Henry annuì.
«Lo sa Augusta che uccidi pennuti?»
Henry posò il panino che stava mangiando e a gesti rispose che Augusta, pur amando i volatili, se ne fregava dei polli. « Non li considera veri e propri uccelli, bensì "ingredienti per la zuppa". Su una cosa Augusta e io concordiamo: l'unico pollo buono è quello cotto. »
Charles guardò il tetto di Casa Trebec, pensando a quel che aveva detto Betty durante il giro turistico. «Non sapevo che il padre di Augusta l'avesse diseredata. Ma non riesco a credere che lei lasci andare in rovina quella magnifica casa solo per fargli dispetto. Le cose stanno davvero come sostiene Betty oppure c'è dell'altro?»
Henry si strinse nelle spalle. « La casa appartiene ad Augusta. Quel che ci fa sono affari suoi. »
«E la sua ostilità nei confronti dello sceriffo?»
« Augusta lo ritiene responsabile della morte di un vecchio amico. »
«Di chi si tratta?»
« Dell'uomo che Tom Jessop avrebbe potuto essere, se solo Cass fosse vissuta. »
«C'era qualcosa fra loro?»
Henry annuì. « Ira non è il solo a parlare con l'angelo. Ho visto Tom quaggiù a tarda notte. E l'ho sentito disperarsi, completamente sbronzo, pieno di rimpianto per tutto quello che non le ha mai detto. In un certo senso, c'è molto di più fra Tom e Cass adesso di quando lei era in vita. Ma l'amore per un volto di pietra è un fatto innaturale, pericoloso. »
Charles ritrasse le lunghe gambe al passaggio di un altro gruppo di pellegrini diretti al sito del miracolo. Notò una donna, sola, ai margini del cimitero.
Per un momento gli occhi lo ingannarono e la credette vera. La statua sorgeva in disparte rispetto agli altri monumenti, al riparo di uno spesso tetto di foglie. La luce filtrata le conferiva un'ingannevole parvenza di vita. Era la statua di una donna mortale, priva di ali, minuta e sottile nell'abito lungo, e poggiava su un ampio piedistallo. Non aveva la drammaticità dell'angelo, la qualità barocca del movimento delle vesti fluenti. Sembrava essersi fermata per un istante fra gli alberi. Il talento dello scultore era tale che si aveva l'impressione che da un momento all'altro dovesse riprendere il cammino.
Charles la indicò. «Henry?»
« La madre di Augusta. Morì suicida. La chiesa non permise che fosse sepolta in terra consacrata. Ecco perché è laggiù, e non in mezzo alle altre tombe. In origine, c'era solo una lastra di cemento. Jason Trebec non volle pagare per una cappella o una lapide. »
«Dall'aspetto si direbbe che fosse più fragile di Augusta.»
« Nancy era una donna molto mite. Augusta somiglia al padre, duro e terribilmente ostinato. » Guardò la statua con affetto. « Presentai la statua a un concorso e vinsi una borsa di studio della durata di quattro anni a Roma. Fu una splendida occasione per sentirmi giovane e vivo. Ripenso a Roma quasi ogni giorno. »
«Perché tornasti a Dayborn?»
« Io sono nato nella camera da letto sul retro del cottage. I legami con la casa di famiglia possono essere molto forti. Prendi il caso di Casa Trebec. Quel posto è la ragione di vita di Augusta. »
«Ma se vive per la sua distruzione!»
« Personalmente, ho tratto grande vantaggio da questo fatto. Ti ha mostrato il pavimento rovinato nella sala da ballo? Augusta ordinò del marmo per ripararlo. Come previsto l'amministratore del fondo fiduciario non si accorse che la ricevuta riguardava l'acquisto non di piastrelle, bensì di un intero blocco di marmo. Così Augusta mi consegnò il blocco e mi commissionò il mio primo lavoro: il monumento funebre di Nancy Trebec. Avevo solo quindici anni. Augusta mi cambiò la vita. »
«Sacrificando la propria al desiderio di vendetta.»
