— Al negozio, ti ho visto provarlo. — LuAnn sorrise. — E ti stava proprio bene, proprio bello. Ma poi lo hai rimesso giù. Però io l’avevo capito che lo volevi.
— LuAnn, questo cappello costa un sacco di soldi.
— Ne avevo da parte — fece lei, con un gesto di noncuranza. — Spero che ti piaccia.
— È magnifico, grazie tantissime. — Charlie la strinse energicamente per le spalle, accarezzando uno dei piccoli pugni di Lisa nel darle una delicata ma formale stretta di mano. — E grazie anche a te, signorinella. Ottimo gusto.
— Dai, rimettilo su. Vedi se ti piace ancora.
Charlie si sistemò il cappello sulle ventitré e si diede un’occhiata nello specchio.
— Sei uno schianto, Charlie — approvò LuAnn. — Proprio uno schianto.
— Sì… niente male — confermò lui provandolo con un’altra inclinazione. — Davvero niente male.
Infine si tolse il cappello e tornò a sedersi.
— Sai, LuAnn, questo è il primo regalo che ricevo da qualcuno di cui mi sto occupando. Di solito sto con loro solamente un paio di giorni, poi subentra Jackson.
LuAnn non si lasciò scappare la possibilità di vederci più chiaro: — Ma com’è che ti sei ritrovato a fare questo lavoro?
— Non dirmi che adesso vuoi stare a sentire la storia della mia vita?
— Perché no? Anzi, ti farò una testa così finché non lo fai.
Charlie si mise più comodo e indicò il proprio volto con il pollice della sinistra. — Scommetto che non avresti mai indovinato che combattevo sul ring — attaccò sogghignando. — Più che altro, ero uno “sparring partner”, quello su cui i giovani leoni praticavano la loro nobile arte. Ma sono stato furbo abbastanza da mollare quando avevo il cervello ancora intatto, almeno in parte. Dopo la boxe, mi sono dato al football, a livello semiprofessionistico. Non che quello sia più leggero, ma in compenso porti casco e imbottiture. Ho sempre fatto sport. E mi piaceva guadagnarmi il pane con lo sport.
— Tu ce l’hai l’aria di uno in forma.
— Ehi, niente male per un vecchietto di cinquantaquattro anni, giusto? — Charlie si diede una pacca sugli addominali solidi. — In ogni caso, finito con il football ho fatto per un po’ l’allenatore, mi sono sposato e me ne sono andato di qua e di là… senza mai trovare il posto giusto in cui fermarmi. Lo sai com’è, no?
— La conosco bene questa storia — concordò LuAnn.
— Poi la mia carriera ebbe una svolta. — Charlie spense la sigaretta e immediatamente se ne accese un’altra.
LuAnn ne approfittò per rimettere Lisa nel passeggino. — Cioè quale?
— Sono stato per un po’ ospite dello Zio Sam.
LuAnn lo guardò con aria perplessa.
— Sole a scacchi, LuAnn. Carcere federale.
LuAnn lo guardò sorpresa. — Tu non mi sembri il tipo del criminale.
— No? E che tipo è il criminale? — domandò Charlie sorridendo. — Ti posso assicurare che ce n’è proprio di tutti i tipi.
— Che cosa avevi fatto?
— Evasione fiscale. Frode, credo che si dica. Almeno, così l’ha chiamata il pubblico ministero. Aveva ragione. Mi ero stufato di pagare, ecco tutto. Che diavolo, non ce n’era abbastanza nemmeno per tirare a campare, figurati darne anche al governo. — Charlie corrugò la fronte e si ravviò i capelli. — Una piccola svista che mi è costata tre anni. Più il mio matrimonio.
— Oh, mi spiace.
