Dan Brown - La verità del ghiaccio

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La verità del ghiaccio: краткое содержание, описание и аннотация

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Un meteorite, sepolto sotto i ghiacci del circolo polare artico, è stato localizzato dalla Nasa e sembra contenga fossili di insetti che proverebbero una volta per tutte l'esistenza di vite extraterrestri. Prima di divulgare la notizia, il presidente degli Stati Uniti vuole essere sicuro dell'autenticità della scoperta, anche per non compromettere la sua futura (ma già incerta) rielezione. La giovane Rachel Sexton e il professor Michael Tolland sono inviati sul posto insieme ad altri studiosi ma presto si rendono conto che si tratta di una truffa colossale, orchestrata ad arte. Ma da chi? E chi ha assoldato la banda di killer che li ha presi di mira, costringendoli a scappare e a rifugiarsi tra i banchi galleggianti di ghiaccio?

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"Charlotte." Il nome le suonò vagamente familiare. «Sexton» rispose. «Sono Rachel Sexton.»

L'uomo parve perplesso. Si accostò per studiarla meglio. «Per la miseria! Ma allora è proprio lei!»

Rachel era smarrita. "Mi conosce?" Lei era certa di non averlo mai visto anche se, quando abbassò lo sguardo dal viso alla mostrina che aveva sul petto, riconobbe il noto emblema dell'aquila con l'ancora tra gli artigli circondato dalle parole US NAVY.

Allora comprese perché il nome Charlotte le evocava qualcosa.

«Benvenuta a bordo, signora Sexton» disse il comandante. «Lei ha sintetizzato parecchi rapporti sulle ricognizioni di questa nave. So bene chi è.»

«Ma che ci fate in queste acque?» balbettò Rachel.

Il viso si indurì. «Francamente, stavo per rivolgerle la stessa domanda.»

Tolland si mise lentamente a sedere. Stava per parlare, quando Rachel lo zittì con un cenno deciso del capo. "Non qui. Non ora." Era più che sicura che lui e Corky avrebbero voluto raccontare subito del meteorite e dell'aggressione, ma non erano argomenti da trattare davanti all'equipaggio di un sottomarino militare. Nel mondo dell'intelligence, a prescindere da quale fosse il problema del momento, valeva sempre il livello di "autorizzazione all'accesso di informazioni riservate". La storia del meteorite era per il momento top secret.

«Devo parlare con il direttore dell'NRO, William Pickering» disse lei. «In privato, e immediatamente.»

Il comandante si mostrò perplesso, chiaramente non abituato a ricevere ordini a bordo della sua nave.

«Ho bisogno di comunicargli dati riservati» insistette Rachel.

Brown la studiò per qualche momento. «Lasciamo che il suo corpo riacquisti la temperatura normale, poi la metterò in contatto con il direttore dell'NRO.»

«È urgente, signore. Io…» Rachel si interruppe. Aveva appena visto l'orologio sulla parete sopra l'armadio dei medicinali. 19:51.

Batté gli occhi, stupita. «Funziona quell'orologio?»

«Lei si trova su una nave della marina americana, signora. I nostri orologi sono sempre esatti.»

«E quello è… regolato sul fuso orario della costa orientale?»

«Certo, 19:52, fuso orientale. Siamo al largo di Norfolk.»

"Dio mio! Sono solo le otto meno dieci?" Aveva l'impressione di essere rimasta svenuta per ore, e invece non erano neppure le venti. "Il presidente non ha ancora annunciato ufficialmente la scoperta del meteorite. Forse riesco a fermarlo!" Scivolò giù dal lettino, stringendosi nella coperta, malferma sulle gambe. «Devo parlare immediatamente con il presidente.»

Il comandante parve confuso. «Il presidente di che?»

«Degli Stati Uniti!»

«Avevo capito che volesse William Pickering.»

«Non c'è tempo. Ho bisogno del presidente.»

Il comandante le bloccò la strada con l'imponente corporatura. «A quel che so, il presidente sta per iniziare un'importante conferenza stampa, che verrà trasmessa in diretta. Dubito che accetti telefonate personali.»

Rachel si drizzò in tutta la sua altezza e fissò gli occhi in quelli scuri del comandante. «Signore, lei non ha l'autorizzazione per il tipo di informazioni di cui dispongo, ma sappia che il presidente sta per compiere un errore madornale. Devo assolutamente comunicargli una cosa. Subito. Si fidi di me.»

