«Impronte?»
«Per ora nessuna. Ti faccio sapere.»
Bevve la coca e cercò di ricostruire il viaggio di Lisa da Doheny Drive al Griffith Park. Come c’entrava Venice? La Porsche era stata semplicemente portata fin là perché rimanesse nascosta o era stata Lisa a guidarla dietro il deposito degli autobus? Si era data appuntamento con qualcuno in una via deserta di un quartiere tra i più malfamati?
Forse la sua ipotesi su com’era andato l’ultimo appuntamento era totalmente campata in aria e Lisa era stata invece sequestrata e costretta da uno sconosciuto a recarsi a Venice?
O da qualcuno che conosceva? Lisa parte da Doheny per un appuntamento con qualcun altro. L’assassino la spia, la segue, la rapisce per la strada.
Potrebbe essere stato Ramsey.
Venice… Kelly Sposito, l’attuale fiamma di Dàrrell Breshear, viveva nella Quarta Strada, a pochi passi dal deposito degli autobus.
E Breshear? Consultò il taccuino. La Motorizzazione dava un indirizzo di Ashland, Ocean Park, sul confine tra Santa Monica e Venice. Molto vicino. Tutto gravitava intorno alla spiaggia. Compreso il ragazzino, se si doveva credere all’informatore russo di Wil.
Breshear. Un altro ex attore. Una recita collettiva… La notizia del ritrovamento dell’automobile sarebbe apparsa sui giornali dell’indomani. Era importante che contattasse Breshear prima che avesse il tempo di inventarsi una storia.
Erano quasi le dieci. Chissà se era con sua moglie o con Kelly? Puntò sulla prima ipotesi, si rivestì e uscì di casa.
Ashland era una bella via nella zona più elegante di Ocean Park, case di tutte le dimensioni, vasto campionario di stili architettonici. L’abitazione di Breshear era in cima alla salita, un piccolo cottage ben tenuto con molti cactus e gladioli al posto del prato. Dietro a un cancello di ferro c’era una BMW decappottabile bianca. Le luci intense che illuminavano il cielo lasciavano intuire che si godesse di una vista fantastica da dietro la casa. Suonò il campanello e venne ad aprire Breshear in maglietta nera e short verdi, con una bottiglia di Heineken in mano. Quando la vide, strabuzzò gli occhi.
«Questo è un brutto momento», protestò. «Mia moglie…»
«Potrebbe peggiorare», lo ammonì lei. «Credo che lei mi abbia mentito. Oggi abbiamo trovato la macchina di Lisa. Proprio qui a Venice. Non è che domenica sera aveva appuntamento con lei? Guardi che se è così, lo scopriremo.»
Lui si gettò un’occhiata alle spalle. Chiuse la porta e uscì. «Possiamo parlare sul marciapiede?»
«E sua moglie?»
«È in bagno.»
Petra lo accompagnò a qualche passo di distanza dal cottage.
«Non era proprio un appuntamento», si giustificò lui. «Aveva detto che voleva parlare.»
«Di che cosa?»
«Non lo so. Oh, maledizione, sì, voleva fare sesso.»
«Dunque la vostra relazione è continuata dopo quei sette giorni gloriosi.»
«Non proprio», rispose lui. «Ci si vedeva raramente, forse una volta al mese.»
«E l’idea di chi era?»
«Assolutamente tutta sua. Di Lisa.»
«Ahi ahi», sospirò Petra. «Lisa, Kelly, sua moglie… come si chiama, a proposito?»
«Marcia.» Breshear si girò a guardare in direzione della casa. «Senta…»
«Molto attivo», commentò Petra.
«Non è un reato.»
«Ostacolare la giustizia lo è.»
«Io non ho ostacolato proprio niente. Non… non avevo da raccontarvi niente che potesse aiutarvi perché quando sono arrivato all’appuntamento, lei non c’era. Che figura avrei fatto a dire che quella sera dovevo vedermi con lei?» La fissò negli occhi. «Un nero. Sai che allegria.»
«Mi risparmi le stronzate razziste», ribatté Petra. «I soli diritti civili che sono stati violati sono quelli di Lisa. A che ora dovevate vedervi?»
«Alle dieci e mezzo.»
«Quando vi siete accordati?»
«Ha fatto tutto lei. Quella stessa domenica. Mi ha telefonato sul lavoro verso le sette.»
