David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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Tutta la faccenda cominciava a puzzare un po’ troppo e Thomas Donovan pensava che fosse giunto il momento di far venire a galla la verità.

Si sarebbe schierato dalla parte dei meno fortunati, come aveva sempre fatto. Forse, nel tempo, la sua battaglia avrebbe spinto il governo a riconsiderare l’etica degli immensi profitti ottenuti dalla lotteria. Non si illudeva certo di poter cambiare le cose, ma avrebbe sicuramente cercato di dare il meglio di sé.

Donovan lacerò la carta del pacchetto che gli aveva portato il fattorino. Documenti, prospetti, dati statistici, curriculum personali. Aveva già seguito la pista dei fallimenti finanziari dei vincitori degli ultimi cinque anni. Con questa nuova tornata, andava indietro di altri sette anni. Passò in rassegna l’incartamento sorridendo nel constatare che la sua teoria si andava puntualmente confermando: ogni anno nove vincitori su dodici in media avevano dichiarato bancarotta. Assolutamente sorprendente… Ma all’improvviso Thomas Donovan s’inchiodò. Il suo sorriso di soddisfazione scomparve. Dieci anni prima questo non era accaduto. Dieci anni prima, nessuno dei dodici vincitori della Lotteria Nazionale degli Stati Uniti aveva avuto il benché minimo problema di gestione finanziaria. Non poteva essere.

Donovan si attaccò al telefono e contattò l’istituto che aveva condotto la ricerca. Nessun errore. Le dichiarazioni di bancarotta erano dati di pubblico dominio.

Donovan riappese e cominciò a scorrere di nuovo quel foglio: Herman Rudy, Bobbie Jo Reynolds, LuAnn Tyler e la lista continuava per i rimanenti nove mesi. Dodici vincitori e non uno che avesse dichiarato bancarotta. Non uno. In quell’unico anno la statistica aveva fatto cilecca.

I due capisaldi del giornalismo investigativo, per gente del calibro di Thomas Donovan, erano la perseveranza e l’istinto. E adesso, l’istinto gli stava dicendo che nella storia delle lotterie spuntava un nuovo filone d’indagine, molto diverso. Molto più esplosivo.

Per prima cosa, voleva verificare certe sue fonti. E per farlo, quella affollata e rumorosa redazione era il posto meno indicato. Mise gli incartamenti nella sua valigetta e uscì dall’ufficio. Senza l’intasamento dell’ora di punta, gli bastarono appena una ventina di minuti per raggiungere il suo appartamento in Virginia. Con due divorzi alle spalle e nessun figlio, la vita di Thomas Donovan era tutta concentrata sul lavoro. Aveva da anni una relazione più o meno solida con Alicia Crane, signora dell’alta società di Washington. C’era stato un periodo in cui, attraverso Alicia, i suoi contatti alla Casa Bianca e al Congresso erano stati di prim’ordine. Donovan non si era mai trovato a proprio agio in quell’ambiente, ma lei gli era sempre stata d’appoggio. E in fondo, continuare a muoversi ai margini di quel mondo altolocato non era la cosa peggiore che potesse capitargli.

Dal suo studio fece le altre telefonate. Esistevano molti modi per ottenere informazioni sulla gente, perfino sul conto di coloro che potevano permettersi cordoni protettivi. Per prima cosa, Donovan si mise in contatto con uno dei suoi più vecchi informatori presso gli uffici tributari e gli passò i nomi di quei dodici vincitori che dieci anni prima non avevano dichiarato bancarotta. L’informatore lo richiamò un paio di ore più tardi, e secondo le sue informazioni Donovan spuntò via via i nomi sulla lista.

Risultò che a partire da quell’anno fatidico, undici dei vincitori avevano rigorosamente presentato le denunce dei redditi ogni anno. Erano somme colossali. E i prelievi fiscali erano stati ugualmente colossali. Ma se questi dati non modificavano i termini della questione di fondo, cioè come quegli undici erano riusciti a evitare la bancarotta, un altro aspetto pareva forse più intrigante.

Donovan osservò l’elenco di nomi. Il dodicesimo vincitore non aveva presentato alcuna denuncia dei redditi. Forse non l’aveva presentata sotto il suo vero nome, o forse si era dissolto nel nulla, insieme ai cento milioni di dollari della vincita.

