Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Quando fu a due terzi della strada, lungo la costa sud del lago — la jeep lanciata al massimo, con la Mercedes che la tallonava — Laura vide la deviazione per la strada provinciale. La strada si arrampicava su per i monti, oltre il passo di Clark, una scorciatoia di una quindicina di chilometri che tagliava il raccordo orientale della Statale 38, ricongiungendosi più a sud, vicino a Barton Flats, con la superstrada a doppia corsia. Per quanto ricordava, la strada, sia all’inizio sia alla fine, era lastricata per tre o quattro chilometri, ma per i rimanenti dieci o undici chilometri non era che un sentiero di terra battuta. Contrariamente alla jeep, la Mercedes non aveva la trazione a quattro ruote motrici; aveva pneumatici invernali, che però non erano muniti di catene. Era improbabile che l’uomo al volante della Mercedes fosse al corrente che la strada si sarebbe presto trasformata in un tracciato pieno di solchi, ghiacciato e in alcuni punti impraticabile per i cumuli di neve.

«Tieniti forte!» disse a Chris.

Non usò i freni fino all’ultimo momento, svoltando a destra a una tale velocità che la jeep sbandò facendo stridere le gomme e sobbalzando paurosamente.

La Mercedes affrontò meglio la curva, anche se il guidatore non aveva intuito ciò che Laura aveva intenzione di fare. Mentre cominciavano a salire e ad addentrarsi in un paesaggio molto più selvaggio, l’auto accorciò la distanza a circa trenta metri.

Venticinque. Venti.

La sagoma di un lampo si stagliò improvvisamente nel cielo. Non era così vicino come qualche ora prima, a casa, ma abbastanza vicino da illuminare la zona. Riuscì persino a udire, sopra il rumore del motore, il boato del tuono.

Guardando a bocca aperta il cielo, Chris domandò: «Mamma, ma che cosa sta succedendo?»

«Non lo so», rispose Laura e dovette gridare per farsi udire.

Non sentì i colpi d’arma da fuoco, ma sentì le pallottole rimbalzare contro la jeep. Una pallottola forò il vetro del portellone e si conficcò nel sedile su cui lei e Chris erano seduti. Avvertì l’impatto oltre che udirlo. Cominciò a zigzagare da un lato all’altro della strada, cercando di essere un bersaglio meno facile. L’uomo armato aveva smesso di sparare oppure aveva mancato tutti i colpi, perché non avvertì il rumore di altre pallottole. Tuttavia aveva dovuto rallentare e la Mercedes si stava avvicinando sempre più rapidamente.

Dovette usare gli specchietti laterali perché in seguito all’urto sul vetro di sicurezza si era formata una ragnatela di crepe che rendevano inutilizzabile lo specchietto retrovisore.

A sud, lampi e tuoni avevano smesso di scuotere il cielo.

Giunse in cima a una salita. L’asfalto terminava più o meno a metà strada lungo la discesa davanti a loro. Smise di zigzagare e accelerò. Quando la jeep lasciò l’asfalto, per un attimo cominciò a sbandare, ma poi si mosse a grande velocità sul fondo ghiacciato e innevato. Superarono sobbalzando una serie di profondi solchi, un breve avvallamento dove gli alberi formavano un arco sopra di loro e poi si inerpicarono su, verso la collina.

Dagli specchietti vide la Mercedes superare l’avvallamento e poi avviarsi su per il pendio dietro di lei. Ma come raggiunse la cima, l’auto cominciò a sprofondare nei solchi. Scivolò su un fianco e i fari puntarono in un’altra direzione. Il guidatore, invece di girare dolcemente il volante mentre la macchina sbandava, sterzò eccessivamente. Le gomme cominciarono a girare a vuoto. La macchina cominciò a scivolare all’indietro di circa una ventina di metri, finché la ruota posteriore non finì dentro il fosso che fiancheggiava la strada; le luci dei fari puntavano ora verso l’alto, di traverso sul sentiero.

«Si sono impantanati!» gridò Chris.

«Ci metteranno almeno mezz’ora per uscire di lì.» Laura continuò a salire, superò la cima, poi si lanciò lungo il pendio successivo dell’oscuro sentiero.

