— Ricordo. — LuAnn annuì lentamente e si mordicchiò le labbra nervosamente. — Solo che questo potrebbe essere il rasoio più affilato di tutti.
Matt Riggs salì rapidamente i pochi scalini della vecchia casa vittoriana che aveva meticolosamente restaurato nel corso dell’ultimo anno. Approdando a Charlottesville, aveva portato con sé un’esperienza di alcuni anni di carpenteria. Rimettere quella casa in sesto con le sue mani era stato fondamentale per riuscire a relegare in un ripostiglio buio della sua mente tutto lo stress che stava cercando di scrollarsi di dosso.
Entrò in casa e raggiunse il locale che fungeva da ufficio. Da lì fece una telefonata a Washington: la Honda nera aveva la targa del distretto di Columbia. Tuttavia Riggs non si faceva troppe illusioni in merito, quasi sicuramente questo significava che era un’auto a noleggio oppure rubata. La BMW era tutt’altra storia. Quanto meno, avrebbe scoperto come si chiamava la donna bionda, considerando che né lei né l’uomo di nome Charlie ne avevano fatto menzione. Savage era di sicuro una possibilità: poteva essere la madre o la sorella maggiore della ragazzina Lisa Marie Savage, domiciliata a Wicken’s Hunt.
Le risposte non impiegarono molto a pervenirgli. La Honda era stata noleggiata due settimane prima, a nome Tom Jones. Tom Jones , che grande originalità. Quanto all’indirizzo, doveva essere tanto reale quanto quello di Tom Jones, poco ma sicuro. La Honda era un vicolo cieco, nulla comunque che Riggs non avesse già intuito.
La BMW forniva invece informazioni più interessanti. Riggs studiò gli appunti che aveva preso nel corso della telefonata. Catherine Savage. Nata a Charlottesville, Virginia. Età trent’anni. Controllato il numero della Sicurezza Sociale, l’indirizzo risultava corretto: Wicken’s Hunt. Nubile, ottimo credito bancario, nessun precedente penale, niente di strano nel suo passato. Che splendida invenzione erano i computer! Però…
Riggs ritornò sull’età: trent’anni… In una specie di castello circondato da centoventi ettari di foreste e di colline. Prezzo richiesto: sei milioni di dollari. Se la signorina Catherine Savage aveva giocato tanto duro con gli agenti immobiliari quanto aveva giocato duro con lui, poteva essere riuscita a strappare Wicken’s Hunt con cinque, forse addirittura quattro milioni. A cui poi erano andate ad aggiungersi le molte centinaia di migliaia di dollari per la ristrutturazione. Più le altre centinaia di migliaia di dollari per la recinzione da base militare che lui, forse , avrebbe costruito. La cordiale e affabile trentenne signorina Savage non era una rockstar e nemmeno una diva di Hollywood per permettersi quel tenore di vita. Quindi, che diavolo aveva in cantina, una tipografia di dollari? O forse la tipografia di dollari era il vecchio Charlie ad averla. Aveva detto di essere uno di famiglia, ma non era di certo il marito, bastava un’occhiata per capirlo.
Riggs si rilassò contro lo schienale della poltroncina. Il collo aveva ricominciato a fargli male. Aprì un cassetto della scrivania, ne tolse un tubetto di aspirine e mandò giù un paio di compresse ingoiandole senz’acqua.
D’accordo, tutti quei soldi Catherine Savage poteva averli ereditati. Soldi di famiglia o magari di un marito passato prematuramente a miglior vita. Un mucchio di uomini avrebbero allentato i cordoni della borsa di fronte a una donna del genere. Anche questo bastava un’occhiata per capirlo.
Lo sguardo di Riggs si spostò fuori dalla finestra, sugli alberi le cui foglie cominciavano ad assumere le tonalità calde dell’autunno. Per lui le cose stavano andando bene: un passato infelice alle spalle, un futuro di buoni affari alle porte. Il posto gli piaceva, così educato e così ordinato… E così splendidamente tranquillo. Almeno fino a quel mattino sulla strada delle colline. Matt Riggs sollevò l’appunto all’altezza degli occhi.
— Chi accidenti sei, Catherine Savage?
