Iain Banks - Complicità

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Cameron, reporter del Caledonian e maniaco di computer game, si mette sulle tracce di un nemico crudele, un uomo solo che si erge a giudice, giuria e boia di tutti coloro che hanno commesso un errore troppo grave per essere perdonato. Quale oscura complicità lega Cameron all’inafferrabile serial-killer?

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Tossisce con il naso, poi starnutisce e sembra che stia cercando di dire qualcosa.

«Cose terrificanti, i blevey , dicono.» Scuoti la testa. «Si è mai chiesto che effetto deve fare, da vicino?» Annuisci di nuovo. «Io, sì. Be’…» Ti volti e dai un colpetto alla bombola grossa e fredda «…ecco, ne ho preparato uno tutto per lei.»

Giri il rubinetto zigrinato della valvola. Il gas esce sibilando piano. Prendi un accendino dalla tasca e lo avvicini alla bocca del piccolo cannello di ottone legato alla grata. Lo azioni e il gas prende fuoco: una fiammella gialla e blu diretta contro la bombola.

«Oh», prosegui, «è un po’ troppo basso, non le pare, Sir Rufus? Potrebbe volerci tutta la notte!» Giri lentamente il rubinetto della valvola finché il getto esce con un ruggito e la potente fiamma gialla e blu colpisce la superficie curva della bombola, avvolgendola completamente. «Così va meglio.» Ora Sir Rufus sta proprio urlando e ha la faccia tutta rossa. Speri che non gli venga un infarto prima dell’esplosione. Sarebbe… be’, sarebbe esattamente quello che ci si può aspettare da un tipo come Sir Rufus: cavarsi fuori da una situazione scomoda usando una scappatoia. Peccato che tu non possa restare lì per vedere come va a finire.

Ti dirigi alla porta d’ingresso e dai una rapida occhiata in giro con il visore notturno; senti il rombo distante proveniente dal soggiorno e ti tremano le mani, anche se sai che ci vorrà ancora un po’, e senti le sue urla deboli, quasi infantili.

Sta ancora piovendo. Chiudi la porta a chiave e ti allontani veloce nella notte.

Cinque minuti più tardi, mentre stai per avviare la moto e cominci a preoccuparti che qualcosa non abbia funzionato, che Sir Rufus sia riuscito in qualche modo a liberarsi, che il getto di gas si sia esaurito, che la sua amante sia arrivata prima del previsto e che avesse una chiave, o che qualcos’altro sia andato storto, un’esplosione squarcia il silenzio, una luce fiabesca rischiara la notte, illuminando tutta la vallata spazzata dagli scrosci e le nuvole basse cariche di pioggia. Una piccola nube di gas incandescente si solleva e si gonfia nell’oscurità come un fungo luminoso. Metti in moto e ti allontani, mentre il rombo dell’esplosione rimbalza ancora tra le colline gallesi.

«Bene, signor Colley, sarà meglio che le spieghi perché siamo qui.»

«A me sta bene», dico, con un po’ più di sicurezza di quella che sento.

L’ispettore McDunn e il sergente Flavell sono seduti di fronte a me, dall’altra parte del tavolo della sala riunioni. La sala riunioni del Caley si trova proprio sopra l’ufficio del direttore, nella mansarda ricavata sotto il tetto spiovente dell’edificio. La sala ha un imponente soffitto a cassettoni ed è arredata con un tavolo massiccio, dall’aria veneranda, e con sedie che sembrano riproduzioni in scala della poltrona regale che si trova nell’ufficio del direttore. Le pareti sono coperte da pannelli di quercia; vi sono appesi ritratti mediocri ed estremamente formali dei precedenti direttori, volti severi che ti fissano per ricordarti che questo è uno dei più vecchi giornali del mondo. Trovandosi ancora più in alto dell’ufficio del direttore, la sala gode di una vista persino più suggestiva, ma, sebbene io non sia mai entrato qui dentro, non mi perdo troppo a guardare fuori dalla finestra.

L’ispettore è un uomo massiccio, con i capelli scuri, e un accento che sembra per metà di Glasgow e per metà inglese. Indossa un abito scuro e un cappotto nero. Il giovane sergente Flavell, cui è affidato il compito di portare una valigetta non proprio di lusso, potrebbe essere un Richard Gere con i baffetti, ma la giacca a vento blu trapuntata che indossa sopra l’abito rovina tutto l’effetto. Se non altro, però, lui sta caldo. Ho lasciato la giacca in redazione, sullo schienale della mia sedia, e quassù fa freddo. Quando sono arrivato nel suo ufficio, Eddie mi ha presentato i due poliziotti, ha detto che volevano scambiare qualche parola con me e ha suggerito che ci servissimo della sala riunioni.

