David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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Invece di seguitare a resistere passivamente, gli si scaraventò addosso urlando a squarciagola. E questo lo disorientò. Di colpo sbilanciato, l’uomo abbandonò la presa alla caviglia. In quel frangente LuAnn scorse i suoi occhi: due biglie marrone scuro, il colore delle vecchie monete da un centesimo. Quegli occhi non le piacevano. E con uno scatto felino gli piantò indice e medio della mano destra direttamente dentro i bulbi. L’uomo urlò come un maiale sgozzato. Sotto la scossa nervosa del lancinante dolore, schizzò all’indietro, picchiò la schiena contro la parete e le ritornò addosso alla cieca.

Rotolarono entrambi sul divano, in un sussultante groviglio di gambe e di braccia. Nella caduta, la mano di LuAnn agguantò un oggetto, impossibile capire cosa. Le parve qualcosa di ragionevolmente pesante. E di molto duro. Senza pensarci due volte pestò l’oggetto sul cranio del killer, sfiorando nel movimento il cadavere di Duane mentre per inerzia andava a sbattere a sua volta contro la parete.

Nel centrare la tempia dell’assalitore, il telefono si disintegrò in mille pezzi. L’uomo crollò di nuovo. Le sue gambe ebbero un sussulto spastico. Sangue scintillante gorgogliò tra i capelli zeppi di brillantina e colò sul pavimento, mescolandosi al ketchup. E all’altro sangue, quello di Duane Harvey.

LuAnn rimase immobile a terra per un attimo, poi in qualche modo riuscì a mettersi a sedere. Tutta la schiena le doleva. Aveva un braccio indolenzito nel punto in cui, cadendo, aveva urtato contro il tavolino, e ben presto le si intorpidì fino a diventare insensibile, inutile. Un Boeing 747 continuava a decollarle dentro il cranio.

— Cristiddio…

Lottò per sollevarsi e per mantenere l’equilibrio. Doveva andarsene da lì. Prendere Lisa e correre finché le sue gambe l’avessero sostenuta. Le ombre apparvero ai margini del suo campo visivo, simili alle ali di quegli uccelli neri che aveva visto prendere il volo dagli alberi intorno alla radura.

— Gesù…

Le ombre invasero l’intero universo. LuAnn Tyler crollò su se stessa come un castello di carte.

8

LuAnn non aveva idea di quanto tempo fosse rimasta svenuta. Il sangue scaturito dalla ferita al mento non si era ancora seccato, così dedusse che il mancamento non poteva essere stato troppo lungo.

Aveva la maglietta tutta strappata, intrisa di altro sangue, un seno fuoriuscito dallo squarcio nella stoffa. Lentamente, si rimise in posizione seduta, cercando di ricomporsi con l’unico braccio funzionante. Si passò la mano sul mento e le sue dita incontrarono il taglio dai bordi slabbrati. In qualche modo riuscì a sollevarsi. Aveva il fiato mozzo. Ondate di terrore e di dolore fisico continuavano a martellarla come marosi in una tempesta.

I due uomini giacevano uno accanto all’altro. L’uomo che aveva tentato di ucciderla era ancora vivo. Lo indicava il ritmico abbassarsi e sollevarsi del suo ventre a mongolfiera. Per Duane era difficile dirlo. LuAnn si mise in ginocchio e cercò di sentirgli il polso. Se anche c’era un battito, non le riuscì di trovarlo. La faccia di Duane aveva assunto una sfumatura grigiastra, accentuata dalla penombra che dominava all’interno della roulotte. LuAnn si alzò e girò l’interruttore. Non servì, la luce rimase scarsa. Tornò a inginocchiarsi accanto a Duane, cercò una pulsazione sul suo torace. Niente. Gli sollevò la camicia ma la riabbassò di scatto. Sangue.

— Santo Dio, Duane… Che cosa hai combinato? Duane? Puoi sentirmi? Rispondi!…

Nel chiarore livido e quasi lunare della Airstream, poté accertare che il sangue aveva smesso di sgorgare dal corpo ferito di Duane, segno probabile che il suo cuore aveva cessato di battere. LuAnn gli toccò un braccio. La carne del gomito era ancora calda, ma quella della mano era fredda, e le dita stavano già incurvandosi, simili ad artigli. Il suo sguardo si spostò sui resti del telefono. Non sarebbe venuta nessuna ambulanza. E comunque, a Duane non sarebbe servita. Bisognava chiamare la polizia. Identificare l’uomo che aveva fatto fuori Duane e che aveva cercato di uccidere anche lei.

