La centralinista sentì accelerare il battito cardiaco. «La signora Sexton vuole parlare direttamente con il presidente Herney. Mi ha detto di far rinviare la conferenza stampa a dopo la telefonata. Le ho assicurato…»
La Tench mosse un passo verso la donna. «Lasci che le spieghi come funzionano le cose» le sibilò. «Lei non prende ordini dalla figlia dell'avversario del presidente, ma da me. Posso assicurarle che non si avvicinerà a lui se prima io non scopro che cosa diavolo sta succedendo.»
La centralinista lanciò un'occhiata al presidente, circondato da tecnici dei microfoni, parrucchieri e vari membri dello staff che gli comunicavano le ultime modifiche al suo discorso.
«Sessanta secondi!» gridò il regista.
A bordo del Charlotte , Rachel Sexton camminava avanti e indietro nel piccolo locale quando finalmente sentì un clic sulla linea del telefono.
Fu una voce rauca a rispondere. «Pronto?»
«Presidente Herney?»
«Sono Marjorie Tench, consigliere del presidente. Chiunque lei sia, devo avvertirla che gli scherzi telefonici alla Casa Bianca violano…»
"Ma per l'amor del cielo!" «Questo non è uno scherzo! Sono Rachel Sexton, la vostra referente all'NRO, e…»
«So benissimo chi è Rachel Sexton, signora, e dubito che sia lei. Chiama la Casa Bianca su una linea non sicura e mi dice di interrompere un importantissimo comunicato presidenziale: decisamente un comportamento poco professionale per una…»
«Ascolti» gridò Rachel, furibonda «poche ore fa ho informato tutto il suo staff del ritrovamento di un meteorite, e lei era seduta in prima fila. Ha seguito il mio discorso su un televisore posto sulla scrivania del presidente. Qualche domanda?»
La Tench rimase per un attimo in silenzio. «Signora Sexton, che significa tutto questo?»
«Significa che deve fermare il presidente! I dati sul meteorite non sono corretti! Abbiamo appena saputo che è stato inserito da sotto la banchisa. Non so chi sia stato e perché l'abbia fatto, ma le cose non sono come appaiono, quassù! Il presidente sta per diffondere informazioni profondamente errate e io le consiglio vivamente…»
«Aspetti un minuto, per la miseria!» La Tench abbassò la voce. «Ma si rende conto di ciò che dice?»
«Sì! Sospetto che il direttore della NASA abbia orchestrato una messinscena su grande scala e intenda mettere in mezzo il presidente Herney. Deve almeno rinviare di dieci minuti, così che io gli possa spiegare che cos'è successo quassù. Accidenti, qualcuno ha cercato di uccidermi!»
Il tono della Tench divenne gelido. «Signora Sexton, una sola parola di avvertimento. Per quanto riguarda il suo coinvolgimento nella campagna della Casa Bianca, se ci ha ripensato, avrebbe dovuto decidersi prima di assicurare personalmente al presidente che i dati sono corretti.»
«Cosa?» "Ma mi ascolta, almeno?"
«La sua uscita mi disgusta. Usare una linea telefonica non sicura è una trovata penosa. Lasciare intendere che i dati sul meteorite sono falsi! Ma quale agente dell'intelligence usa un radiotelefono per chiamare la Casa Bianca e dare informazioni riservate? Evidentemente lei spera che qualcuno intercetti il messaggio.»
«Norah Mangor è stata uccisa per questa storia! E anche il dottor Ming è morto. Deve avvisare…»
«La smetta subito! Non so a che gioco stia giocando, ma ricordo a lei — e a chiunque stia intercettando questa telefonata — che la Casa Bianca possiede la registrazione delle dichiarazioni ufficiali dei migliori scienziati della NASA, di parecchi scienziati civili di chiara fama e anche le sue , signora Sexton. Tutti voi avete confermato che i dati sul meteorite sono esatti. Perché all'improvviso ha cambiato versione posso soltanto immaginarlo. Ma quale che sia la ragione, si consideri sollevata dall'incarico che le è stato affidato dalla Casa Bianca a partire da adesso, e se cerca di gettare un'ombra su questa scoperta con altre assurde accuse di imbrogli, le assicuro che la Casa Bianca e la NASA la citeranno in giudizio per diffamazione tanto in fretta che finirà in prigione prima di avere avuto il tempo di fare la valigia.»