LuAnn Tyler. Era questo il suo nome. Ricordava molto vagamente l’episodio. Una ragazzina uscita da un paesucolo in un’area fortemente depressa della Georgia. Due delitti, il suo compagno e un altro balordo. Delitti legati al traffico di droga. All’epoca, come storia non aveva avuto il minimo interesse per Donovan. E probabilmente non se ne sarebbe ricordato adesso se quella ragazza non fosse scomparsa subito dopo aver vinto cento milioni di dollari portandosi via l’enorme somma. Nel darsi alla fuga con alle spalle un’accusa di duplice omicidio, LuAnn Tyler doveva aver assunto una diversa identità. E con cento milioni di dollari in tasca, non doveva essere stato troppo difficile.

Il lampo di un sorriso si stagliò sul volto di Donovan. Forse aveva un modo per scoprire la nuova identità di LuAnn Tyler. E magari molto di più.

Il giorno dopo Donovan telefonò allo sceriffo di Rikersville, in Georgia, il paese natale di LuAnn Tyler. Si chiamava Billy Harvey e, scherzo del destino, era lo zio di Duane Harvey e aveva sostituito Roy Waymer, sceriffo all’epoca dei fatti, morto cinque anni prima.

— È stata lei a far fuori Duane! — gridò lo sceriffo, divenuto molto loquace sentendo il nome di LuAnn. — Ci gioco le palle che lo ha incastrato con la droga. Noi Harvey non saremo un granché, ma di sicuro abbiamo un onore da difendere!

— Naturalmente — concordò Donovan. — E nel corso degli ultimi dieci anni avete avuto qualche notizia di LuAnn Tyler?

Billy Harvey fece una lunga pausa. — Ha mandato un po’ di soldi.

— Soldi?

— Sissignore. Ai genitori di Duane. Loro i soldi non glieli hanno mica chiesti, questo è poco ma sicuro.

— Ma li hanno tenuti.

— Be’, sono vecchi e poveri di brutto. Nemmeno lei avrebbe girato le spalle a tutti quei soldi.

— E di quanti soldi stiamo parlando, esattamente?

— Duecento.

— LuAnn Tyler ha mandato ai genitori di Duane duecento dollari?

— Duecento mila dollari. E se questo non è la prova che LuAnn ha la coscienza sporca, non so proprio quali altre prove occorrano.

Donovan emise un sibilo sommesso. — Mi dica una cosa, sceriffo, lei ha individuato la provenienza di quel denaro?

— Io allora non ero lo sceriffo. Ma Roy Waymer ci ha provato. Aveva addirittura alcuni dei ragazzi dell’Fbi a dargli una mano, però nessuno è mai riuscito a cavare un fottuto ragno da un fottuto buco. LuAnn ha mandato soldi anche ad altra gente, da queste parti. Ma niente da fare, non l’abbiamo scovata. Come se fosse diventata una specie di fantasma.

— Che altro può dirmi, sceriffo?

— Se un giorno riuscirà a trovare LuAnn, le dica che la famiglia Harvey ha la memoria lunga, anche dopo tutti questi anni. Il mandato di cattura per omicidio contro di lei è ancora valido. E se torna qui in Georgia, glielo troviamo noi un bell’albergo con le sbarre alle finestre, per vent’anni o giù di lì. Non c’è prescrizione per l’omicidio, giusto?

— Se la incontrerò, glielo dirò di sicuro, sceriffo Harvey. Un’ultima cosa: potrebbe mandarmi una copia del dossier sul caso di suo nipote Duane? Rapporto dell’autopsia, note d’indagine… tutta la storia, insomma.

— E lei crede davvero di trovare LuAnn dopo tutto questo tempo?

— Sono trent’anni che faccio questo mestiere, sceriffo Harvey. Lei non ha idea di chi e che cosa sono riuscito a trovare.

— Be’, se le cose stanno così, allora glielo mando.

Donovan gli diede il recapito e dopo essersi congedato, prese qualche appunto. LuAnn Tyler aveva cambiato nome, questo era sicuro. Se voleva trovarla, doveva scoprire qual era il nome nuovo.

Donovan passò la settimana successiva a indagare fin nella più minuscola fessura della vita di LuAnn Tyler. Dalla Rikersville Gazette ottenne copie degli annunci mortuari dei genitori di lei. Scoprì date e luoghi di nascita, nomi di parenti lontani, molti altri elementi. La madre di LuAnn era nata a Charlottesville, in Virginia. Ma dai due soli parenti ormai rimasti in vita, Donovan non ottenne niente. LuAnn non aveva mai neppure cercato di mettersi in contatto con loro.

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