L'invito era stato perentorio e Lilith fu sul punto di cascarci. Ma la mano con la chiave le ricadde lungo il fianco e guardò la prigioniera a occhi sgranati.
Mallory abbassò lo sgurado in segno di sottomissione. Tornò verso il letto e s'inginocchiò sul pavimento per passarvi sotto la scopa. Era di spalle quando sentì il clic della chiave che girava nella serratura. Avvertì i passi di Lilith nella cella, e la porta chiudersi di nuovo. Quando Mallory alzò gli occhi, la mano della vicesceriffo era posata sulla pistola nella fondina.
Perfetto.
Mallory invitò la sua ospite a sedersi sulla poltrona. La vicesceriffo restò in piedi, gli occhi fissi sulla detenuta, come se Mallory fosse una vipera pronta a colpire da un momento all'altro.
«Così ti ha umiliata.» Mallory rivolse di nuovo la sua attenzione alle piume sotto l'angolo più lontano del letto. La poltrona scricchiolò alle sue spalle. «Scommetto che da quando sei arrivata non ha fatto altro.» Si girò e vide che Lilith si era seduta, e stava stringendo nervosamente lo straccio per la polvere tra le mani.
«È un figlio di puttana» disse, a denti stretti. «Lo potrei denunciare per…»
«Pessima idea. Se chiedi a qualcun altro di risolvere i tuoi problemi, ti liquideranno come una perdente. È quel che farei io.»
Questo non andò giù alla vicesceriffo.
«Eccoti un'idea migliore» disse Mallory, svuotando la paletta nel sacchetto di plastica verde. «Devi cercare di diventare il tipo di poliziotto che nessuno tratterebbe mai a quel modo.» Si sollevò lentamente e spazzò il resto delle piume più vicino alla poltrona. La vicesceriffo sedeva immobile, diffidente, tesa in ogni muscolo.
Mallory si chinò a raccogliere le piume. «Impara a sparare meglio. Dovrai fare qualche straordinario e spendere qualche soldo per esercitarti anche nel tempo libero.» Si portò vicino alla finestra e passò un dito sul davanzale, fissando con disgusto la polvere. «Pensa di più. Prendi tempo. Non avere fretta di tirar fuori le parole.» Si riavvicinò alla poltrona. «Non aprire la bocca a meno di non aver qualcosa da dire, e valuta sempre se valga la pena di stare a sentirlo.»
Lilith ora sembrava più rilassata. La stretta sullo straccio della polvere si era allentata. Mallory si chinò e glielo tolse di mano con un movimento calmo e naturale. Cominciò a spolverare il piano del cassettone. «Non farti mai umiliare da nessuno. Se li lasci fare una volta, non smetteranno più. Se c'è da lottare, lotta, anche se sai di non poter vincere.» Continuò a fissarla intensamente e si avvicinò ancora alla poltrona. Ora erano vicine, le teste si sfioravano. Come due sorelle. «Distruggi quel bastardo.» Sillabò ogni lettera, caricando di significato quello che stava dicendo. «Fanne la tua religione.»
Con un rapido gesto, Mallory strappò la pistola della vicesceriffo dalla fondina. Le premette la canna contro il cranio. «A proposito, non c'è nulla di più stupido del farsi prendere la pistola da un prigioniero.»
Lilith Beaudare mostrava tutti i segni di un profondo imbarazzo, ma nessuna paura. Mallory ne fu compiaciuta. La novellina prometteva bene. Si sedette sul bordo del letto e si piegò verso di lei. «Ora ti dirò perché lo sceriffo ti tratta di merda. È perché sei una pivella inutile, senza alcuna esperienza.»
E forse sei anche una spia, Lilith Beaudare. Per conto della polizia di Stato o dei federali?
«In questo momento non gli sei di nessun aiuto. È molto più probabile che tu ti faccia uccidere. Hai afferrato il punto?»
Lilith annuì.
Mallory girò la pistola e gliela restituì.
La vicesceriffo la fissò per un secondo soltanto, incredula. Poi la afferrò e la rivolse verso la detenuta.
Mallory ignorò la canna della pistola puntata al suo cuore. «La lezione è finita. Spero non ti farai prendere ancora la pistola. Mi devi un po' di riconoscenza, ragazza.»
«Vicesceriffo Beaudare, per te.»
«Brava, vedo che hai capito. Ricordati, lo sceriffo crede che tu non valga niente. Vedi quel che puoi fare per fargli cambiare opinione.»