Anche se era riuscita a fermarli, la sua paura non era diminuita. Aveva il presentimento di non essere ancora in salvo. E aveva imparato a fidarsi delle sue sensazioni più di vent’anni prima, quando aveva sospettato che l’Anguilla sarebbe venuta a cercarla la notte in cui al McIlroy sarebbe stata sola nell’ultima stanza vicino alle scale. La notte in cui, infatti, le aveva lasciato sotto il guanciale una delle sue caramelline. Dopotutto, i presentimenti erano solo dei messaggi dell’inconscio, che lavorava alacremente e incessantemente ed elaborava informazioni che lei non aveva assimilato consciamente.

Qualcosa non andava. Ma che cosa?

Procedevano a meno di trenta chilometri l’ora su quella pista stretta, accidentata e ghiacciata. Per un po’ la strada seguì il dorsale roccioso della montagna, dove non c’erano alberi, poi arrivarono al fondo di una valle, dove gli alberi erano così fitti su entrambi i lati da sembrare pareti di legno.

Nel vano posteriore della jeep, il suo Custode, febbricitante, si lamentava nel sonno. Laura era preoccupata e avrebbe voluto andare più forte, ma non osava.

Per i primi quattro chilometri Chris rimase in silenzio. Infine chiese: «A casa… hai ucciso qualcuno di loro?»

«Sì. Due.»

«Bene.»

Turbata dalla nota sinistra di piacere che aveva avvertito in quella parola, Laura disse: «No, Chris. Non è bello uccidere. È una cosa che mi ha fatto rivoltare lo stomaco».

«Ma se lo sono meritato», ribattè Chris.

«Sì, certo, ma questo non significa che sia stato piacevole ucciderli. Non lo è stato. Non c’è alcuna soddisfazione. Solo… disgusto di fronte alla necessità di doverlo fare. E tristezza.»

«Avrei voluto ucciderne uno», esclamò con una collera determinata, fredda, allarmante in un bambino della sua età.

Laura gli lanciò un’occhiata di sottecchi. Con il volto scavato dalle ombre e illuminato dalla pallida luce giallognola che proveniva dal cruscotto, sembrava più vecchio della sua età e Laura intravide l’uomo che sarebbe diventato.

Quando il fondo della gola divenne troppo roccioso per consentire il passaggio, la strada riprese a risalire, seguendo una sporgenza sulla parete della montagna.

Laura teneva gli occhi puntati sulla pista impervia. «Tesoro, potremo parlare in modo più approfondito di questo più tardi. Ora voglio che tu ascolti attentamente e cerchi di comprendere ciò che sto per dirti. Ci sono molte filosofie cattive nel mondo. Sai che cos’è una filosofia?»

«Più o meno. No… non esattamente.»

«Be’, allora diciamo semplicemente che le persone credono a tante cose che sono negative per loro. Ma vi sono due modi di pensare che sono i peggiori, i più pericolosi, i più sbagliati in assoluto. Alcune persone ritengono che il modo migliore per risolvere un problema sia quello di usare la violenza. Picchiano o uccidono chiunque sia in disaccordo con loro.»

«Come quei tipi che ci stanno inseguendo.»

«Sì. Evidentemente appartengono proprio a questa categoria. Ed è un modo di pensare veramente sbagliato, perché la violenza porta altra violenza. Inoltre, se le divergenze vengono risolte con le armi, non c’è giustizia, non un momento di pace, nessuna speranza. Mi segui?»

«Credo di sì. Ma qual è l’altro modo di pensare sbagliato?»

«Il pacifismo», rispose Laura. «Ed è esattamente l’opposto del primo modo di pensare. I pacifisti credono che non si dovrebbe mai alzare una mano contro un altro essere umano, indipendentemente da ciò che ha fatto o da ciò che sta per fare. Supponiamo che un pacifista sia accanto a suo fratello e veda arrivare un uomo che vuole ucciderlo. Lo spronerebbe a fuggire, ma non prenderebbe mai in mano un’arma per fermare l’assassino di suo fratello.»

«E lascerebbe che quel tizio inseguisse suo fratello?» chiese Chris stupefatto.

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