Carol O'Connell - La Bambina Dagli Occhi Di Ghiaccio

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Un'anziana ex prostituta viene aggredita, ferita e poi impiccata in uno squallido monolocale di New York. Candele e barattoli pieni di insetti ne circondano il corpo senza vita. La polizia pensa al sinistro rituale di un folle, ma Kathy Mallory, agente della omicidi dai trascorsi misteriosi e dalla mente contorta non è convinta. Comincia a scavare negli archivi della centrale, a caccia di indizi su un delitto avvenuto anni prima. E scopre che da quel momento qualcuno aspetta che venga l'ora della giustizia. Della vendetta.

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«E se divorziassi?»

«Sarebbe già qualcosa.» Riker prese alcuni fogli dalla tasca della giacca e li sbatté sul bancone. «Questo è il tuo rapporto sui poliziotti coinvolti nel caso di Natalie Homer. Avevamo già queste informazioni. Mallory le ha scaricate dal computer, le ci sono voluti due minuti.»

«Volevate solo tenermi impegnato.»

Riker ignorò la protesta e allargò i fogli sul bancone. «Non servono a niente, perché sono solo la versione ufficiale. Un'occhiata ai documenti originali sarebbe stata molto più utile. Comunque si può imparare parecchio dalle dichiarazioni ufficiali. Adesso t'insegno a leggere fra le righe.» Mise da parte il primo foglio: «C'erano cinque poliziotti sulla scena del delitto, tre detective e due agenti. Quattro di loro hanno lasciato il distretto contemporaneamente. Un fatto strano».

«L'ho notato» disse Deluthe, sulla difensiva. «Ma non ha niente a che vedere con il delitto. E successo sei anni dopo.»

«Quattro poliziotti che se ne vanno nello stesso mese. Questo vuol dire che l'ufficio Affari Interni li teneva sott'occhio.»

«Non ci sono accuse a loro carico, niente che…»

«Deluthe, questa è una favola. Allora, vuoi la tua storia della buona notte o lasciamo perdere?»

«Come non detto.»

«Bevi, e stai zitto.» Riker seguiva con il dito le righe del testo. «Allora, uno degli agenti in uniforme, Alan Parris, è stato licenziato per insubordinazione. Falso. Bisogna sparare a un sergente per essere cacciati con un'accusa del genere.» Riker voltò pagina. «La settimana prima il suo collega, il tuo capo, Harvey Loman, è stato trasferito a un altro distretto. Questo vuol dire che Loman ha fatto un accordo con gli Affari Interni. In buona sostanza, ha venduto il collega.»

Passò alla pagina successiva. «Qui invece abbiamo un detective che ha dato le dimissioni per andare a lavorare come investigatore privato. Vuoi la verità? L'hanno costretto. Non avevano prove per incastrarlo, e quell'uomo è finito a pulire cessi. E morto alcolizzato, anni fa.»

L'ultima pagina. «E qui c'è un altro detective morto, un suicidio. Quattro su cinque hanno lasciato il dipartimento nello stesso periodo. Quello che si è ucciso, probabilmente, sarebbe finito in carcere. Era l'ultimo della lista, con nessuno da tradire. Se non fosse morto, sarebbe stato il capro espiatorio, l'unico a pagare.»

Naturalmente Riker stava solo raccontando una storia che, a suo tempo, aveva fatto il giro del dipartimento. Non erano brillanti deduzioni. «Il tuo interrogatorio ad Alan Parris ha senso solo sulla carta. I due testimoni, i bambini nel corridoio. Parris non ti ha dato nemmeno un'informazione che ti permetta di rintracciarli. Fumo negli occhi. Anche Parris è sospettato.»

«Ma il profilo dei serial killer dell'FBI…»

«Ecco un'altra bella favola.»

I ricordi di quella sera stavano svanendo a poco a poco dalla mente di Stella. Cercava di scacciare l'immagine della metropolitana invasa da insetti morti e passeggeri impazziti.

Aveva passato un'ora al bar. Sullo sgabello vicino sedeva un turista con indosso una maglietta con lo slogan della città: «Amo New York».

New York fa schifo.

Le bruciava la gola per via delle sigarette fumate e dell'insetticida che aveva respirato nel metrò. Il cervello galleggiava nel rum, il mondo vorticava. Non avrebbe dovuto ordinare tutti quei cocktail. Ma voleva risparmiarsi l'umiliazione di scoppiare a piangere in un locale affollato di turisti. Il rum era più piacevole del Valium, l'aveva aiutata a trattenere le lacrime. Un uomo la strattonò mentre raggiungeva il bagno. Stella si voltò per insultarlo, ma il tipo era già sparito in mezzo alla folla.