Mallory decise in quel momento che Lilith doveva essere un'infiltrata dei federali. Fu il ritardo nel rapporto sulle impronte digitali a convincerla. Mallory non si preoccupava per il numero di matricola della sua Smith & Wesson. Aveva modificato la memoria del computer già anni prima. Ma il risultato dell'indagine sulle impronte digitali avrebbe dovuto essere nelle mani di Jessop già da un pezzo.
Un caso di omicidio aveva un'alta priorità. Inoltre, lo sceriffo, associando "Mallory" a "Kathy", aveva ristretto il campo. Era convinta che i federali rifiutassero di condividere con Jessop le informazioni che avevano sul suo conto. Ma perché?
Quando lo sceriffo fece ritorno, la sua vice era di nuovo nel corridoio, con in mano un sacchetto di plastica colmo di piume. Tom Jessop lanciò un'occhiata di approvazione alla cella ordinata. «Bel lavoro. Credo che tu sia pronta per qualcosa di più impegnativo. Ti ricordi del signor Butler, vero? Il gigante dal naso grosso?»
La ragazza annuì.
«Voglio che tu prenda la macchina e vada al tendone dei Laurie ad aspettare il signor Butler finché non sarà pronto a tornare a Dayborn. E cerca di non ammaccare l'auto. È l'unica che abbiamo fino a quando quella di Travis non sarà riparata.»
Quando Lilith uscì, lo sceriffo guardò Mallory, e lei gli sorrise. Era il primo gesto amichevole che gli riservava da quando era sua detenuta.
Rimase sorpreso e si rilassò. «Ecco la mia Kathy.» Lo disse piano. Quasi un sospiro.
Mallory stava ancora sorridendo quando disse: «Entra nel mio ufficio, sceriffo. Mettiti comodo».
«Oh, l'insegna» esclamò Malcolm Laurie, cancellandola con un gesto della mano e cercando di riportarla al suo vero significato. «Il nostro è un mondo che si basa sul commercio. Non è d'accordo, Charles? Io cerco semplicemente di comunicare con il mio gregge con tutti i mezzi possibili.» Gli era tornato sulle labbra il sorriso del ragazzino pieno di fascino.
«Allora, non vendete veramente i miracoli?»
«Ma certo che li vendo. Le persone non si fidano di quello che non pagano. Sono più portate a credere a ciò che costa caro. Nel mio campo, alimentare la fede rappresenta il novanta per cento del lavoro. Maledizione, è il lavoro. Se Cristo tornasse oggi e facesse gratis il suo sermone della montagna, quanti crede che si presenterebbero allo spettacolo?»
«C'erano pane e pesci per sfamare la moltitudine» ribatté Charles. «Io mi sarei presentato per quelli.»
«Salve, Mal!» Un uomo con un blocco di appunti in mano avanzava verso di loro. Aveva lineamenti simili a quelli di Malcolm a eccezione degli occhi, che erano piccoli e scuri. L'uomo gli fu presentato come Fred Laurie. Mentre Malcolm controllava gli appunti, Charles fu distratto dalla vista dell'auto dello sceriffo che entrava nel parcheggio. La sua scorta era arrivata, e presto avrebbe dovuto accomiatarsi da Malcolm.
Quando Fred Laurie se ne andò, Charles chiese: «Che genere di miracoli vende, Malcolm?».
«Tutto quello che il mercato richiede.»
Al di sopra della testa di Malcolm, in lontananza, Charles scorse Lilith Beaudare che usciva dall'automobile e si guardava in giro. La ragazza lo individuò subito tra la folla. Un compito piuttosto facile. Charles era molto alto, ed era l'unico che indossasse un abito con gilet. Mentre la vicesceriffo attraversava a grandi passi lo spazio che li separava, un ubriaco le si parò dinanzi barcollando. Un gruppo di persone passò davanti a Charles, bloccandogli la visuale.
«Supponiamo che io sia un omicida interessato a un miracolo che mi permetta di farla franca…»
Il sorriso di Malcolm era divertito. Gli occhi rivelavano un'attività cerebrale intensa. Stava valutando l'avversario. «Ogni miracolo racchiude in sé un monito e una garanzia. La bilancia del paradiso e dell'inferno è in perfetto equilibrio. Ogni atto di distruzione esige un prezzo terribile. Così potrebbe decidere di non volere quel tipo di miracolo.»
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