Il comandante la squadrò a lungo, poi, aggrottando la fronte, controllò di nuovo l'ora. «In nove minuti? Non posso stabilire un collegamento sicuro con la Casa Bianca in così poco tempo. La sola cosa che sono in grado di offrirle è un radiotelefono. Non sicuro. E inoltre dobbiamo raggiungere la quota periscopio, che richiede…»

«Lo faccia! E subito!»

67

Il centralino della Casa Bianca era situato al piano terra dell'ala Est. Vi erano sempre tre operatori in servizio. Al momento, soltanto due erano seduti davanti alla console, la terza stava correndo a perdifiato verso la sala stampa con un cordless in mano. Aveva cercato di passare la telefonata nello Studio Ovale, ma il presidente era già uscito, allora aveva chiamato i cellulari dei suoi assistenti, ma erano staccati, come sempre prima dei messaggi televisivi.

Portare un cordless direttamente al presidente in un momento del genere sembrava quanto meno poco opportuno, ma quando la referente dell'NRO presso la Casa Bianca le aveva detto che si trattava di un'informazione che il presidente doveva assolutamente avere prima di andare in onda, la centralinista era partita in quarta. Il problema, a quel punto, era arrivare in tempo.

Nella piccola infermeria a bordo del Charlotte , Rachel Sexton stringeva all'orecchio il ricevitore, ansiosa di parlare con il presidente. Tolland e Corky le stavano vicino, ancora stravolti. Corky aveva sullo zigomo cinque punti e un'enorme ecchimosi. Erano stati aiutati a indossare biancheria termica in Thinsulate e pesanti tute della marina, calzini di lana sovradimensionati e stivali. Con una tazza di caffè bollente in mano, Rachel cominciava a sentirsi di nuovo in forze.

«Ma cosa aspettano?» disse Tolland, angosciato. «Sono le sette e cinquantasei!»

Rachel non capiva. Era riuscita a contattare una centralinista della Casa Bianca, si era presentata e le aveva spiegato che si trattava di un'emergenza. Era parsa comprendere, l'aveva messa in attesa e, in quel momento, presumibilmente stava facendo il possibile per metterla in comunicazione con il presidente.

"Quattro minuti! Sbrigati!"

Rachel chiuse gli occhi e cercò di raccogliere le idee. Era stata una giornata infernale. "Mi trovo su un sottomarino nucleare" si disse, conscia di essere maledettamente fortunata a trovarsi da qualche parte. A detta del comandante, il Charlotte pattugliava il mare di Bering quando, due giorni prima, aveva recepito suoni anomali sott'acqua nella zona della banchisa di Milne: trivellazioni, rumore di un jet, intenso traffico radio captato. Aveva ricevuto ordine di spostarsi e rimanere in ascolto. Un'ora prima, udito un boato sulla banchisa, si erano avvicinati per controllare. Era stato allora che avevano captato l'SOS di Rachel.

«Mancano tre minuti!» esclamò Tolland con ansia.

Rachel sentiva crescere la tensione. Perché impiegavano tanto? Perché il presidente non prendeva la sua chiamata? Se Zach Herney avesse diffuso quei dati…

Rachel si costrinse a scacciare quel pensiero e scosse il ricevitore. "Rispondi!"

Quando la centralinista si precipitò verso la porta che dava sul palco della sala stampa, incontrò un folto stuolo di persone in grande agitazione, prese dagli ultimi preparativi. Il presidente, a pochi metri da lei, era pronto a fare il suo ingresso. I truccatori erano ancora all'opera.

«Lasciatemi passare!» gridò la centralinista, cercando di farsi strada tra la ressa. «Una telefonata per il presidente. Scusate. Permesso!»

«Due minuti alla messa in onda!» gridò il coordinatore.

Stringendo il telefono, la centralinista si spinse avanti. «Telefonata per il presidente!» ansimò. «Permesso!»

Una figura torreggiante si parò davanti a lei: Marjorie Tench. Il lungo viso del consigliere la squadrò dall'alto in basso con aria di disapprovazione. «Cosa succede?»

«Un'emergenza!» Era senza fiato. «Telefonata urgente per il presidente!»

La Tench parve incredula. «Ma per piacere, la smetta!»

«È Rachel Sexton. Dice che è urgente.»

La smorfia che distorse i lineamenti della Tench parve più di perplessità che di collera. Posò gli occhi sul cordless. «Quella è una linea interna. Non è sicura.»

«Infatti, signora, ma comunque la chiamata in entrata arriva da un radiotelefono. Una comunicazione urgente per il presidente.»

«In onda tra novanta secondi!»

La Tench le rivolse un'occhiata gelida prima di tendere una mano da ragno. «Mi passi quel telefono.»

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