Stupidi turisti.

Un altro uomo approfittò di un momento di distrazione per palparle il seno e poi sparì. Stella appoggiò la testa al bancone.

Non devo piangere, non devo piangere.

Non pianse. Prese le chiavi di casa e lasciò il bar. Dopo aver percorso mezzo isolato, notò un uomo con una strana andatura. Marciava come un soldato. No, come un soldatino giocattolo. Movimenti meccanici.

Dopo una svolta a sinistra, l'uomo si fermò sotto un lampione. Fu a quel punto che lo riconobbe. Un borsone grigio. Era il porco che le aveva toccato il seno al bar.

L'uomo girò sui tacchi, e di colpo invertì la direzione di marcia. Stella vide il lampeggiante e fece per raggiungere i due poliziotti impegnati nella perquisizione di un ragazzo appoggiato al cofano della volante. Si voltò per cercare il suo uomo. Lo vide scappare, a passo di marcia. Aveva vinto lei. Una piccola vittoria, da assaporare.

Pochi minuti più tardi apriva la porta di casa, la giacca appoggiata sul braccio. Quella giacca doveva essere magica, per essere sopravvissuta incolume fino alla fine di quella giornata. Aprì la porta d'ingresso e le sembrò di entrare in una serra. Rispetto all'esterno, c'erano almeno dieci gradi in più. Quel monolocale era arredato nello stile tipico degli studenti. Mobili scadenti, recuperati dalla strada un attimo prima che passasse il camion dell'immondizia. Le poche piante erano morte. Persino quelle finte, mai spolverate, avevano preso il colore della morte.

Si sfilò la gonna, che appese all'attaccapanni vicino alla giacca portafortuna. Accese il condizionatore e rimase sotto il getto d'aria fredda mentre si toglieva la camicia. Prima di buttarla sul divano letto, notò una macchia nera sul tessuto, una grossa "X" disegnata con un pennarello a punta spessa.

«Cristo, adoro questa città.»

Perché non se ne andava da New York? Fissò la foto appesa alla parete: la nonna e la mamma le sorrisero. Le due donne nutrivano grandi speranze per lei.

Afferrò la camicia e intanto scuoteva la testa, come se con quel gesto potesse cancellare la "X". Sprofondò nel divano e scoppiò a piangere. Voleva dimenticare quella giornata. Chi aveva marchiato la sua camicia? Qualcuno all'audizione? Poteva essere chiunque fra le persone ammassate nella sala d'attesa. Aveva indossato la giacca prima di salire sul palco, prima di recitare quegli stupidi versi a un regista che non l'aveva degnata di uno sguardo. No, era successo in metropolitana. Magari era stato lo stesso tizio della pioggia di insetti, oppure uno dei clienti del bar. Sì, quel turista che l'aveva strattonata… «Stronzo.» Un altro sospetto, il pervertito che le aveva toccato il seno. «Stronzo numero due.» Afferrò la camicia e la buttò nella spazzatura. Improvvisamente ispirata, decise di fare un po' di pulizia. Si turò il naso prima di affrontare il frigorifero: l'odore di latte rancido le dava la nausea. Sui ripiani era allineato un bel repertorio di schifezze: formaggi ricoperti di muffa e frutta andata a male. Nel congelatore, un inverno artico aveva imprigionato mezzo pacchetto di piselli in un blocco di ghiaccio, conservandolo per le generazioni future. Buttò tutto in un sacchetto di plastica, il primo passo per ricominciare da capo. Domani ci sarebbe stata un'altra audizione, e il suo vestito portafortuna aveva superato indenne una delle giornate peggiori della sua vita.

La "X" sulla camicia era coperta di immondizia, latte cagliato, tappi di bottiglia, carta di caramelle e contenitori di cibo da asporto. Stella non vide il biglietto piegato nella tasca della camicia, perso nel disordine della sua vita. E così non lesse mai il messaggio: « Posso toccarti ogni volta che voglio » .

10

Il caldo era già opprimente di prima mattina e gli abitanti dell'East Village mostravano segni di stanchezza. Era l'ora di punta sulla Prima Avenue. La guida turistica, in piedi accanto all'autista del pullman, indicava i newyorkesi più folkloristici. Ma la maggior parte dei turisti finlandesi si concentrò su uno in particolare. Nonostante quell'uomo indossasse jeans e maglietta, si distingueva dal resto della folla. Il corpo e la testa sembravano di legno, le mani ondeggiavano lungo i fianchi, al ritmo di un metronomo.

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