All’offensivo “pollastrella” King afferrò automaticamente Michelle per un braccio per impedirle di saltare al collo dell’anziana donna. «Signora Oxley» disse «come le ho già detto, siamo qui per conto di Junior. Siamo già stati a parlare con Remmy Battle.»
«Bla bla bla» fu il commento di Priscilla Oxley, che concluse la dichiarazione con uno sbuffo. «E come sta la regina oggi?»
«La conosce?» domandò King.
«Un tempo lavoravo al Greenbrier Resort nel West Virginia. Lei e la sua famiglia venivano là in vacanza regolarmente.»
«E Remmy era… esigente?»
«Era una vera spina nel mio culo grasso» dichiarò Priscilla. «E se Junior è stato tanto cretino da rubare qualcosa a una strega così, si merita i guai che sta passando.»
Lulu puntò un dito contro il donnone. «Mamma, dobbiamo discutere di alcune cose in privato con queste persone.» Alzò lo sguardo verso la porta anteriore della roulotte, da dove Mary Margaret stava ascoltando e tremando angosciata. «Cose che non è necessario far sentire ai bambini.»
«Non preoccuparti per questo, tesoro» ribatté Priscilla. «Li informerò io di tutti i difetti del loro papà. Solo che mi ci vorrà un paio di mesi.»
«Be’, adesso, mamma, non andare dentro a fare così» disse Junior mentre si studiava i piedi. Era più alto di due buone spanne di Priscilla Oxley, sebbene non la superasse poi tanto di peso, eppure sia King che Michelle ebbero l’impressione che fosse terrorizzato dalla suocera.
«Non chiamarmi mamma. Tutte le cose che io e Lulu facciamo per te, e tu ci ripaghi così? Mettendoti nei guai, magari facendoti addirittura condannare alla sedia elettrica?»
A quella sparata i singhiozzi della piccola Mary Margaret si trasformarono in gemiti strazianti, al che Lulu entrò in azione come un tornado.
«Scusatemi» disse educatamente ma con fermezza a King e Michelle.
Salì a passo di carica i gradini, afferrò con una mano la madre per il vestito e la spinse dentro casa insieme a Mary Margaret. Da dietro la porta chiusa si udirono urla attutite e voci alterate dall’ira, dopo di che tutto improvvisamente si quietò. Nel giro di pochi secondi Lulu riapparve e si chiuse la porta alle spalle.
«A volta la mamma va avanti imperterrita, specie quando ha bevuto un po’» disse. «Scusate tanto.»
«Io non le vado molto a genio» disse Junior rassegnato.
«Perché non ci sediamo là?» propose Lulu indicando un vecchio tavolino da picnic sul lato destro della roulotte.
Appena si furono accomodati, King informò diffusamente moglie e marito circa la visita fatta ai Battle.
Lulu disse: «Il problema è quello». Indicò con la mano il grosso capanno dietro la roulotte. «Ho detto a Junior un milione di volte di metterci una porta e un lucchetto.»
«È una vecchia storia» commentò lui con aria impacciata. «Lavorando sempre in casa d’altri non ho mai tempo per la mia.»
«Ma il punto» proseguì Lulu «è che chiunque può entrarci.»
«Non senza vedersela con il vecchio Luther là dietro» disse Junior, indicando con un cenno del mento il cane di nuovo spuntato dal capanno, che stava scodinzolando e abbaiando festosamente alla vista dei suoi padroni.
«Luther!» esclamò Lulu incredula. «Certo che abbaia, ma non morde, e si rotolerebbe a pancia in su come un bebè se qualcuno gli portasse del cibo.» Si rivolse a King e Michelle: «Mio marito ha un sacco di amici che vengono di continuo a prendere in prestito qualche attrezzo. Se non siamo qui, ci lasciano semplicemente un biglietto per farci sapere quando ci restituiranno quello che hanno preso. A volte non lo fanno neppure. E Luther non ne ha mai fermato uno, questo è poco ma sicuro».
«Di solito lasciano sempre una confezione da sei lattine di birra per ringraziare» fu lesto a ribattere Junior. «Sono bravi vecchi ragazzi.»
«Che siano vecchi non ci piove» replicò Lulu scaldandosi. «Non so fino a che punto siano bravi. Uno di loro può averti incastrato.»