«Lavorava di domenica?»
«Terminavo un montaggio definitivo. Controlli all’ingresso, ho firmato il registro.»
«Lo farò», promise Petra. «Dunque Lisa le ha telefonato perché voleva vederla.»
«Ha detto che si sentiva sola, giù di corda, non aveva dormito per tutto il giorno, aveva sniffato un po’, così le aveva preso la smania, non riusciva più a stare ferma, aveva voglia di fare un giro.»
In macchina. Sempre in macchina.
«Un giro», ripeté Petra.
«Voleva che ci si vedesse alle nove, ma le ho detto che fino a quell’ora avrei lavorato e che più tardi avevo appuntamento a casa di Kelly, ma avrei visto se potevo sganciarmi verso le dieci e mezzo. Ci saremmo trovati dietro il deposito degli autobus.»
«Perché proprio lì?»
«Non era la prima volta. È…»
«Clandestino?»
«A me non piaceva, è una zona troppo pericolosa, ma piaceva a Lisa. Il rischio la eccitava.» Alzò le spalle.
«Vada avanti», io incitò Petra.
«Ho avuto qualche problema a venir via. Kelly… mi ha bloccato fin dopo le undici. A un certo punto le ho detto che avevo bisogno di prendere una boccata d’aria, che uscivo a fare un giretto in macchina. Sono arrivato alle undici e dieci circa e ho trovato la macchina di Lisa, ma lei non c’era. Ho aspettato fino alle undici e venti, poi ho concluso che non sarebbe tornata e me ne sono andato.»
«C’era la macchina, ma non c’era Lisa. Non si è preoccupato?»
«Le ho già detto che a Lisa piaceva correre rischi. Farlo ai semafori rossi con una macchina della polizia ferma di fianco a noi. Coldwater Canyon, quel genere di cose. Ho pensato che forse aveva trovato qualcun altro e aveva di che spassarsela per conto suo. A me andava bene così. Non avevo molta voglia di vederla quella sera. Non avevo voglia di vederla più, ma…»
«Ma che cosa?»
«Sa com’è, ho difficoltà a dire di no a una donna.»
«A che ora è tornato a casa di Kelly?»
«Saranno state le undici e venticinque, undici e mezzo.»
«E ha trascorso la notte lì.»
«Quello è assolutamente vero.»
«L’alibi perfetto che le ha fornito Kelly non è poi così perfetto.»
«Andiamo», si difese lui. «Sono rimasto via per mezz’ora al massimo. Non avrei mai potuto arrivare fino al Griffith…»
«Lei e Kelly siete entrambi passibili di un’incriminazione per spergiuro e ostacolo alla giustizia», dichiarò Petra.
«Ma no, per piacere! Sta trasformando un granellino in una montagna!»
Petra gli si avvicinò, gli puntò un dito al petto, ma senza toccarlo. «Nella migliore delle ipotesi, signor Breshear, mi è costato un mucchio di ore di lavoro. Se sa qualcos’altro, me lo dica subito.»
«Nient’altro, lo giuro.»
Lei lo guardò diritto negli occhi.
«Nient’altro», ripeté lui.
«Mi ascolti bene», gli disse puntandogli di nuovo il dito addosso. «Non l’arresto. Per ora. Ma che non le passi nemmeno per l’anticamera del cervello di andare da qualche parte. Ci saranno agenti di polizia a sorvegliare casa e ufficio. Sarà messa sotto sorveglianza anche Kelly. Fate la mossa sbagliata e io do il via ai fuochi artificiali. Cominciando con una bella e lunga chiacchierata con Marcia.»
Breshear sbatté convulsamente le palpebre.
Era piacevole, ammise tra sé Petra. Finalmente qualcuno che riusciva a intimidire in quella dannata inchiesta.
Mentre si allontanava, si aprì la porta di casa e una voce femminile domandò: «Darrell, caro? Chi era?»
Tornò a casa sentendosi improvvisamente molto lucida, ora che la struttura portante dell’ultima notte di Lisa prendeva forma… se Breshear era stato finalmente sincero.
Un appuntamento alle dieci e mezzo, il sequestro avvenuto fra quell’ora e le undici e venti, il trasferimento al Griffith Park della durata di mezz’ora almeno, probabilmente di più. Assassinata tra la mezzanotte e le quattro.
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