— Ci sei, tesoro? — LuAnn gettò un rapido sguardo dalla fessura della porta socchiusa, studiando la schiena della ragazza che finiva di vestirsi.
Lisa si voltò di tre quarti verso di lei: — Quasi.
A dieci anni di età, dotata della medesima struttura fisica, del medesimo portamento e della medesima bellezza della madre, Lisa Marie Savage era l’unico punto fermo nell’esistenza di LuAnn.
LuAnn entrò nella stanza, richiuse la porta alle proprie spalle e sedette sul letto. — Miss Sally mi dice che hai saltato la colazione. Qualcosa non va?
— Ho un’interrogazione, oggi. Sono un po’ nervosa.
La parlata di Lisa era una mescolanza di una miriade di accenti, di tonalità e di culture diverse, conseguenza diretta di una vita trascorsa in giro per il mondo. Non era una mescolanza spiacevole, al contrario. Lisa parlava correntemente quattro lingue straniere ed era in grado di sentirsi a proprio agio tanto a Canton quanto a Londra. Al tempo stesso, quei pochi mesi trascorsi in Virginia avevano già cominciato a conferirle una vaga inflessione del Sud degli Stati Uniti.
LuAnn le sorrise, toccandole una spalla con affetto. — E io che pensavo che dopo tutti i dieci che hai preso, avessi smesso di essere nervosa.
I loro sguardi s’incontrarono nello specchio. Anche LuAnn era in grado di sentirsi a proprio agio in ogni angolo del mondo. In dieci anni, aveva vissuto molte vite. Una buona cosa, vista all’ombra inquietante degli eventi di quel mattino, e considerando che forse il suo conto alla rovescia stava per finire.
— Non so proprio che cosa farci, mamma…
Lisa finì di prepararsi e sedette sul letto a sua volta, rivolgendo a LuAnn la schiena. LuAnn prese a spazzolarle i capelli, una sorta di rituale quotidiano che consentiva loro di sentirsi più intime, di comunicare.
— Se mi sento nervosa mi sento nervosa. Non è facile, sai?
— Ben poche cose sono facili a questo mondo. Ma l’importante è che tu ci dia dentro e faccia del tuo meglio, voti o non voti. — LuAnn le sistemò i capelli in una spessa treccia che fissò con un fiocco. — Ma se mi porti a casa un nove, vedi quello che ti succede, signorinella…
Risero entrambe e si avviarono insieme al piano inferiore.
— Chi era quell’uomo, mamma?
— Quale uomo?
— Quello con cui tu e zio Charlie stavate parlando, questa mattina.
— Eri già alzata? — LuAnn nascose la propria apprensione.
— Ero nervosa per l’interrogazione. Te l’ho già detto.
— Vero, me lo hai già detto.
— Allora, chi era?
— Costruirà la recinzione e i cancelli di sicurezza di accesso attorno alla proprietà. Aveva alcuni aspetti tecnici da chiarire.
— Recinzione e cancelli di sicurezza… Ne abbiamo davvero bisogno?
— Abbiamo già parlato di questo, Lisa — disse LuAnn prendendole la mano. — Economicamente, noi stiamo bene, molto bene. Lo sai, no? E ci sono persone cattive, là fuori, che potrebbero voler prendere le nostre cose o i nostri soldi.
— Tipo rapinarci?
— Non solamente quello.
— Che altro?
LuAnn si fermò e sedette su uno dei gradini, facendo cenno a Lisa di fare altrettanto. — Lisa, hai presente quando ti dico di fare sempre attenzione, di non fidarti di nessuno?
La ragazza annuì.
— Te lo dico perché quella gente cattiva potrebbe volerti portare via da me.
Sul viso di Lisa apparve un’espressione spaventata.
— Non voglio farti paura, tesoro… Ma voglio metterti in guardia. Voglio che tu sia consapevole della realtà che ci circonda. Tieni la testa a posto e gli occhi bene aperti, e tutto andrà bene. Lo zio Charlie e io non permetteremo che ti accada nulla di male. Promesso. D’accordo?
Lisa annuì convinta. Tenendosi per mano, madre e figlia tornarono a scendere le scale.
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