«No, baby, nessuno di loro mi farebbe una cosa così.»
King intervenne. «Ma tutto quello che dobbiamo dimostrare è un ragionevole dubbio. Se la giuria penserà che esiste un’alternativa possibile, be’, tornerà a suo vantaggio.»
«Ha ragione, Junior» concordò sua moglie.
«Ma sono miei amici. Non li voglio mettere nei guai. So che non hanno fatto niente che mi danneggi. E poi, non c’è modo di entrare nella proprietà dei Battle. E lasciate che vi dica una cosa: nessuno di loro si metterebbe mai contro la signora Battle, questo è sicuro. Io la laurea non ce l’ho, ma sono abbastanza sveglio da non rubare la dannata fede nuziale a quella donna. Merda, che bisogno avrei di darmi la zappa sui piedi da solo?»
«Non le chiediamo di accusare i suoi amici» spiegò King enfaticamente. «Non deve fare altro che fornirci dei nomi e degli indirizzi, e noi andremo solo a far loro qualche domanda con discrezione. È probabile che abbiano tutti un alibi di ferro, così potremo rivolgerci altrove. Ma mi stia a sentire, Junior, amici o no, a meno che non scopriamo altri possibili sospetti, le prove a suo carico sono alquanto convincenti.»
«Dagli retta, Junior» lo incalzò sua moglie. «Vuoi tornare in prigione?»
«Certo che no, baby.»
«Be’, e allora?» Lulu lo fissò in attesa.
Con riluttanza, Junior fornì loro nomi e indirizzi.
«E adesso, Junior» disse King con delicatezza «mi occorre che sia franco con me. Io e Michelle lavoriamo per il suo avvocato, perciò qualsiasi cosa ci dica è confidenziale e resta tra noi.» Si interruppe per qualche secondo, scegliendo con cura le parole. «Ha niente a che vedere con il furto con scasso? Non che lo abbia commesso lei, ma non potrebbe aver aiutato qualcun altro a farlo, magari senza saperlo?»
Junior si alzò in piedi di scatto, stringendo minacciosamente i grossi pugni. «Okay, buco di culo, e se ti sistemassi quella tua faccia di cazzo?» ruggì.
Michelle iniziò ad alzarsi, portando la mano alla fondina dell’automatica, ma King le fece cenno di fermarsi. Poi disse con tono calmo: «Junior, la mia socia è un’ex atleta che ha vinto una medaglia alle Olimpiadi, ha diverse cinture nere ed è capace di farci un culo nero solo coi piedi. Per giunta ha nella fondina una 9 mm già carica e senza sicura, e sarebbe capace di piantarle un proiettile in mezzo agli occhi da venti metri di distanza, figuriamoci da poco più di uno. Vede, è stata una giornata lunghissima e sono stremato. Perciò torni a sedersi e cominci a usare il cervello prima di farsi male!».
Junior lanciò un’occhiata stupita a Michelle, che sostenne lo sguardo senza la minima traccia di ansietà o paura. Si rimise seduto, ma continuò a lanciare occhiate verso Michelle mentre King proseguiva. «Strada facendo non vogliamo trovarci davanti a sorprese. Perciò se c’è qualcosa, per quanto minima, che non ha ancora detto a noi o a Harry, sarà meglio per tutti che rettifichi la sua versione dei fatti a questo punto e subito.»
Dopo un lungo momento, Junior scosse la testa. «Vi ho detto la verità. Non sono stato io e non ho idea di chi possa essere stato. E adesso vado a vedere i miei bambini.» L’omone si alzò, salì pesantemente i gradini e scomparve nella roulotte.
Quando King e Michelle tornarono alla loro auto, Lulu li accompagnò.
«Junior è una pasta d’uomo» disse. «Mi ama e adora i nostri figli. Lavora sodo, ma sa bene di trovarsi in una brutta situazione, e la cosa lo sta rodendo.» Emise un lungo sospiro. «Le cose ci stavano andando bene, forse troppo. Il mio lavoro va a gonfie vele, e Junior ha più commesse di quelle che riesce a gestire. Ci stiamo costruendo una casa tutta nuova; e i bambini non hanno problemi e vanno benissimo a scuola. Già, forse andava tutto troppo bene.»
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