmo, sulla quale si leggevano in carattere stampatello queste dolorose parole:
QUI GIACE
LA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI
MORTA DI DOLORE
PER ESSERE STATA ABBANDONATA DAL SUO
FRATELLINO PINOCCHIO.
Come rimanesse il burattino, quand'ebbe compitate alla peggio quelle parole, lo lascio pensare a voi. Cadde bocconi a terra, e coprendo di mille baci quel marmo mortuario, dètte in un grande scoppio di pianto. Pianse tutta la notte, e la mattina dopo, sul far del giorno, piangeva sempre, sebbene negli occhi non avesse più lacrime: e le sue grida e i suoi lamenti erano così strazianti ed acuti, che tutte le colline all'intorno ne ripetevano l'eco.
E piangendo diceva:
«O Fatina mia, perché sei morta?… perché, invece di te, non sono morto io, che sono tanto cattivo, mentre tu eri tanto buona?… E il mio babbo dove sarà? O Fatina mia, dimmi dove posso trovarlo, ché voglio stare sempre con lui, e non lasciarlo più! più! più!… O Fatina mia, dimmi che non è vero che sei morta!… Se davvero mi vuoi bene… se vuoi bene al tuo fratellino, rivivisci… ritorna viva come prima!… Non ti dispiace a vedermi solo, abbandonato da tutti?… Se arrivano gli assassini, mi attaccheranno daccapo al ramo dell'albero… e allora morirò per sempre. Che vuoi che io faccia qui solo in questo mondo? Ora che ho perduto te e il mio babbo, chi mi darà da mangiare? Dove anderò a dormire la notte? Chi mi farà la giacchettina nuova? Oh! sarebbe meglio, cento volte meglio, che morissi anch'io! Sì, voglio morire! ih! ih! ih!…»
E mentre si disperava a questo modo, fece l'atto di volersi strappare i capelli: ma i suoi capelli, essendo di legno, non poté nemmeno levarsi il gusto di ficcarci dentro le dita.
Intanto passò su per aria un grosso Colombo, il quale soffermatosi, a ali distese, gli gridò da una grande altezza:
— Dimmi, bambino, che cosa fai costaggiù?
— Non lo vedi? piango! — disse Pinocchio alzando il capo verso quella voce e strofinandosi gli occhi colla manica della giacchetta.
— Dimmi — soggiunse allora il Colombo — non conosci per caso fra i tuoi compagni, un burattino, che ha nome Pinocchio?
— Pinocchio?… Hai detto Pinocchio? — ripeté il burattino saltando subito in piedi. - Pinocchio sono io! -
Il Colombo, a questa risposta, si calò velocemente e venne a posarsi a terra. Era più grosso di un tacchino.
— Conoscerai dunque anche Geppetto! — domandò al burattino.
— Se lo conosco! È il mio povero babbo! Ti ha forse parlato di me? Mi conduci da lui? ma è sempre vivo? rispondimi per carità; è sempre vivo?
— L'ho lasciato tre giorni fa sulla spiaggia del mare.
— Che cosa faceva?
— Si fabbricava da sé una piccola barchetta, per traversare l'Oceano. Quel pover'uomo sono più di quattro mesi che gira per il mondo in cerca di te: e non avendoti potuto mai trovare, ora si è messo in capo di cercarti nei paesi lontani del nuovo mondo.
— Quanto c'è di qui alla spiaggia? — domandò Pinocchio con ansia affannosa.
— Più di mille chilometri.
— Mille chilometri? O Colombo mio, che bella cosa potessi avere le tue ali!…
— Se vuoi venire, ti ci porto io.
— Come?
— A cavallo sulla mia groppa. Sei peso dimolto?
— Peso? tutt'altro! Son leggiero come una foglia. -
E lì, senza stare a dir altro, Pinocchio saltò sulla groppa al Colombo; e messa una gamba di qui e l'altra di là, come fanno i cavallerizzi, gridò tutto contento: «Galoppa, galoppa, cavallino, ché mi preme di arrivar presto!…»
Il Colombo prese l'aìre e in pochi minuti arrivò col volo tanto in alto, che toccava quasi le nuvole. Giunto a quell'altezza straordinaria, il burattino ebbe la curiosità di voltarsi in giù a guardare: e fu preso da tanta paura e da tali giracapi che, per evitare il pericolo di venir di sotto, si avviticchiò colle braccia, stretto stretto, al collo della sua piumata cavalcatura.
Volarono tutto il giorno. Sul far della sera, il Colombo disse:
— Ho una gran sete!
— E io una gran fame! — soggiunse Pinocchio.
— Fermiamoci a questa colombaia pochi minuti; e dopo ci rimetteremo in viaggio, per essere domattina all'alba sulla spiaggia del mare. -
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