« Sacrificio? Perché ti sei fatto questa idea? Augusta ha avuto dalla vita la giusta razione di ottimi vini, buoni amanti e bei cavalli. Ha sempre avuto un appetito meravigliosamente insaziabile. »
«Ma la casa e tutte quelle splendide, insostituibili cose…»
« Tu guardi la casa e vedi il pavimento rotto della sala da ballo. Non vedi una fanciulla in groppa al suo cavallo che attraversa le stanze al galoppo. Io l'ho vista. »
A gesti, Henry evocò l'immagine di Augusta ragazza, il volto accaldato, gli occhi azzurri splendenti. Faceva muovere il cavallo su due zampe, poi su tutte e quattro, in modo che gli zoccoli danneggiassero le lastre di marmo. Il cavallo pareva muoversi a passo di danza. « Giuro, mi sembrava di sentire la musica. Ma era solo la risata di Augusta. Non mi separerei da quel ricordo per tutto l'oro del mondo. Credimi, Augusta non ha nulla da rimpiangere. »
Alle loro spalle si udì un colpo di fucile e poi un altro e un altro ancora. Pareva che fossero state colpite le fronde degli alberi, ma erano gli uccelli che, spaventati, spiccavano il volo dai rami. Un uomo – uno sguardo era sufficiente per capire che si trattava di un Laurie – stava sparando alla statua.
I turisti si precipitarono fuori dal cimitero. La vicesceriffo Beaudare irruppe correndo dagli alberi. Piantò la pistola contro la bocca dell'uomo, afferrò una manciata dei suoi capelli biondi e tirò finché quello non ebbe gettato il fucile.
Da dove era saltata fuori? Era forse appostata a sorvegliare…
« E fanno otto » segnalò Henry, nient'affatto sconcertato da quell'esplosione di violenza. Scrisse un nome nel suo blocco.
Dopo che Lilith ebbe ammanettato e portato via l'uomo, Charles fece per alzarsi. Ma Henry lo fermò con un gesto, indicando la figura che avanzava lungo la strada che dal ponte portava al cimitero. Era Alma Furgueson, la donna con le ciocche viola fra i capelli, la stessa che aveva visto scappare in lacrime dalla piazza. Ora si dirigeva a passi lenti fino all'angelo: il suo volto esprimeva orrore. La donna cadde in ginocchio, esclamando: «Oh, mi dispiace, quanto mi dispiace…».
Poi comparve un giovane, che teneva stretto fra le mani un sacco di tela. Fissava l'angelo a bocca aperta, facendosi più vicino, incespicando nelle scarpe troppo grandi, come quelle di un clown.
«Oh, Jimmy, lei sta piangendo!» Alma tese una mano verso il ragazzo. «Vieni a pregare con me, Jimmy. Chiederemo il suo perdono.»
«Ho già visto quel tipo» disse Charles. «Alla commemorazione nel tendone. Lo conosci?» Diede un'occhiata al blocco di Henry mentre l'artista aggiungeva il nome di Jimmy Simms agli altri del suo elenco. Henry si infilò il notes nella tasca della camicia, in modo da avere le mani libere per parlare.
« È uno che fa lavoretti in giro. Lava vetri, lucida mobili. Ma per lo più gironzola di qua e di là, aspettando che passi la giornata. »
«È un vagabondo?»
« No, lo sceriffo gli ha trovato una stanza sul retro della biblioteca. Credo che si paghi l'alloggio spazzando i pavimenti. »
Charles pensò che Jimmy Simms gli ricordava Ira: entrambi erano giovani uomini ai margini della vita.
Ancora una volta, Alma esortò Jimmy a unirsi a lei nella richiesta di perdono. Il ragazzo sembrava piuttosto un bambino nei suoi abiti troppo larghi e con quell'espressione sconvolta sul viso, un bambino che avesse appena ricevuto uno schiaffo. Fece quel che fanno tutti i bambini quando sono molto spaventati: corse via.
Alma lo seguì in ginocchio per un tratto, poi si rialzò e tornò al cospetto dell'angelo. Ma era instabile sulle gambe, e cadde.
Charles stava per soccorrerla, ma Henry gli sbarrò la strada, scuotendo il capo.
«Si può sapere che diavolo sta succedendo?» disse una voce familiare alle loro spalle.
Riker?
Charles si voltò e si ritrovò di fronte il suo vecchio amico. Il detective fissava preoccupato la donna prostrata a terra. «Charles, si direbbe che tu sia stato contagiato dalle cattive abitudini di Mallory.»
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