David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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24

La Honda nera deviò dalla strada fra le colline, superò un vecchio ponte di legno che attraversava un torrente gonfiato dalle piogge e svanì tra le ombre della foresta della Virginia. L’antenna della radio urtò contro un ramo più basso e una dispersione di goccioline di rugiada velò il parabrezza. Senza rallentare, Thomas Donovan arrivò a una radura dove sorgeva un malridotto villino di legno, e infilò la macchina nel capanno cadente che sorgeva sul retro. Poi smontò, richiuse le porte di legno scricchiolanti, vi applicò un lucchetto ed entrò in casa. L’interno era saturo dell’odore del legno bagnato.

Si sbarazzò della giacca. Dopo il suo incontro ravvicinato con quel furgone da due tonnellate e mezzo, Donovan si sentiva ancora malfermo sulle gambe. La schiena e il collo gli dolevano sempre più, e cercò di massaggiarseli come poté per trarne qualche sollievo. Poi mise a bollire un bricco d’acqua per il caffè e si accese una sigaretta. Inalò boccate rapide, cariche di nervosismo, guardando fuori dai vetri sporchi e incrinati di una delle basse finestre del villino. Massicci tronchi d’albero, denso sottobosco color verde profondo, la strada che si perdeva nel folto. Nessun movimento, nessuna presenza umana. Si passò una mano sulla fronte. Difficile che fosse stato seguito. Il villino era in un posto isolato e a chi gliel’aveva affittato Donovan non aveva detto il suo vero nome, né perché volesse starci.

Non aveva dato il suo vero nome nemmeno all’agenzia di autonoleggio presso la quale aveva noleggiato la Honda. E meno male. Però era quasi certo che il tizio del furgone avesse preso il numero della targa. Già, e chi era quello lì, un amico di LuAnn Tyler oppure un fortuito cavaliere errante?

Adesso Donovan sarebbe stato costretto a liquidare la Honda. Ma tornare in città per scaricarla all’agenzia, magari scucendo anche i soldi dei danni, sarebbe stato troppo rischioso. E poi tutte le domande ingombranti che sarebbero seguite e le troppe risposte che lui non aveva… No, sarebbe stato costretto a rientrare a Charlottesville in autobus e a prendere una seconda macchina presso un’altra agenzia. E siccome era stato visto, avrebbe dovuto cambiare qualcosa del suo aspetto. Quanto meno, tagliarsi la barba e tingersi i capelli.

Si versò una tazza di caffè fumante ed entrò nell’ambiente principale del villino, nel quale aveva allestito il suo centro operativo. Computer, stampante, telefono e fax occupavano il tavolo. Parecchi scatoloni pieni di documenti erano ordinatamente allineati e impilati in un angolo. Larghe bacheche di sughero con ritagli di giornale, fotografie e annotazioni erano affisse alle pareti.

L’inseguimento in macchina era stato semplicemente stupido, Donovan fu costretto ad ammetterlo con se stesso. Roba da finire disintegrati in mille pezzi in fondo a un burrone. La reazione della Tyler era stata folle, ma forse neanche tanto. Lei era spaventata, e ne aveva tutte le ragioni: cento milioni di dollari, niente tasse pagate per nove anni, una duplice accusa di omicidio, un nome falso… In effetti bastava e avanzava per non volere ficcanaso fra i piedi. Donovan mandò giù una lunga sorsata di caffè, cercando di valutare il tutto a mente fredda.

E se ora LuAnn Tyler fosse sparita di nuovo? L’averla rintracciata dopo dieci anni era stato per metà duro lavoro e per l’altra metà cieca fortuna. E sulla fortuna non poteva contare in futuro. Quanto alla fortuna, be’, è cieca. La sola strategia che gli restava era continuare la sorveglianza, aspettare i prossimi eventi e vedere quale piega avrebbero preso.

Il suo piccolo sistema personale di allarme era in funzione. All’aeroporto di Charlottesville, qualcuno lo avrebbe avvertito in caso una donna che rispondesse alla descrizione di LuAnn Tyler fosse partita a nome Catherine Savage. A meno che lei non avesse una seconda identità falsa già pronta, le sarebbe stato molto difficile muoversi in fretta se non come Catherine Savage. E questo avrebbe lasciato tracce. L’altra possibilità era che la Tyler cercasse di squagliarsela via terra, quindi Donovan era costretto a tenere d’occhio Wicken’s Hunt. Solo che non poteva farlo ventiquattr’ore su ventiquattro. Avvertire il Washington Tribune per chiamare rinforzi non era la più brillante delle idee, specie per uno come lui, abituato a lavorare da solo da trent’anni.

