1 ...8 9 10 12 13 14 ...19 Le due guardie all’esterno stavano parlando in tedesco. Rais le ascoltò con attenzione; quella sulla sinistra, Luca, sembrava lamentarsi del fatto che sua moglie stava prendendo peso. Rais quasi sbuffò; l’uomo era ben lontano da potersi definire in forma lui stesso. L’altro, un ragazzo di nome Elias, era più giovane e atletico, ma beveva caffè in dosi che sarebbero stati letali per la maggior parte degli esseri umani. Ogni notte, tra i novanta minuti e le due ore dopo l’inizio del turno, Elias chiamava l’agente di sicurezza notturno per poter andare in bagno. Mentre era via, ne approfittava per uscire a fumare, quindi durante la pausa bagno rimaneva via tra gli otto e gli undici minuti. Rais aveva passato molte delle notti precedenti contando i secondi della sua assenza.
Era una finestra d’opportunità molto stretta, ma lui era addestrato.
Infilò la mano sotto le lenzuola alla ricerca della clip affilata e la tenne tra le punte delle dita. Poi, facendo attenzione, la gettò ad arco sopra il proprio corpo. Gli atterrò facilmente nel palmo della mano destra.
La seguente era la parte più difficile del suo piano. Tirò il polso fino a tendere la catena delle manette, e in quella posizione voltò la mano per infilare la punta affilata della clip nella serratura che lo teneva bloccato alle sponde del letto. Era complicato e doloroso, ma aveva già scassinato altre manette in passato, e sapeva che il meccanismo di chiusura all’interno era progettato perché una chiave universale potesse aprirne ogni paia. Dato che conosceva il funzionamento della serratura doveva solo eseguire i movimenti giusti per far scattare i perni. Ma era necessario che la catena fosse ben tesa, per evitare che le manette sferragliassero contro le sponde del letto e allertassero le guardie.
Gli servirono quasi venti minuti di contorcimenti, piegamenti e brevi pause per alleviare il dolore alle dita e riprendere il tentativo, ma alla fine la serratura scattò e la manetta si aprì. Rais la sfilò con attenzione dalla sponda.
Aveva una mano libera.
Si tese e liberò rapidamente la sinistra.
Così erano libere entrambe.
Infilò la clip sotto le lenzuola e afferrò la parte superiore della penna, stringendola nel palmo perché solo la punta fosse esposta.
Fuori dalla porta, l’agente più giovane si alzò all’improvviso. Rais trattenne il fiato e si finse addormentato mentre Elias gli lanciava un’occhiata.
“Chiama Francis, per favore?” disse l’agente in tedesco. “Devo andare a pisciare.”
“Certo,” rispose Luca con uno sbaglio. Usò la radio per contattare la sorveglianza notturna dell’ospedale, che di solito era stazionata dietro la reception al primo piano. Rais aveva visto Francis diverse volte; era un uomo di una certa età, sulla sessantina, forse persino con qualche anno di più, con un fisico snello. Era armato di pistola ma si muoveva con lentezza.
Era proprio quello che Rais aveva sperato. Non voleva lottare contro l’agente di polizia più giovane finché era ancora tanto debole.
Tre minuti più tardi apparve Francis, nella sua uniforme bianca e la cravatta nera, ed Elias si affrettò verso il bagno. I due uomini fuori dalla porta si scambiarono convenevoli mentre la guardia dell’ospedale si accomodava con un sospiro sulla sedia di plastica lasciata vuota dal giovane.
Era tempo di agire.
Rais scivolò lentamente verso il bordo del letto e abbassò i piedi nudi sulle piastrelle fredde. Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva usato le gambe, ma era certo che i suoi muscoli non si fossero atrofizzati tanto da essere inservibili.
Si alzò con cura e in silenzio, ma poi gli cedettero le ginocchia. Strinse l’orlo del letto per sopportarsi e lanciò un’occhiata alla porta. Non arrivò nessuno; fuori continuavano a chiacchierare. I due uomini non avevano sentito niente.
