David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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Ma c’era di più. Quando avrebbe dovuto nutrire Lisa con cibo solido con ritmi da adulto, ce ne sarebbe stato abbastanza? Sarebbe davvero riuscita a dare da mangiare a sua figlia? Senza macchina, sempre su e giù da quei dannati autobus, che cosa sarebbe accaduto se sua figlia si fosse ammalata? O se lei stessa si fosse ammalata? E se avesse perduto il lavoro? Che ne sarebbe stato di Lisa? LuAnn Tyler non aveva alcun tipo di sussidio di disoccupazione, né di assicurazione sanitaria. Per le visite e le vaccinazioni portava Lisa all’ospedale della contea. Per contro, lei non vedeva un medico da oltre dieci anni. D’accordo, era giovane e di buona salute, ma tutto poteva andare in pezzi nel tempo di uno schioccare di dita. Non si poteva mai sapere.

Naturalmente c’era Duane Harvey. Il grande, generoso Duane Harvey che si prendeva cura della lista senza fine delle necessità quotidiane di Lisa. Certo! Alla sola remota prospettiva di cambiare un pannolino, quel povero idiota fradicio di birra sarebbe scappato urlando nei boschi. Le venne quasi da ridere. Ma non era proprio il caso.

LuAnn studiò il ritmo del respiro di Lisa, che dormiva con la boccuccia semiaperta. Sentì come una mano di ghiaccio stringerle lo stomaco. Sua figlia dipendeva da lei per tutto. Letteralmente tutto. Ma la realtà era che LuAnn non aveva nulla. La realtà era che lei, giorno dopo giorno, si avvicinava sempre più al confine del nulla. E per il collasso finale era solo questione di tempo.

Un ciclo. Questo aveva detto Jackson.

Prima sua madre. Poi lei, LuAnn. Perfino Duane Harvey cominciava ad assomigliare a Benny Tyler, in tutti i sensi. E Lisa, la creatura per la quale lei non avrebbe esitato a uccidere, o si sarebbe fatta uccidere, era l’ultima dell’appello. Benvenuti in America, terra delle opportunità. Ma certo, bastava solo aprire la porta giusta. Il problema era che a lei, LuAnn Tyler, qualcuno si era dimenticato di dare le chiavi. O forse quel qualcuno non si era affatto dimenticato. Forse c’era piena premeditazione. Perlomeno, era questa la prospettiva secondo la quale LuAnn vedeva le cose quando tutto andava male, come adesso.

Scosse il capo, come a voler scuotere via anche il carico di quei pensieri. Vedere le cose a quel modo, qui e ora, non le sarebbe stato di nessun aiuto. Frugò nella borsa e tirò fuori il notes con gli appunti ricavati dai microfilm. Appunti che davano molto da pensare.

Sei vincitori della Lotteria Nazionale. LuAnn era partita da quelli dell’autunno scorso per risalire fino al presente. Aveva trascritto i loro nomi e le loro storie personali. Gli articoli sul giornale erano corredati delle loro foto scattate al momento della vincita. Sorrisi che sembravano brillare di luce propria.

Judith Davis, trentasette anni, madre di tre figli ancora piccoli, sopravvivenza affidata agli assegni familiari.

Herman Rudy, cinquantotto anni, ex camionista infortunatosi sul lavoro e strangolato da colossali spese mediche.

Wanda Tripp, trentasei anni, vedova, disoccupata, esistenza grama appesa a quattrocento dollari al mese di sussidio di disoccupazione.

Randy Stith, trentuno anni, vedovo da poco, padre di un bimbo in tenera età, operaio appena licenziato da una fabbrica.

Bobbie Jo Reynolds, trentatré anni, cameriera a New York; dopo la vincita da sessantacinque milioni di dollari aveva deciso di abbandonare i suoi sogni di gloria come attrice, scegliendo di dipingere nature morte in qualche località del Sud della Francia.

Raymond Powell, l’ultimo vincitore in ordine di tempo, quarantaquattro anni, costretto da una bancarotta a vivere in un ospizio per senzatetto.

LuAnn si rilassò contro lo schienale, come se fosse di colpo priva di forze.

LuAnn Tyler, vent’anni, madre di una bambina in fasce, niente marito, niente soldi, niente futuro.

Perfetta, assolutamente perfetta per completare, o forse per continuare, quella pattuglia di gente disperata.

Le sue ricerche erano arrivate solamente a sei mesi prima. Quanti altri ne esistevano? Come colpi giornalistici, erano formidabili: tutta gente alla canna del gas, che di colpo si ritrovava al settimo cielo. Vecchi proiettati in una nuova ricchezza. Bambini piccoli improvvisamente al cospetto di un radioso futuro. Sogni, tanti sogni, di colpo divenuti realtà.

