«E se invece lo avesse fatto apposta, di quale dei due parlava?» domandò Michelle.
Williams emise un profondo sospiro e poi indicò la scala interna. «Be’, venite su a vedere. Non credo che chiarirà nulla, però. E stavolta non mi serve nessuna dannata lettera che mi dica che non sta cercando di impersonare qualcuno.»
Salirono la scala che portava al piano superiore ed entrarono in camera da letto. Diane Hinson era rimasta esattamente dove era stata uccisa. Nella stanza c’era un turbine d’attività: tecnici specializzati in rilevamenti, agenti di polizia, uomini con il giubbino dell’FBI e investigatori della Squadra Omicidi della polizia di Stato della Virginia si davano alacremente da fare per conservare intatta la scena del crimine e assorbire da essa ogni preziosa briciola di informazione. Tuttavia, anche se i loro sguardi rimanevano impassibili, a quanto pareva era difficilissimo che emergessero indizi utili.
King osservò Sylvia Diaz in un angolo della stanza, intenta a confabulare con un tipo muscoloso e massiccio che indossava un completo di una taglia decisamente inadeguata alla sua mole. Sylvia alzò gli occhi, lo vide, gli riservò un sorriso mesto e poi si voltò. Quando King posò finalmente lo sguardo sul simbolo tracciato sul muro, trasalì.
Era una stella a cinque punte, disegnata però capovolta.
«Già, ho avuto anch’io lo stesso sussulto.»
King si girò e vide Williams che lo fissava. Il capo della polizia si abbassò e tirò su la maglietta di Diane Hinson. «E c’è anche qui.» Tutti studiarono il disegno tracciato con il pennarello sulla pancia della donna.
Anche Michelle aveva notato il simbolo sul muro. «È un pentagramma capovolto» disse. Poi inspirò rapidamente e guardò King e Williams. «Quello lo conosco. Richard Ramirez, giusto?»
«Il “Night Stalker”» disse King annuendo. «Il quale, se non sbaglio, attualmente si trova nel braccio della morte a tremila miglia da qui. Su certe sue vittime disegnava un pentagramma capovolto, e una volta anche sul muro della camera da letto di una sua vittima, proprio come qui.»
Williams rovesciò la Hinson di fianco e tutti osservarono le numerose ferite da pugnale che le coprivano la schiena insanguinata.
«Sylvia dice che a quanto pare la donna è stata tenuta con forza a faccia in giù, pugnalata ripetutamente alla schiena e poi presumibilmente girata supina per metterle il braccio in posizione sul cassetto del comò.»
Il capo tornò ad adagiare supina la morta, senza il minimo segnale che presto avrebbe rimesso la colazione. La resistenza di Williams alle visioni macabre sembrava essere via via aumentata.
«Nessun indizio?» domandò Michelle.
«Il killer ha usato un coltello preso nella cucina di casa per pugnalarla e il filo di uno dei telefoni per legarla. Sui polsi ci sono segni evidenti a dimostrazione del fatto. Ma poi le ha tolto il legaccio per tenderle il braccio e tenerlo alzato. Qui dentro c’è un’infinità di impronte digitali, ma sarei veramente sorpreso nello scoprire che quel bastardo non portava i guanti.»
«E siamo sicuri che sia un uomo?»
«Non ci sono segni di colluttazione. La vittima è stata sopraffatta alla svelta. E anche se fosse stata una donna magari armata di pistola, sarebbe stato molto rischioso legarle le mani dietro la schiena. Diane Hinson avrebbe potuto reagire prontamente ed essere in grado di avere la meglio. Era in splendida forma fisica.»
King rimase perplesso. «E nessuno ha visto né udito niente? Queste sono villette a schiera. Qualcuno deve avere pur visto o sentito qualcosa.»
«Stiamo indagando, naturalmente, ma è troppo presto per dirlo. Sappiamo che l’unità abitativa qui a fianco era in vendita, e di conseguenza vuota.»
«Quando è stata uccisa?» volle sapere Michelle.
«Questo dovrai chiederlo a Sylvia, ammesso che quel tizio dell’FBI la lasci andare.»