L’ispettore si guarda intorno. «Immagino che si possa fumare qua dentro, no?» chiede.

«Penso di sì.»

Il sergente Flavell vede un posacenere sul davanzale di una finestra e va a prenderlo. L’ispettore si accende una Benson Hedges. «Fuma?» mi chiede, vedendo che lo fisso.

Scuoto la testa. «No, grazie.»

«Dunque, signor Colley», dice l’ispettore in tono pratico. «Stiamo indagando su una serie di gravi aggressioni e di omicidi, e su altri crimini collegati. Pensiamo che lei potrebbe essere in grado di aiutarci e vorremmo farle qualche domanda, se non le dispiace.»

«Assolutamente no», replico, inspirando a fondo mentre la nuvola di fumo che si alza dalla sigaretta di McDunn passa sopra il tavolo e viene verso di me. Ha un buon odore.

«Sergente, le spiace…?» dice McDunn.

Il sergente prende dalla valigetta una busta gialla formato A4 e la porge all’ispettore, il quale ne estrae un foglio e me lo porge. «Immagino che lei riconosca questo.»

È la fotocopia di una recensione televisiva che ho scritto circa quindici mesi fa. Non è esattamente il mio campo, ma il tizio che se ne occupa di solito si era beccato un’infezione a un occhio e io avevo colto volentieri l’occasione per esprimere un mio parere. «Sì, l’ho scritto io», dico, sorridendo. Diamine, c’è il mio nome in testa all’articolo, proprio vicino al titolo: UN GIUSTIZIERE RADICALE?

L’ispettore McDunn fa un debole sorriso. Rileggo il pezzo mentre i due mi osservano.

Rileggendolo, ricordo e sento che mi si rizzano i peli sulla nuca. Non mi succedeva da almeno vent’anni.

«Allora?» chiedo, porgendoglielo.

L’ispettore scorre il foglio per un attimo e poi legge a voce alta: «’Forse qualcuno dovrebbe realizzare una di queste trasmissioni per quelli di noi che sono stufi di veder puniti i soliti sospetti (padroni di casa corrotti, giovani che fanno abuso di sostanze stupefacenti e, ovviamente, l’inevitabile spacciatore di droga: tutti individui riprovevoli, malvagi, senza dubbio, ma troppo prevedibili, troppo facili ) e regalarci un Vero Vendicatore, un Giustiziere Radicale che si scagli contro altri cattivi. Qualcuno che dia a gente come James Anderton, il giudice Jamieson e Sir Toby Bissett quello che si merita, ripagandola con la sua stessa moneta, qualcuno che attacchi i truffatori legalizzati e i trafficanti d’armi (compresi i ministri della Corona… Capito, signor Persimmon?), qualcuno che si opponga ai magnati che privilegiano il loro profitto a danno della sicurezza degli altri, come fa Sir Rufus Carter. Qualcuno che punisca i capitani d’industria che continuano a ripetere a pappagallo il vecchio adagio secondo il quale viene prima l’interesse dei loro azionisti, e intanto chiudono fabbriche in attivo e gettano in strada migliaia di lavoratori, in modo che i loro ricchi investitori che vivono nelle contee intorno a Londra o a Marbella possano guadagnare quel piccolo extra che fa sempre così comodo — vero, tesoro? — quando si pensa di cambiare la macchina e di prendere una BMW serie 7 oppure di trasferire lo yacht in un porticciolo più chic.’» L’ispettore mi rivolge un sorriso fugace e senza allegria. «Quindi l’ha scritto lei, signor Colley?»

«Colpevole», ammetto, e faccio una risatina. Nessuno dei due scoppia a ridere fragorosamente, né si batte le mani sulle ginocchia per il divertimento o è costretto ad asciugarsi le lacrime dagli occhi. Mi schiarisco la gola. «Come sta quel simpaticone del signor Anderton? Si sta godendo la pensione?» Mi appoggio allo schienale, e sento gli intagli del legno contro la schiena. Ho freddo.

«Sta bene, signor Colley», dice l’ispettore, infilando la fotocopia dell’articolo nella busta e porgendola al sergente. «Sta bene, credo.» McDunn intreccia le dita delle mani posate sul tavolo davanti a sé. «Ma il giudice Jamieson e sua moglie hanno subito un’aggressione, quest’estate, mentre erano in vacanza a Carnoustie; e, come lei saprà, Sir Toby Bissett è stato assassinato sui gradini della sua abitazione di Londra lo scorso agosto, mentre il signor Persimmon è stato ucciso un mese fa, nella sua casa nel Sussex.»

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