La reazione era sempre la stessa: Starai scherzando.
Tutti sapevano chi era il cattivo in questo caso. Ma erano anche tutti consapevoli degli eccessi di zelo che partivano dalle alte sfere e dopo l’ilarità iniziale, otteneva immediata solidarietà.
Il risultato finale fu: nessun caso somigliante. Frattanto Cart Ramsey tirava palline sul green di casa, sguazzava nell’idromassaggio e si gongolava delle lucide cromature del suo piccolo museo di automobili, mentre alla sua ex consorte sdraiata sul tavolo del patologo legale stavano scuoiando la faccia.
E probabilmente la Mercedes era già stata lavata, strofinata e sterilizzata peggio di una sala operatoria.
Pensò al cadavere di Lisa, lo squarcio pieno di sangue nell’addome, le viscere sporgenti, quello che avevano fatto al suo viso di giovane donna, e si domandò che cosa potesse trasformare l’amore in quello.
Poteva accadere tutte le volte che la passione prendeva il sopravvento o era indispensabile una deviazione psicologica?
Felicità domestica, sangue domestico. C’era stato un momento, un istante brevissimo, in cui lei stessa era stata capace di uccidere.
Perché pensava al passato?
Confrontalo, figliola.
Si torturava di ricordi.
Una studentessa d’arte venticinquenne che si faceva passare per smaliziata ma così ciecamente, follemente innamorata da essere pronta a cambiare la pelle per Nick. Quel turbine di sensazioni, una passione come non aveva mai provato prima. Fare l’amore fino a non reggersi in piedi. Conversazioni postcoitali a letto, fianco a fianco, con la vagina che vibrava ancora.
Nick era stato un ascoltatore impagabile. Solo in seguito ne aveva capito la vera ragione: rifiutava di darle anche la più piccola parte di sé.
Gli aveva raccontato tutto: l’infanzia senza madre, l’irrazionale senso di colpa che aveva sofferto giudicandosi responsabile della morte di lei, l’inferno che aveva fatto passare a suo padre al punto da fargli concludere che l’unica soluzione era il collegio, metà dell’adolescenza trascorsa in muffose camerate, nei risolini e le sigarette proibite delle compagne, a chiacchierare di ragazzi, talvolta a masturbarsi, lei lo intuiva dal fruscio delle lenzuola.
Petra, la ragazza taciturna ed eccentrica della California immobile nel suo letto a meditare sull’uccisione di sua madre.
Aveva confidato il suo segreto a Nick perché quello era amore vero.
Poi una sera gli aveva riferito un segreto nuovo: sai una cosa, amore? Si era battuta la mano sul ventre.
Aveva previsto la sua sorpresa, forse una contrarietà iniziale, sapendo che poi si sarebbe tramutata in entusiasmo, perché lui l’amava.
I suoi occhi si erano raggelati, le sue guance sbiancate. La furia. Quello sguardo di ghiaccio, così carico di disprezzo, come mai avrebbe immaginato. Fra di loro il pranzo tutto speciale che aveva preparato per lui, le sue pietanze preferite, spinta apparentemente dal desiderio di celebrare, ma forse dall’intima consapevolezza che l’avrebbe presa male; forse il vitello e gli gnocchi, la bottiglia di Chianti da venti dollari, altro non erano che tentativi di corruzione.
E lui dall’altra parte del tavolo, immobile, zitto, con quelle labbra sottili che aveva trovato così aristocratiche e ora così esangui, la bocca astiosa di un vecchio cattivo.
Nick…
Come hai potuto, Petra!
Nick, tesoro…
Proprio tu! Come hai potuto essere così stupida… tu che sai che cosa comporta la nascita di un bambino!
Nick…
Vaffanculo!
Se avesse avuto una pistola in quel momento…
Aprì gli occhi e solo in quell’istante si rese conto di averli chiusi. I rumori della sala operativa l’avvilupparono di nuovo. Vide i colleghi occupati nelle loro mansioni.
Quello che serviva a lei, lavorare.
Tornò al telefono, preparandosi a buttar via altro tempo.
Ma al quarto detective della Pacific, le si aprì uno spiraglio.
