— Ecco fatto — le bisbigliò all’orecchio dandole di gomito con aria complice. — Adesso puoi sia svuotare l’intera gioielleria Tiffany sia costruire l’ospedale per i bambini ammalati di leucemia ad Harlem. Il tutto solamente con gli interessi.
L’uomo della fortuna tornò a esibire la sua consumata abilità istrionica. — Come ho già detto, si tratta di una cifra storica. E questa sera, forse addirittura in questo stesso auditorium… un superfortunato, o superfortunata, sarà il solo e unico vincitore! — Fece un gesto teatrale. — Si vada a incominciare!
La bionda sexy attivò la macchina dell’estrazione. All’interno del primo contenitore, le palline da ping-pong presero a muoversi nel vortice dei moti caotici. Quasi subito alcune di esse si affollarono intorno all’imbocco del condotto superiore, lottando per conquistarlo.
LuAnn sentiva il cuore martellarle nel petto, il respiro si faceva affannato. Accanto a lei, c’era il benevolo Charlie. Dentro di lei risuonava la voce controllata e autoritaria di Jackson, con le sue certezze invisibili, con le sue prodigiose predizioni della lotteria quotidiana. Eppure, dopo tutto quello che era accaduto nel corso degli ultimi giorni, LuAnn sentì che il trovarsi lì in quel momento non era altro che follia pura.
Come poteva Jackson penetrare il caos di quelle piccole sfere bianche, così assurdamente simile all’attacco degli spermatozoi sull’ovulo da fecondare, come aveva visto una volta alla TV? Incanalare poi quel medesimo caos… Controllarlo! In quale modo poteva davvero essere fatto?
Una specie di nodo scorsoio cominciò a stringerla alla gola. Non poteva essere. Forse c’era ancora un’ultima via d’uscita. Forse poteva ancora tentare di spiegare alla legge ciò che era successo nella roulotte che aveva chiamato casa. O invece non le rimaneva altro che uscire dalla gabbia dorata del Waldorf-Astoria, rintanarsi in un rifugio per senzatetto e cercare di decidere che cosa fare con i cocci della sua esistenza. Tentare di salvare almeno Lisa…
Zero.
La prima pallina bianca era penetrata nel condotto ed era stata catturata dalla prima ventosa. Era la pallina con il numero zero. La cifra apparve su uno schermo gigante sospeso sul palco. ZERO.
Inconsciamente, le dita di LuAnn trovarono quelle spesse di Charlie e s’intrecciarono con esse. La prima delle cifre delia sua combinazione vincente! I moti caotici continuarono nel secondo contenitore e generarono un secondo numero.
Otto.
Vortice dopo vortice, condotto dopo condotto, ventosa dopo ventosa. Cifra vincente dopo cifra vincente.
0-8-1-0-0-8-0-5.
LuAnn recitò silenziosamente quei numeri. Sentiva le ginocchia molli, un sudore nervoso le imperlava la fronte. Stava accadendo. Stava veramente accadendo! In qualche modo, servendosi di chissà quale magia, il misterioso e minaccioso uomo che si faceva chiamare Jackson sapeva veramente come frodare la Lotteria Nazionale degli Stati Uniti d’America!
Tra la folla, molti cominciarono a mugolare dal disappunto, a bestemmiare tra i denti, e ad andarsene. La combinazione vincente pareva incombere su di loro come un beffardo dio della vendetta. Biglietti strappati avevano cominciato a ricoprire il pavimento dell’auditorium via via che i numeri venivano estratti, formando ora una sorta di tappeto patchwork.
LuAnn fissò il danzare caotico delle sfere nel nono contenitore. Era come se quelle traiettorie imprevedibili, quei rimbalzi privi di sequenza, si stessero svolgendo in un tempo assurdamente rallentato. Quasi che il tessuto profondo della realtà stesse andando in pezzi. La penultima pallina venne catturata dalla ventosa.
Due.
Non c’era più speranza sui volti degli uomini e delle donne rimasti nell’auditorium. Tranne che sul viso di una giovane donna, coperto da grandi occhiali scuri.
