Carol O'Connell - La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio

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Un'anziana ex prostituta viene aggredita, ferita e poi impiccata in uno squallido monolocale di New York. Candele e barattoli pieni di insetti ne circondano il corpo senza vita. La polizia pensa al sinistro rituale di un folle, ma Kathy Mallory, agente della omicidi dai trascorsi misteriosi e dalla mente contorta non è convinta. Comincia a scavare negli archivi della centrale, a caccia di indizi su un delitto avvenuto anni prima. E scopre che da quel momento qualcuno aspetta che venga l'ora della giustizia. Della vendetta.

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Il tenente Coffey le aveva ordinato di lasciare l'agenzia e Riker, quella sera, ammirò l'elegante soluzione trovata da Mallory. C'era una nuova targa appesa alla porta: quella che prima era la Mallory & Butler Ltd adesso era la Butler & Company. Era diventata un partner invisibile.

Attirato dal profumo, il detective attraversò il corridoio, diretto all'appartamento di Butler. Secondo il suo fiuto per il cibo da asporto, si trattava di cucina cinese. Prima che potesse bussare, la porta si aprì e si trovò di fronte a Charles Butler.

L'uomo era più alto della media e anche il naso era fuori misura, un naso sul quale avrebbe potuto comodamente posarsi un piccione. Gli occhi sporgenti, le palpebre pesanti, le piccole iridi blu, davano a Charles uno sguardo spaventato, simile a quello delle rane e dei cavalli imbizzarriti. Dal collo in giù, madre natura era stata generosa con quell'uomo. Il corpo di Butler era ben fatto, proporzionato e potente.

«Ciao, Riker.» Quando sorrideva sembrava un pazzo, anche se del tipo affascinante. Butler ne era consapevole, per questo sorridere lo imbarazzava.

«Allora, come va?» Riker notò che l'amico stranamente non indossava giacca e cravatta, ma portava una camicia di jeans che profumava di soldi. Si capiva da come gli donava. Probabilmente Mallory gli aveva presentato il sarto che le cuciva i jeans su misura. I due soci avevano qualche difficoltà con il concetto di abbigliamento sportivo.

«Ho sentito che sei in vacanza.»

«Sì, è un'idea di Mallory.» Charles si tolse dagli occhi una ciocca di capelli castani. Dimenticava spesso l'appuntamento con il barbiere. «Niente clienti fino all'autunno.» Improvvisamente sembrò preoccupato: «Mallory sta bene vero? Non sei venuto per dirmi che…».

«Sta bene. Avrei dovuto chiamare, scusa.» Riker era sinceramente dispiaciuto. Charles doveva aver pensato che fosse venuto a comunicargli la prematura morte di Mallory. «È tardi. È meglio che vada.»

«Che sciocchezza. Sono contento di vederti.» Charles si fece da parte per lasciar entrare l'ospite. «Ero preoccupato perché avevamo prenotato un ristorante, ma non era in casa quando…»

«Non ha chiamato per avvisarti? La sgrido io, stai tranquillo.»

Ecco spiegato il profumo di cucina cinese nella casa di un ottimo cuoco. Riker attraversò l'ingresso e si fermò in soggiorno. «Ti ha rifatto l'impianto stereo, vero?»

«E come lo sai?»

«Sono un detective.» La perfezione era la firma di Mallory. Aveva reso invisibili l'apparecchiatura, i cavi e le casse. Il suono era straordinario e ti dava l'impressione di avere un'orchestra nel cervello. Nella macchina di Mallory non esistevano CD e Riker si era sempre domandato che razza di musica potesse piacerle.

«Bevi qualcosa?»

«Una birra, grazie.» Riker sprofondò nel divano mentre Charles attraversava l'austera sala da pranzo per andare in cucina. Nonostante fosse stato in quell'appartamento parecchie volte, passò in rassegna la stanza arredata con preziosi mobili d'antiquariato, dalle pareti coperte di pannelli di legno. Libri e giornali erano impilati sulle sedie, segno che Charles aveva troppo tempo libero. Trovò quello che stava cercando: una ciotola di noccioline parzialmente nascosta da un giornale. Le aveva già divorate al ritorno di Charles, che portava le birre in due boccali ghiacciati. Chiunque tenesse i boccali per la birra nel freezer poteva contare sull'eterna amicizia di Riker.

«Sai…» Prendendo la sua birra, il detective vide un biscotto della fortuna sul tavolino accanto al divano. «Non è esattamente una visita di cortesia.» Afferrò il biscotto, poi, ricordandosi le buone maniere, chiese: «Ti dispiace?».

«Fai pure.» Charles si sistemò sulla poltrona. «Cosa posso fare per te?»