— È stata probabilmente la miglior cosa che potesse capitarmi — rispose lui facendo spallucce. — Ero in un carcere di minima sicurezza insieme a un branco di altri balordi dal colletto bianco, così non avevo da preoccuparmi che qualcuno mi tagliasse la testa. O qualche altra parte anatomica. Seguii una quantità di corsi, cercai di capire che cosa avrei potuto fare per il resto della mia vita. Ci fu un unico aspetto negativo in prigione. — Charlie sventolò la sigaretta accesa. — Il tabacco. Fuori, mai fatto un tiro. Dentro, tutti quanti tiravano da tutte le parti. Una volta tornato in libertà riuscii a smettere. Ressi anche per parecchio. Sei mesi fa ci sono ricascato in pieno. All’inferno. Comunque, una volta tornato fuori, andai a lavorare per il mio avvocato difensore. Una specie di investigatore privato, molto privato. Nonostante la mia scivolata con il fisco, lui sapeva che io ero un tipo affidabile, addirittura onesto. E da parte mia, conoscevo un bel po’ di gente a tutti i livelli della scala sociale. E tu sai che cosa intendo, no? Agganci giusti. Inoltre, dietro le sbarre avevo imparato un sacco di cose. Avevo avuto fior di professori in tutte le materie che contano davvero, dall’imbroglio alle assicurazioni, al furto d’auto. Un’esperienza che mi è stata parecchio utile nel mio lavoro con l’avvocato. E poi, il lavoro a me andava di lusso.
— Ma com’è che hai attaccato con il signor Jackson?
Di colpo, Charlie non apparve più tanto a suo agio. — Fu lui a contattarmi. Mi ero rimesso nei guai. Non guai grossi, ma ero ancora in libertà vigilata e avrei potuto ritrovarmi in galera per un bel po’. Jackson si offrì di darmi una mano. E io accettai l’offerta.
— Tipo come ho fatto io. — C’era un che di tagliente nella voce di LuAnn. — L’offerta che non puoi rifiutare.
— Già. — Gli occhi di Charlie s’indurirono. — Proprio l’offerta che non puoi rifiutare.
LuAnn sedette sul letto e sbottò d’un fiato: — Io non ho mai fatto imbrogli su niente in vita mia.
— Questione di prospettiva.
— Che cosa vuoi dire?
— Be’, se ci pensi, gente brava, onesta, che lavora duro, fa imbrogli pressoché ogni giorno. La maggior parte sono imbrogli piccoli, certi sono più grossi. Gente che truffa il fisco. O che le tasse addirittura non le paga per niente, come me. Gente che si rende conto di aver ricevuto un resto in più ma che non restituisce la differenza. E poi tutte quelle piccole bugie. Cose da nulla, però dette quotidianamente, giusto per arrivare a sera senza diventare matti. Il che ci porta alla roba grossa. Uomini e donne che tradiscono i loro compagni, mariti, mogli, amanti pressoché costantemente. E credimi, sono un esperto in materia. La mia ex moglie ha una laurea in adulterio.
— Ne so qualcosa anch’io — disse LuAnn a bassa voce.
— Che povero stronzo, se mi passi il commento. In ogni caso, se ammucchi tutti i piccoli imbrogli di un’intera vita, viene fuori qualcosa di bello grosso.
— Ma non grosso come cinquanta milioni di dollari.
— Forse non in termini di dollari, questo no. Ma può darsi che una sola truffa super valga come mille piccole truffe quotidiane, che alla fine ti fanno sentire male quando ti guardi allo specchio.
Charlie rimase a osservarla mentre LuAnn reprimeva un brivido.
— Forza, ordiniamo questa cena — e così dicendo tornò a esaminare il menù. — Pesce va bene?
LuAnn annuì con aria assente, gli occhi fissi al pavimento, mentre Charlie faceva l’ordinazione per telefono. Riattaccò e si accese l’ennesima sigaretta.
— Andiamo, LuAnn, non esiste una sola persona al mondo che rifiuterebbe l’offerta di Jackson. Da come la vedo io, faresti una grossa stupidata a rifiutarla. — Giocherellò con l’accendino. — E da quel poco che ho visto di te, puoi sempre redimerti, quanto meno agli occhi di te stessa. Non che a teserva poi così tanta redenzione…
Lei alzò lo sguardo. — E come faccio?
— Potresti usare una parte di quei soldi per aiutare altre persone — rispose Charlie con semplicità. — Mettere su una specie di fondazione, qualcosa del genere. Non sto dicendo che non dovresti goderti i soldi. Penso che te li meriti. Ho visto un po’ di note sulla tua storia passata e so che non hai avuto affatto una vita facile.
LuAnn scrollò le spalle. — Finora ce l’ho fatta.
— Esattamente, LuAnn: ce l’hai fatta. — Charlie andò a sedersi accanto a lei. — Hai imparato a sopravvivere, e sopravviverai anche a questo. Senti — continuò guardandola intensamente. — Adesso che ti ho raccontato più o meno tutto, posso fartela io una domanda personale?
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