Credeva di conoscerlo, ma otto mesi non erano un periodo molto lungo, vero?
Lei e Nick erano stati insieme per più di due anni, più o meno lo stesso che Lisa e Ramsey.
Uomini e donne…
Una volta, quando aveva quindici anni ed era a casa per le vacanze estive, si era svegliata all’una di una lunga notte in Arizona per aver sentito rumori immaginari. Poi aveva capito che era il vento caldo del deserto che frusciava lungo il fianco della casa. Nervosa, irrequieta, era uscita in corridoio, aveva visto la solita scheggia di luce sotto la porta dello studio del padre, aveva bussato, era entrata nella stanzetta buia e ingombra di reperti.
Papà era semisprofondato nella poltrona di quercia davanti alla sua Royal manuale, con un foglio bianco inserito nel rullo. Lui l’aveva vista e le aveva rivolto un sorriso spento e quando lei si era avvicinata aveva sentito l’odore dello scotch nel suo alito, aveva notato l’opacità dei suoi occhi e ne aveva approfittato come solo un’adolescente sa fare. Lo aveva indotto a parlare dell’argomento che più detestava. Della donna che era morta mettendo al mondo lei.
Sapeva di provocargli dolore, ma dannazione, aveva il diritto di sapere!
E lui aveva parlato, a voce bassa, lasciando scivolare le parole l’una nell’altra.
Aneddoti, ricordi, l’incontro dell’allampanato Kenneth Connor e dell’avvenente Maureen Mellwaine sul Long Island Ferry e lo sboccio dell’amore vero. Vecchie storie di sempre, ma lei non ne era mai sazia.
Quella notte era rimasta seduta ai suoi piedi sulle tavole imbarcate del pavimento di legno, immobile, in silenzio, timorosa che una qualsiasi distrazione lo inducesse a interrompersi.
Finalmente lui si era ammutolito, l’aveva guardata dall’alto, poi si era battuto le mani sul volto e lì le aveva tenute.
«Papà.»
Le mani gli erano ricadute in grembo. Quanta tristezza. «È tutto quello che ricordo, cara. Mamma era una donna splendida, ma…»
Poi aveva cominciato a piangere e aveva dovuto nascondersi di nuovo da lei.
Gli uomini si nascondevano quando piangevano.
Petra si era alzata e aveva abbracciato le sue grandi spalle dure. «Oh, papà, sono…»
«Era davvero splendida, piccola. Una su un milione, ma non era perfetta, bimba mia. Non era una situazione da libro delle favole.»
Aveva aperto un cassetto e abbassato lo sguardo su quella che doveva essere la bottiglia.
Quando si era girato di nuovo verso di lei, i suoi occhi erano asciutti e sorrideva, ma non era uno dei sorrisi che Petra gli conosceva, non uno di quelli affettuosi e protettivi o uno di quelli asciutti e sarcastici, nemmeno di quelli un po’ sfatti agli angoli di quando era ubriaco e che una volta la preoccupavano ma ora non più.
Quello era diverso: epidermico, scolpito come la bocca di una statua. Aveva studiato la tragedia classica al corso di letteratura ed era stata sicura in quel momento di viverne una rappresentazione dal vivo.
Sconfitto, quel sorriso. Terrificante come uno scorcio di eternità.
«Papà…»
Lui si era grattato la testa, l’aveva scossa, si era rialzato una calza afflosciata sulla caviglia pallida. «Il fatto è, piccola, che comunque la si voglia… Quello che sto cercando di dire, cara, è che gli uomini e le donne sono due specie separate. Forse qui sta parlando l’antropologo, ma non è meno vero. A separarci c’è un pezzettino piccolo piccolo di DNA. E sai una cosa buffa? È il cromosoma X quello che conta davvero, Petra. L’Y non fa che causare problemi, sembra che non serva ad altro che a originare aggressività. Capisci dove voglio arrivare, tesoro? Noi uomini non valiamo un gran che.»
«Oh, papà…»
«Mamma e io avevamo le nostre difficoltà. Perlopiù per colpa mia. È giusto che tu lo sappia perché non ti lasci andare a fantasticherie romantiche, non ti aspetti troppo da… non esigi troppo da te stessa… Hai capito, bimba? Riesco a spiegarmi?»