Riker sbottonò la giacca e mostrò il libro bagnato.

«Puoi sistemarlo?»

Charles osservò cowboy e pistole sulla copertina fradicia. L'espressione del suo viso era l'equivalente educato di Merda. Abbozzò un sorriso. «Credo di sì, ma occorrerà un po' di tempo.»

«Non c'è fretta.» Riker aprì il biscotto e guardò il foglietto cadere sul pavimento. Non lo raccolse: Riker era tra i pochissimi al mondo che mangiava quei biscotti, invece di limitarsi a leggere la frase all'interno. Si guardò intorno cercandone un altro.

Charles si allontanò per un attimo, e quando ricomparve portava un panino avvolto in un tovagliolo. Riker fu felice di scambiare il libro bagnato per un panino con il roast beef. Un secondo dopo la sua felicità era dissolta: Charles stava sfogliando il libro, e Riker notò un pezzo di carta incollato alla copertina.

Se non fosse stato così stanco e affamato, avrebbe pensato di esaminare il libro prima di consegnarlo. «Che cos'è?»

«Una ricevuta.» Charles delicatamente staccò il pezzo di carta. «E di Warwick libri usati. Strano. Credevo di conoscere tutte le librerie di Manhattan.» Chiuse il libro e fissò la copertina sbiadita. «Sembra che per te sia importante.» Era troppo discreto per chiedere perché.

«Non se ne trovano più. È uscito di stampa quarant'anni fa. È l'ultimo libro scritto da Jake Swain.» Riker divorò il panino, scolò la birra, cercando le parole. Lo sceriffo Peety cavalca ancora. Come si chiamava l'altro personaggio? L'aveva dimenticato, sperava di averlo cancellato dalla mente per sempre.

«È meglio che mi dia da fare prima che si asciughi.» Charles si alzò e passò nell'altra stanza.

Riker lo seguì in biblioteca. I muri erano alti più di tre metri, rivestiti da un mosaico di copertine di pelle. Una porta ricavata nella scaffalatura conduceva a un'altra piccola stanza.

Barattoli di colla, rotoli di carta, pennelli, pinzette e rocchetti di filo erano sistemati su un lungo tavolo dove il bibliofilo riparava i libri della sua collezione. Charles spostò dei volumi istoriati d'oro per fare spazio a un tascabile costato cinquanta centesimi.

«Non devi dire nulla a Mallory» disse Riker. «Devi promettermelo. Il libro è suo, non voglio che sappia che l'ho rovinato.»

Charles era una di quelle persone che è meglio non far sedere al tavolo da poker. Era trasparente. Ora stava pensando che Riker mentiva. L'ufficio oltre il corridoio conteneva tutti i libri di Mallory. Quasi tutta informatica, niente narrativa. E prima di lasciare il college per entrare nella polizia, aveva frequentato la prestigiosissima Barnard per due anni. Quel libro non poteva appartenere a lei.

«D'accordo.» Charles si allungò per prendere la carta assorbente da una mensola sopra il tavolo da lavoro. «Non sei mai stato qui. Questa conversazione non è mai avvenuta.»

«Grazie.» Riker sapeva che nel frattempo Charles aveva messo in moto il cervello e cercava di capire che cosa stesse accadendo.

Staccò il blocco di pagine dal dorso. Il nervosismo del suo ospite era evidente. «Non preoccuparti. Tornerà come nuovo.» Dopo aver messo da parte la copertina, tolse la prima pagina di pubblicità per osservare meglio la successiva. La sua faccia diceva che adesso tutto era chiaro. «Non posso asciugare questa pagina, l'inchiostro scolorirebbe completamente. Posso salvare la dedica, ma la firma di Louis è andata.»

«Cosa?» chiese il detective sforzandosi di dissimulare la propria sorpresa.

«Questa è la calligrafia di Louis Markowitz, giusto? Immagino saranno guai quando Mallory vedrà il disastro.»

Riker osservò la dedica scarabocchiata nella strana grafia del suo vecchio amico, e sotto la macchia blu della firma. «No. Mallory non ne sa niente. Contavo di farglielo avere fra qualche giorno.»

Charles lesse la dedica. «Così è un regalo di Louis per Mallory. Davvero carino. Pensato perché lei lo ricevesse dopo la sua morte, una specie di addio postumo.»

«Sì, qualcosa del genere.» Falso. Quando aveva scritto quella dedica, Louis Markowitz non pensava alla propria morte. Aveva davanti a sé ancora molti anni, tutto il tempo necessario per allevare Kathy Mallory. Il vecchio doveva essersi dimenticato dell'esistenza di quel libro, e così Riker, finché non se l'era ritrovato di fronte nell'appartamento di Sparrow.

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