No, avrebbe continuato ad andare avanti senza aiuto, standole addosso come un cane da punta e dandoci dentro per organizzare un altro faccia a faccia. L’avrebbe convinta a passare dalla sua parte, a fidarsi di lui e a collaborare. A dispetto delle convinzioni dello sceriffo Harvey, Donovan non credeva che LuAnn Tyler avesse effettivamente fatto fuori qualcuno. Di una cosa però era certo: LuAnn Tyler, e forse anche altri di quei dodici supervincitori della Lotteria Nazionale di dieci anni prima, aveva qualcosa da nascondere. Era questa la storia che Thomas Donovan voleva. E avrebbe fatto di tutto per averla.

Il fuoco ardeva nel cuore dei caminetto di granito.

Pulsanti riflessi rossi danzavano sugli scaffali alti sino al soffitto e carichi di volumi e sui mobili eleganti della grande biblioteca di Wicken’s Hunt.

LuAnn sedeva a piedi nudi su un divano di pelle, le gambe raccolte sotto di sé, uno scialle di spesso cotone lavorato sulle spalle. Sul tavolino di fronte a lei c’erano una tazza di tè e una colazione che non erano stati toccati. Sally Beecham, grembiule immacolato sull’inappuntabile uniforme grigia, stava uscendo con il vassoio vuoto. Charlie richiuse la doppia porta ad arco dietro di lei e tornò a sedersi accanto a LuAnn.

— Hai intenzione di parlarmene o no?

Al silenzio di lei, Charlie prese una delle mani di LuAnn tra le proprie: — Sei fredda come il ghiaccio. Bevi un po’ di tè, forza.

Charlie si alzò e andò ad attizzare il fuoco fino a quando il calore delle fiamme non gli fece avvampare il volto.

— LuAnn, ascoltami — disse voltandosi. — Come posso aiutarti se non mi parli?

Di nuovo, nessuna risposta. Nel corso di dieci anni, fra di loro si era stabilito un solido legame, attraverso i grandi e piccoli problemi incontrati sulla loro strada. A partire dal momento in cui Charlie le aveva posto una mano sulla spalla nel 747 in decollo da New York in una sera di pioggia, fino a quando il Gulfstream li aveva riportati in America, erano stati inseparabili. Charlie non si chiamava Charlie, si chiamava Robert, Robert Charles. In fondo, Charlie non era poi così lontano dalla realtà. Ma nel tempo il suo vero nome era stato messo nel dimenticatoio. In fondo, nella realtà, che cos’è un nome? Da parte sua, lui la chiamava sempre LuAnn ma solamente e rigorosamente in privato. Lui era il suo amico, il suo partner, il suo confidente. L’unico che avesse, perché esistevano troppe cose che LuAnn non poteva confessare nemmeno a sua figlia.

Charlie tornò a sedersi, reprimendo una smorfia di dolore.

Era consapevole che ormai stava cominciando a perdere colpi, nessun dubbio in merito. Il suo corpo accusava l’età, in un processo forse accelerato dagli abusi sul ring di tanto tempo prima. La natura era arrivata a presentargli il conto e il divario di età che lo separava da LuAnn era diventato un abisso: lei adesso aveva trent’anni e lui sessantacinque. Una donna giovane e bella, un vecchio malconcio. Eppure, quel vecchio malconcio per lei avrebbe continuato ad affrontare qualsiasi nemico e a confrontarsi con qualsiasi pericolo. E lo avrebbe fatto con tutta la forza, la decisione e l’intelligenza che gli restavano.

LuAnn lo guardò e capì. E fu questo che la spinse a parlare.

— Avevo appena lasciato la casa e lui mi stava aspettando, proprio in mezzo alla strada. Mi ha fatto segno di fermarmi.

— Cristo… E tu?

— Non sono scesa dalla macchina, ma nemmeno potevo metterlo sotto. Ti garantisco però che se avesse tentato qualsiasi cosa, tipo tirare fuori un’arma, lo avrei fatto di sicuro.

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