Le aveva preso le spalle, quella luce negli occhi era quasi maniacale.
«Sì, papà, sì.»
L’aveva lasciata andare. Ora il sorriso era giusto. Umano.
«Il fatto, Petra, è che ci sono interrogativi fondamentali. Quesiti cosmici che non c’entrano niente con le stelle e le galassie.»
Aveva atteso la sua reazione. Lei non aveva saputo come ribattere. Lui aveva continuato.
«Domande come possono veramente gli uomini e le donne conoscersi a vicenda o dovrà essere sempre e soltanto una stupida danza goffa nella sala da ballo dell’interpersonale?»
Un sussulto, una smorfia, un rutto represso. Era balzato in piedi, era andato in camera sua, aveva chiuso la porta. Lei aveva sentito girare la chiave nella serratura.
Il mattino dopo il primo a presentarsi per la colazione era stato suo fratello Glenn, il solo che viveva ancora in famiglia.
«Che è successo a papà?» aveva chiesto.
«In che senso?»
«È uscito. Dev’essere partito prima del sorgere del sole. Mi ha lasciato questo.» Le aveva mostrato un foglietto. C’era scritto: FUORI NEL DESERTO, RAGAZZI.
«Sarà andato a caccia di ossa come al solito», aveva commentato Petra.
«Ha portato via l’attrezzatura da campeggio, perciò si vede che vuole andare lontano», aveva risposto Glenn. «A te ha detto niente? Perché ieri si era parlato di andare giù al Big Five a vedere che cos’hanno nel reparto di hockey.»
«Sì, in effetti me ne aveva accennato», aveva mentito Petra.
«Che bellezza», aveva esclamato Glenn. «Che gioia. A te parla, ma a me non dice mai niente.»
«Sono sicura che ne aveva intenzione, Glenn.»
«Sì sì, figuriamoci. Peccato che io ho davvero bisogno di un bastone nuovo, merda! Non è che avresti dei soldi da prestarmi?»
Telefonò ad altri sette investigatori, subì altri sette «starai scherzando», non trovò altri casi analoghi.
In fondo allo stanzone il fax cominciò a ronzare. Si precipitò e in meno di un secondo stava già raccogliendo i fogli dal cestino. Il suo scatto era stato così repentino che un paio di colleghi le avevano lanciato un’occhiata perplessa. Ma non più di un’occhiata, avevano da fare anche loro. Quella stanza, quella città, il sangue che non smetteva mai di scorrere.
Karlheinz Lauch era un omone, un metro e ottantatré per centodieci chilogrammi. E brutto. Occhietti scuri e sfuggenti piantati come uvette in una faccia pastosa e deforme. Una virgola a fargli da bocca sbilenca, baffi che sembravano uno schizzo di grasso. Capelli dritti, chiari; secondo la descrizione ufficiale dovevano essere castani, quindi probabilmente se li ossigenava. L’acconciatura era quella arruffata in voga ancora in certi paesi europei.
Dall’aspetto Petra lo giudicò uno sgradevole poco di buono.
Il ritratto era una copia di una foto segnaletica scattata a Vienna quattro anni prima, un sacco di parole tedesche di cinquanta lettere l’una e manciate di umlaut. La nota di Sorensen diceva che Lauch era stato arrestato per aggressione l’anno prima dell’omicidio di Ilse Eggermann. Era stato coinvolto in una rissa e non aveva scontato pene detentive.
A vederlo in fotografia, sembrava capace di qualsiasi atrocità. E se davvero quel bastardo fosse tornato a L.A. a caccia di belle bionde e fosse casualmente entrato in contatto proprio con Lisa?
Che bel colpo se si fosse trattenuto in città e loro fossero riusciti a prenderlo. Un caso importante, risolto con disinvolta maestria, così Stu avrebbe ottenuto la sua promozione e lei avrebbe aggiunto dei punti al suo curriculum.
Fantasie, bimba.
Studiò ancora per un po’ le sembianze di Lauch e si domandò come avrebbe potuto uno come lui indurre Lisa a indossare un vestitino nero e dei brillanti?
D’altra parte era pur riuscito ad avvicinare Ilse Eggermann, che, secondo Phil Sorensen, non era da meno di Lisa. Ma una stewardess non era l’ex moglie di una star della TV che aveva assaggiato la bella vita.
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