King lanciò un’altra occhiata fugace in direzione di Sylvia. «Fa parte del VICAP?»
«Onestamente lo ignoro. Qui dentro c’è tanta di quella gente che non so più chi va e chi viene.»
«Todd» disse King «assicurati di non dire una cosa del genere a portata d’orecchio di un avvocato della difesa.»
Williams parve confuso per un momento e poi disse: «Oh, certo, hai ragione».
Si avvicinarono al cadavere e osservarono l’orologio da polso.
«È regolato sulle quattro» disse Williams depresso.
King si chinò e guardò più da vicino. «Non è vero.»
«Come sarebbe?» esclamò Williams.
«Segna le quattro e un minuto. »
Williams si chinò accanto a King. «Andiamo, Sean, ritengo che, date le circostanze, l’ora sia abbastanza evidente.»
«Finora l’assassino è stato precisissimo, Todd.»
Williams sembrava scettico. «Aveva appena ucciso una donna e voleva filarsela il più in fretta possibile. Probabilmente stava agendo al buio. Diversamente dagli altri luoghi del delitto, qui era in mezzo a un mucchio di potenziali testimoni. Nella fretta è probabile che non abbia notato di essere in ritardo di poco meno di un minuto.»
«Può darsi» disse King con uguale scetticismo. «Ma un assassino che è stato talmente attento a non lasciarsi dietro nessuna traccia non mi sembra affatto il tipo che scrive “creatura” quando in realtà intende “creature” o che punta un orologio sulle quattro e un minuto quando intende le quattro precise.»
«Be’, anche ammesso che volesse proprio intendere le quattro e un minuto, perché lo ha fatto?» domandò Michelle.
King non aveva risposte da dare a quel quesito. Abbassò lo sguardo sulla donna morta e la fissò per un bel pezzo mentre Williams si allontanò un momento per andare a controllare qualcos’altro.
Michelle gli mise una mano sulla spalla. «Scusami, Sean, dimenticavo che la conoscevi.»
«Era una brava persona e un ottimo avvocato. Non si meritava di certo una fine così… nessuno la merita.»
Mentre passavano davanti a Sylvia per uscire dalla stanza, questa li fermò. L’uomo con il completo si era unito a un altro gruppetto di esperti intenti a pontificare intorno al cadavere. Era leggermente più basso di King ma più massiccio e di struttura ossea molto più grossa e robusta; le sue spalle davano l’impressione di essere sul punto di esplodere dalla giacca. Aveva capelli radi castano-grigio, orecchie a cavolfiore e un naso schiacciato, da pugile, piantato tra due espressivi occhi nocciola.
Sylvia disse: «Be’, siamo al numero quattro e il conteggio non è ancora finito. Night Stalker. Chi l’avrebbe mai immaginato?». Scosse la testa sconsolatamente.
«Chi è il tizio con cui stavi parlando?» chiese King.
«Un agente dell’FBI. Chip Bailey, di Charlottesville.»
«Chip Bailey?» ripeté King lentamente.
«Lo conosci?» domandò Sylvia.
«No, ma credo che mi piacerebbe.»
«Posso vedere di accontentarti. Più tardi, naturalmente. In questo momento siamo tutti un po’ troppo impegnati.»
«Va benissimo.» King si interruppe un istante e poi soggiunse: «Hai notato l’ora sull’orologio?».
Sylvia annuì. «Le quattro e uno. Come l’orologio di Janice Pembroke.»
«Cosa?» esclamarono King e Michelle in contemporanea.
«L’orologio della Pembroke era regolato sulle due e un minuto. Non ve l’avevo già detto?»
«No» disse Michelle «e nemmeno Todd. Pare che pensi che l’orario sia abbastanza preciso per scartare qualsiasi ipotesi di un possibile significato.»
«Che cosa ne pensi?» domandò King a Sylvia.
«Penso che sia un particolare importante. Solo che non so perché.»
«Non hai scoperto nient’altro di interessante?» insistette King.
«Ho controllato la temperatura rettale della Hinson, dopo aver verificato se c’erano prove di violenza carnale. L’esame non ha dato esiti. Era morta da otto o nove ore. Però ci sono dodici pugnalate.»
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