Quando LuAnn si alzò per andarsene, s’inchiodò di nuovo. Polvere. Polvere bianca all’interno di piccole buste di plastica trasparente. Erano nascoste dietro il secchiello bisunto del Kentucky Fried Chicken. Nella lotta erano finite sparse per terra. LuAnn si chinò a raccoglierne una. Capì all’istante di che cosa si trattava. Droga…

Da qualche parte alle sue spalle udì un lamento. Lisa! Dov’era Lisa? Poi ci fu un altro suono, qualcosa che poteva essere un fruscio. La mano del killer aveva cominciato a muoversi, a sollevarsi. Verso Lisa! LuAnn buttò via la bustina con la polvere bianca e si precipitò per il corridoio. Usando il braccio buono strappò dal pavimento il seggiolino in cui si trovava sua figlia, che nel vedere sua madre era scoppiata a urlare, e si gettò fuori dalla Airstream. La zanzariera sbatté contro l’esterno della roulotte con uno schianto che parve lo scoppio di un petardo.

LuAnn sfrecciò davanti alla macchina da pappone, e quando fu oltre gettò una frenetica occhiata dietro di sé. L’imponente massa di carne che lei aveva abbattuto con il telefono non era apparsa sulla porta per darle la caccia. O perlomeno non ancora. Gli occhi di LuAnn volarono al cruscotto, alle chiavi lasciate nel quadro. Investito dai raggi del sole, l’acciaio nichelato scintillava come una tentazione ricoperta di diamanti. LuAnn esitò solo un istante, dopodiché lei e Lisa erano già a bordo. Il motore a otto cilindri si avviò con un ruggito e il retrotreno sbandò sul terreno intriso di pioggia, mentre i pneumatici facevano volare fango scuro in ogni direzione. Cercando di tenere a bada i propri nervi, LuAnn imboccò lo sterrato e superò il dosso. Lasciò dietro di sé il killer, la droga e la Airstream. E Duane Harvey.

L’improvvisa ricchezza di Duane faceva parecchio pensare. Vendere droga rendeva evidentemente molto di più che svuotare automobili lungo l’interstatale. Solo che Duane aveva tentato di tenere per sé un po’ troppa polvere bianca, o un po’ troppa grana verde. O entrambe.

LuAnn svoltò sulla statale, facendo stridere le gomme della macchina da pappone. Doveva avvertire la polizia. C’era ancora una remota possibilità che Duane non fosse morto, anche se salvarlo significava garantirgli un lungo soggiorno nelle patrie galere. Ma se non era morto, lei non poteva permettere che lo diventasse. Quanto all’energumeno, non poteva fregargliene di meno. L’unica cosa che le scocciava era di non aver avuto a disposizione qualcosa di più pesante con cui sfondargli il cranio.

LuAnn lanciò un’occhiata a Lisa. Vide un visino terrorizzato, labbra e gote che ancora tremavano per la paura. Allungò il braccio malconcio per calmare la piccola. Un gesto semplice, breve. Eppure, per non urlare di dolore fu costretta a mordersi le labbra. Quanto al collo, le doleva come se ci fosse passato sopra un camion. Il suo sguardo si spostò sul telefono cellulare. Doveva avvertire, dare l’allarme.

Fermò la macchina in una piazzola di sosta, staccò il ricevitore dal supporto e armeggiò nervosamente con l’apparecchio prima di riuscire a comporre il numero.

— Nove-uno-uno — disse una voce di donna. — Qual è la vostra emergenza?

LuAnn Tyler staccò la comunicazione. Stava osservando le proprie dita, che tremavano così convulsamente da non riuscire a stringersi in un pugno. Sangue suo. E di qualcun altro. In quella storia c’era dentro anche lei. In pieno. Quel maledetto energumeno aveva cercato di rialzarsi, d’accordo, ma per quanto ne sapeva lei, poteva essere crollato nuovamente e aver tirato le cuoia dieci secondi dopo. E in quel caso era stata lei a farlo fuori. Legittima difesa? Certo, ma chi le avrebbe creduto? Era un trafficante di droga. E lei adesso era al volante della sua macchina.

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