Un omicidio per accoltellamento di una giovane donna bionda e graziosa avvenuto tre anni prima all’estremità sud di Venice, vicino a Marina del Rey, di cui si era occupato un D-2 di nome Phil Sorensen, che affermò: «Sai, quando ho sentito della Ramsey, ci ho pensato, ma la nostra era una tedesca, una stewardess della Lufthansa in vacanza, e le nostre indagini ci avevano portato a un fidanzato austriaco, addetto ai bagagli, rientrato in Europa prima che potessimo parlargli. Abbiamo spiccato un mandato di cattura internazionale, ci siamo fatti aiutare dalla polizia austriaca e dall’Interpol, tutto quello che serve. Non l’abbiamo mai trovato».
«Perché era indiziato?» chiese Petra.
«La ragazza con cui viaggiava la vittima, stew come lei, ci aveva detto che si era presentato senza preavviso al loro albergo tutto infuriato perché la vittima, che, a proposito, si chiamava Ilse Eggermann, aveva lasciato Vienna senza dirglielo. Ilse aveva raccontato all’amica che avevano litigato parecchio, il ragazzo aveva un brutto carattere, le metteva le mani addosso, così lei lo aveva piantato. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato dover lavorare in prima classe con un occhio nero. Tuttavia quando il fidanzato era ricomparso a Los Angeles, era anche riuscito a convincerla a tornare con lui. Erano usciti alle nove di sera. La ragazza è stata ritrovata alle quattro, abbandonata in un parcheggio vicino a Ballona Creek. Abbiamo controllato il volo del fidanzato. Era arrivato la mattina precedente con la Lufthansa, sfruttando lo sconto riservato ai dipendenti. Niente bagagli e non si era registrato in nessun albergo o motel di qui.»
«Dunque aveva in mente un soggiorno breve», commentò Petra. «Farla finita e alzare i tacchi.»
«Così sembrava.» Sorensen doveva essere di mezza età. Tono di voce cortese, parlatore lento, qualche esitazione. «Stew», non assistente di volo.
«Com’era vestita Ilse quando l’avete trovata?»
«Abito elegante, scuro, blu o nero. Nero, mi pare. Molto graziosa, lei, aveva l’aria di una ragazza perbene. Di buoni sentimenti.» Sorensen tossì. «Niente aggressione sessuale. Non c’è stato bisogno di Sherlock per stabilire che quella sera era stata con il fidanzato, certo Karlheinz Lauch. Il cameriere che ha servito al loro tavolo, all’ Antoine’s sul molo a Redondo Beach, si ricordava di loro perché non avevano né mangiato né parlato molto. Scarsi anche di mancia. Pensiamo che Lauch abbia tentato una riconciliazione, non ce l’abbia fatta, abbia perso la testa, l’abbia portata da qualche parte, dove l’ha uccisa e abbandonata. Non so che cosa guidasse perché non abbiamo mai rintracciato un’auto a noleggio e non risulta che avesse conoscenti in California.»
La voce di Sorensen si era alzata un po’. Molti particolari sulla punta delle dita per un caso di tre anni prima. Doveva essergli rimasto impresso.
«È stata trovata alle quattro», disse Petra. «Avete idea dell’ora a cui è stata uccisa?»
«Fra le due e le due mezzo di notte.»
Prime ore del giorno, come Lisa. Abbandonata in un parcheggio. E le paludi di Ballona Creek erano un parco di contea, come il Griffith. «Molte ferite?»
«Ventinove. Segni evidenti di accanimento, in carattere con il fidanzato. Aggiungici i precedenti delle percosse e il quadro generale sembra quello giusto. Coincide anche con il tuo, vero?»
«Ci sono senz’altro delle analogie, Sorensen», ammise Petra, mantenendo un tono di voce pacato. Guardandola da una certa prospettiva, sembrava una fotocopia.
«Già, si sa come funziona il cervello di questa gente», commentò lui. «Quelli che odiano le donne. Hanno la tendenza a ripetersi.»
«Vero», gli concesse lei. «Dove lavorava questo Lauch?»
«All’aeroporto di Vienna, ma aveva famiglia in Germania. Dopo l’omicidio non è tornato né al posto di lavoro, né dai suoi. Abbiamo controllato anche presso le altre compagnie aeree, ma non abbiamo trovato niente. Può aver cambiato nome, o essersi andato a nascondere in qualche altra nazione. Sarebbe stato bello andare in Europa a dare un’occhiata di persona, ma ti rendi conto anche tu di quant’è difficile strappare al dipartimento un biglietto d’aereo transcontinentale, così abbiamo dovuto affidarci alla polizia austriaca e a quella tedesca e a loro il caso non interessava più che tanto, perché l’omicidio era avvenuto qui.»
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