Decimo vortice, quello conclusivo. Una delle palline parve aprirsi la strada fra le altre, come se fosse determinata a conquistarsi il proprio posto nella gloria. La stretta di LuAnn intorno alla mano di Charlie si allentò. Era la sfera con il numero uno. Quand’era ormai quasi incanalata, la sfera numero quattro le tagliò la strada, costringendola a tornare verso il basso prima di ritentare l’approccio al decimo condotto. LuAnn sentì il sangue defluirle dal viso.
— Oh, merda…
Lo disse a voce alta. Nel brusio generalizzato della folla nessuno la sentì. Nemmeno Charlie. Quello che lui sentì fu invece la stretta di LuAnn che tornava a chiudersi sulla sua mano, così energica da farlo quasi gemere.
Charlie deglutì a forza, condividendo l’ansia di LuAnn. Nel passato Jackson non aveva mai fallito. Mai. E che diavolo, non poteva certo fallire proprio questa volta! Charlie infilò la mano libera sotto la camicia e afferrò il piccolo crocefisso d’argento che portava al collo da una vita. Lo strinse.
Nell’ultimo contenitore, la pallina uno e la pallina quattro continuavano a combattere, urtandosi e scambiandosi di posto all’imboccatura del condotto, finché anche l’ultima sfera fu catturata dalla ventosa.
Uno.
LuAnn stava tremando.
Anche Charlie stava tremando. Rimasero immobili fianco a fianco, fradici di sudore come alla fine di un impetuoso amplesso.
0-8-1-0-0-8-0-5-2-1.
Era fatta. Era proprio quella la combinazione vincente. La sua combinazione vincente completa!
Charlie inclinò il capo verso di lei, la fronte aggrottata come per dire: Hai vinto, no? LuAnn annuì lentamente, quasi seguendo il ritmo di una canzone silenziosa. Tra le sue braccia, Lisa si agitò e scalciò, percependo l’umore della madre.
— Cristo! — si lasciò scappare Charlie con un lungo sospiro. — Prima che quell’ultima pallina cadesse, ho davvero creduto che me la sarei fatta nei pantaloni.
Adesso si stavano allontanando dal grattacielo su Park Avenue per fare ritorno al Waldorf-Astoria. Era una bellissima notte, molto chiara, sferzata da un vento fresco, e nel cielo pareva dispiegarsi una parata di stelle senza fine.
— C’è mancato poco che non mi staccassi le dita — disse Charlie massaggiandosi la mano indolenzita. — Vuoi spiegarmi che cosa ti ha preso?
— Non è necessario che tu lo sappia.
LuAnn inspirò a fondo l’aria pulita, depose un tenero bacio sulla guancia di Lisa e improvvisamente, con un sorriso accattivante, diede di gomito a Charlie e annunciò: — Chi arriva ultimo all’albergo… — LuAnn partì di corsa — paga la cena!
Charlie la osservò scendere lungo Park Avenue con le sue falcate da maratoneta, le falde dell’impermeabile che si allargavano dietro di lei come grandi ali. Pur nella distanza, poté udire le grida di gioia di lei erompere nella notte. Sorrise e si lanciò nella sua scia.
Nessuno dei due sarebbe stato così felice sapendo che qualcuno li aveva seguiti fino all’estrazione della lotteria e li stava ora osservando dall’altra parte della strada.
Romanello aveva intuito che il pedinamento di LuAnn Tyler avrebbe riservato interessanti sviluppi. Ma ora doveva ammettere che il risultato andava ben al di là di ogni più rosea previsione.
— Ne è certa, LuAnn?
— Sì, signor Jackson.
— Assolutamente certa che il luogo nel quale vuole andare sia quello?
— È da una vita che voglio andare in Svezia. La famiglia della mia mamma è venuta da là, tanto tempo fa. Anche lei ci voleva sempre andare, ma non ce l’ha fatta. Cioè, è come farlo anche per lei. È una cosa difficile, signor Jackson?
— Qualsiasi cosa è difficile, LuAnn. La differenza è solo il livello di difficoltà.
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