Si raddrizzò tremante e ansimando, e fece qualche passo silenzioso. Certo, aveva le gambe deboli, ma quando era necessario era sempre forte, e così doveva essere in quel momento. Il camice d’ospedale gli ondeggiò attorno, aperto sulla schiena. L’immodesto indumento lo avrebbe solo ostacolato, quindi se lo tolse con uno strattone, rimanendo sfrontatamente nudo nella stanza.
Con la punta della penna nel pugno, prese posizione appena dietro la porta aperta, ed emise un basso fischio.
L’improvviso raschio delle gambe delle sedie gli disse che entrambi gli uomini lo avevano sentito e si erano alzati. La stazza di Luca riempì la porta, mentre l’uomo scrutava dentro la stanza buia.
“ Mein Gott !” mormorò quando entrò e vide il letto vuoto.
Francis lo seguì, con la mano sulla fondina della pistola.
Non appena l’agente più anziano ebbe varcato la soglia, Rais fece un balzo avanti. Spinse la punta della penna nella gola di Luca e la torse, aprendogli la carotide. Il sangue spruzzò copioso dalla ferita aperta, e in parte schizzò sul muro davanti.
Lasciò andare la punta e assalì Francis, che stava cercando di liberare la pistola. Sgancia, estrai dalla fondina, togli la sicura, punta : la reazione della guardia più anziana era lenta, e gli costò diversi preziosi secondi che semplicemente non aveva.
Rais gli sferrò due colpi, il primo verso l’alto appena sotto l’ombelico, seguito subito da uno verso il basso al plesso solare. Uno gli riempì i polmoni d’aria, mentre l’altro lo costrinse bruscamente a esalare, e sul suo fisico confuso ebbero un effetto così scioccante e inaspettato da fargli appannare la vista e perdere i sensi.
Francis barcollò, non riuscendo più a respirare, e cadde in ginocchio. Rais si portò con una piroetta alle sue spalle, e con un gesto fluido gli spezzò il collo.
Luca si stava stringendo la gola con entrambe le mani mentre sanguinava, emettendo gorgoglii e leggeri ansimi. Rais lo guardò e contò fino a undici, quando finalmente l’uomo svenne. Senza fermare il flusso sanguigno sarebbe morto in meno di un minuto.
Sfilò le pistole a entrambe le guardie e le appoggiò sul letto. La fase seguente del suo piano non sarebbe stata semplice: doveva sgattaiolare lungo il corridoio, senza essere visto, fino al ripostiglio dove erano conservati i camici di ricambio. Non poteva lasciare l’ospedale nell’uniforme di Francis, era troppo riconoscibile, né in quella di Luca che ormai era fradicia di sangue.
Udì una voce maschile in fondo al corridoio e si fermò.
Era l’altro agente, Elias. Così presto? Fu assalito dall’ansia. Poi sentì una seconda voce, quella dell’infermeria notturna, Elena. A quanto pareva il ragazzo aveva saltato la pausa sigaretta per chiacchierare con la giovane e attraente infermiera, e ora entrambi erano diretti verso la sua stanza. Sarebbero arrivati in pochi secondi.
Avrebbe preferito non dover uccidere la donna. Ma se doveva scegliere tra lei e se stesso, Elena non avrebbe avuto scampo.
Afferrò una delle pistole dal letto. Era una Sig P220, tutta nera, calibro 45. La strinse nella mano sinistra. Il suo peso era gradevole e familiare, come una vecchia fiamma. Con la destra strinse la metà aperta delle manette. E poi rimase in attesa.
Le voci nel corridoio si ammutolirono.
“Luca?” chiamò Elias. “Francis?” Il giovane agente aprì la chiusura della fondina e mise la mano sulla pistola, entrando nella camera buia. Elena si insinuò dietro di lui.
Gli occhi dell’agente si sgranarono per l’orrore alla vista dei due cadaveri.
Rais abbatté il gancio delle manette aperte nel lato del collo del giovane uomo, e poi tirò il braccio all’indietro. Il metallo gli morse il polso e le ferite nella schiena bruciarono, ma lui ignorò il dolore e tagliò la gola dell’agente. Il sangue schizzò in enorme quantità e colò su di lui.
Con la mano sinistra premette la Sig alla fronte di Elena.
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