Rachel fece per ribattere, ma non riuscì a spiccicare parola.
«Zach Herney è stato generoso con lei» la aggredì la Tench «e, francamente, questo mi puzza di meschina trovata pubblicitaria di Sexton. La pianti, oppure la denunciamo. Lo giuro.»
La comunicazione fu interrotta.
Rachel era ancora a bocca aperta quando il comandante bussò alla porta.
«Signora Sexton?» disse, facendo capolino dalla fessura. «Riceviamo un debole segnale dalla radio nazionale canadese. Il presidente Zach Herney ha appena iniziato la conferenza stampa.»
Zach Herney, salito sul podio, sentì su di sé il calore dei riflettori e capì che il mondo lo stava guardando. Il blitz mirato messo a segno dall'ufficio stampa della Casa Bianca aveva acceso l'interesse dei media. Chi non aveva saputo del messaggio presidenziale da televisione, radio, o notiziari online, invariabilmente ne aveva sentito parlare da vicini, colleghi o familiari. Alle otto in punto di sera, chiunque non vivesse in una grotta faceva illazioni sull'oggetto dell'imminente discorso del presidente. Nei bar e nei salotti, in ogni parte del pianeta, milioni di persone si protendevano verso il televisore in ansiosa aspettativa.
In momenti come quelli, quando affrontava il mondo intero, Zach Herney percepiva il peso della propria carica. Chi sostiene che il potere non crea dipendenza non l'ha mai sperimentato davvero. Peraltro, quando iniziò a parlare, provò una sensazione di disagio. Non era il tipo da lasciarsi intimorire dalla ribalta, e quindi lo stupì quel lieve senso di apprensione.
"È per la risonanza dell'evento" si disse, ma l'istinto gli suggeriva che c'era dell'altro. Qualcosa che aveva visto.
Una piccola cosa, eppure…
Si impose di non pensarci. Non era niente di importante, però continuava a tornargli in mente.
"Tench."
Pochi minuti prima, mentre si preparava a salire sul palco, l'aveva vista nel corridoio intenta a parlare al cordless. Era già strano di per sé, ma ancora più inconsueta era la presenza, accanto a lei, di una centralinista in stato di agitazione. Herney non aveva potuto udire la conversazione, ma aveva capito che la Tench era molto alterata. Discuteva con veemenza e una rabbia che raramente aveva riscontrato, perfino in lei. Herney catturò i suoi occhi e le rivolse uno sguardo interrogativo.
La Tench gli mostrò il pollice sollevato. Non le aveva mai visto fare quel gesto. Fu l'ultima immagine che si stampò nella mente del presidente prima che gli venisse data la battuta d'entrata.
Sul tappeto blu nell'area stampa all'interno dell'habisfera, sull'isola di Ellesmere, il direttore Lawrence Ekstrom e alcuni dei più eminenti ufficiali e scienziati della NASA sedevano al lungo tavolo da conferenze. Su un grande monitor seguivano in diretta il discorso di apertura del presidente. Il resto del personale si accalcava ecdtato intorno agli altri schermi quando il comandante in capo diede inizio alla conferenza stampa.
«Buonasera ai miei connazionali, e ai nostri amici di tutto il mondo…» stava dicendo Herney, in un tono insolitamente teso.
Ekstrom landò un'occhiata all'enorme meteorite in bella mostra davanti a sé. Poi fissò un monitor in standby e si osservò, affiancato dai suoi più autorevoli colleghi, contro lo sfondo di un'enorme bandiera americana e il logo della NASA. L'illuminazione a effetto faceva apparire la scena come un quadro postmoderno: i dodici apostoli all'Ultima Cena. Zach Herney aveva trasformato quella storia in uno show politico. "Ma non aveva scelta." Ekstrom si sentiva ancora come un predicatore televisivo che rifili Dio alle masse.
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