Qualcuno sarà il vincitore.

La faccia di Jackson, cosi calma, così controllata.

Perché non lei, LuAnn?

La voce di Jackson. Così perfetta, così seducente.

LuAnn aveva l’impressione di scivolare sempre più rapidamente giù da una diga senza fine. E acque profondissime, insondabili. Il fascino dell’ignoto. Qualcosa che nel contempo la spaventava e la attraeva. Guardò di nuovo Lisa. E di nuovo fu preda di un incubo ricorrente: una bambina che diventa donna, in una roulotte assediata da giovani lupi famelici.

— Che succede, tesoro?

Beth la stava osservando con materna simpatia, eseguendo un formidabile numero di equilibrismo con troppi piatti in bilico per due sole braccia.

— Non molto. Davo solo un’occhiata alle mie fortune. Beth sogghignò lanciando uno sguardo al blocco per appunti.

LuAnn si affrettò a richiuderlo.

— E allora lascia che ti dica una cosa, signorina LuAnn Tyler. Quando alla fortuna grossa ci arriverai, non dimenticarti dei tuoi primi e soli amici di Rikersville, Georgia — e si rimise in movimento con le portate per i vari tavoli.

— Puoi starne certa — disse LuAnn rivolgendole un sorriso incerto. — Te lo giuro.

7

Erano le otto del mattino del giorno zero quando LuAnn, con Lisa nel seggiolino, scese dall’autobus. Non era la sua solita fermata, e si trovava a una mezzoretta di cammino dalla Airstream. La pioggia era cessata. La tempesta aveva lasciato dietro di sé un cielo blu cobalto a sovrastare vasti paesaggi color verde cupo.

In qualsiasi direzione si guardasse, erba novella e germogli cominciavano ad apparire dalla terra scura. Un altro, lento inverno era finito. Stormi di uccelli volavano cinguettanti sui campi, festeggiando il cambiamento di stagione. Questo era il momento della giornata che LuAnn preferiva. Calmo, rilassante.

Sembrava alimentare la speranza.

LuAnn osservò le ampie ondulazioni erbose davanti a sé. Superò un portale ad arco, oltre una lastra di marmo con una scritta scolpita a lettere dai contorni ben definiti:

HEAVENLY MEADOWS CEMETERY

Camposanto dei Pascoli del Cielo. Come per volontà propria, i suoi piedi affusolati la guidarono verso il Campo 14, Sezione 21, Area 6. La tomba si trovava sulla sommità di una delle collinette, al cospetto di un’antica quercia sulla quale sarebbero presto tornate le foglie, portatrici di una fresca, grande ombra.

LuAnn posò il seggiolino su una panchina di pietra e prese Lisa in braccio. S’inginocchiò sull’erba piena di rugiada e tolse dalla lapide alcune foglie, umide di pioggia. La vita di Joy Tyler era stata breve, meno di trentasette anni, ma era stata anche un’eternità di sofferenza. Gli anni passati al fianco di Benny Tyler avevano accelerato l’uscita di Joy da questo mondo. LuAnn ne era assolutamente certa.

— Ti ricordi, Lisa? — LuAnn puntò il piccolo indice della bambina verso la lapide. — È qui che dorme la tua nonna. Non siamo venute a trovarla per un po’ perché c’è stato il tempo cattivo. Ma adesso che c’è la primavera, veniamo da lei di nuovo. E quando veniamo, anche se dorme, è come se lei si alza. E se tu apri bene le tue orecchiette, se tu chiudi gli occhi stretti stretti come quelli di un uccellino, se tu ascolti bene, ma proprio bene, allora senti che la nonna ci parla. Senti che ci dice come la pensa sulle cose.

LuAnn andò a sedersi sulla panchina di pietra, con Lisa sulle ginocchia, proteggendola dall’aria fredda del primo mattino. Lisa era ancora insonnolita. Le ci voleva sempre un po’ per svegliarsi, dopodiché non avrebbe più cessato di muoversi e di parlare per parecchie ore. Intorno a loro, il Camposanto dei Pascoli del Cielo era deserto. Un’unica solitaria figura, un giardiniere in sella a una motofalciatrice, era visibile a distanza. Lo scoppiettare del motore lontano si perdeva nel vento. Sulla collinetta regnava la pace. Così anche LuAnn chiuse gli occhi stretti stretti, come quelli di un uccellino.

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