Avevano inviato Kokoschka per fermarlo. Ora stavano di certo aspettando ansiosamente all’istituto per conoscere l’esito. Al suo arrivo sarebbe stato arrestato. Probabilmente non avrebbe mai più avuto la possibilità di riprendere la Via del Lampo, per ritornare da lei, come le aveva promesso.
La tentazione di rimanere fu grande.
Se fosse rimasto, loro avrebbero mandato qualcun altro a ucciderlo e avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni a fuggire mentre osservava il mondo cambiare così tragicamente che gli sarebbe stato impossibile sopportarlo. D’altro canto, se fosse tornato, c’era una minima possibilità che potesse ancora distruggere l’istituto. Il dottor Penlovski e gli altri erano ovviamente al corrente della sua ingerenza nel flusso naturale degli eventi nella vita di questa donna, ma forse non sapevano che aveva sistemato gli esplosivi nel solaio e nel seminterrato dell’istituto. In tal caso, se avesse avuto la possibilità di entrare nel suo ufficio anche solo per un momento avrebbe potuto azionare l’interruttore nascosto e far saltare l’edificio, con tutti i suoi archivi, ricacciandoli all’inferno a cui appartenevano. Più probabilmente avevano già trovato le cariche esplosive e le avevano rimosse. Ma finché rimaneva una qualsiasi possibilità che potesse porre fine per sempre al progetto e chiudere la Via del Lampo, era moralmente obbligato a tornare all’istituto, anche se ciò poteva significare che non avrebbe mai più rivisto Laura.
Mentre il giorno moriva, la bufera sembrava farsi più violenta. Sul versante della montagna sopra la strada, il vento sibilava fra gli enormi pini e i rami frusciavano con rumore sinistro, come se una creatura gigante dai mille piedi stesse scendendo precipitosamente giù dal pendio. I fiocchi di neve erano diventati piccoli pezzetti di ghiaccio che sembravano voler raschiare il mondo, levigandolo come la cartavetrata leviga il legno, finché alla fine non ci sarebbero più state cime e vallate, nulla, tranne una monotona pianura che si perdeva all’infinito.
Stefan premette il pulsante giallo tre volte in rapida successione, accendendo i segnali luminosi. Con rammarico e paura rientrò nel suo tempo.
Stringendo a sé Chris, ora più calmo, Laura si sedette per terra accanto alla jeep e guardò il suo Custode allontanarsi nella neve.
Si fermò in mezzo alla strada e per un lungo momento rimase lì, immobile. Poi avvenne un fatto incredibile. Dapprima l’aria si fece pesante, carica di una strana pressione, qualcosa che non aveva mai avvertito prima, come se l’atmosfera della terra si stesse condensando in qualche cataclisma cosmico, e improvvisamente le riuscì difficile respirare. Nell’aria si diffuse un odore singolare ma familiare e dopo qualche secondo si rese conto che era un odore di cavi elettrici incandescenti e di guarnizioni bruciacchiate, simile a quello che aveva sentito in cucina quando la spina del tostapane era andata in cortocircuito qualche settimana prima; quel puzzo venne coperto dall’odore pungente ma non sgradevole dell’ozono, quello stesso odore che riempiva l’aria durante un violento temporale. La pressione si fece più opprimente, finché non si sentì quasi schiacciare a terra e l’aria scintillò e s’increspò come se fosse acqua. Con un suono simile a un enorme tappo che salta dalla bottiglia, il suo Custode svanì dalla luce grigio purpurea del crepuscolo invernale e nello stesso istante si creò un vortice tremendo, come se una massa gigantesca d’aria stesse precipitando in quel punto per riempire un vuoto. Per un istante si sentì veramente intrappolata in un baratro, incapace di respirare. Poi la pressione svanì e nell’aria si sentì solo il profumo di neve e di pini, tutto era di nuovo normale.
Ma dopo quanto aveva visto, nulla poteva più essere normale per lei.
Calarono le tenebre. Senza Danny le parve la notte più nera della sua vita. Solo una luce rimaneva a illuminare la sua lotta verso una lontana speranza di felicità: Chris. Era l’ultima luce che brillava nella sua oscurità.
Più tardi, in cima alla collina apparve una macchina. I fari spezzavano le tenebre.
Si alzò a fatica e con Chris si mise in mezzo alla strada. Agitò le braccia in segno di aiuto.
Quando la macchina rallentò, Laura si chiese improvvisamente se ne sarebbe uscito un altro uomo con un fucile mitragliatore. Non si sarebbe mai più sentita al sicuro.
Sabato, 13 agosto 1988, sette mesi dopo che Danny era stato ucciso, Thelma Ackerson arrivò alla casa di montagna dove si sarebbe fermata per quattro giorni.
Laura era sul retro e si stava esercitando con la sua Smith Wesson calibro 38. L’aveva appena ricaricata e stava per infilarsi la cuffia quando udì un’auto risalire lungo il sentiero ghiaioso che partiva dalla statale. Si chinò a prendere il binocolo che si trovava ai suoi piedi ed esaminò il veicolo per assicurarsi che non fosse un visitatore indesiderato. Quando riconobbe Thelma, ripose il binocolo e continuò a colpire il bersaglio, la sagoma di un uomo a mezzo busto, legato a un muro di protezione costituito da balle di fieno.
Seduto sul prato vicino, Chris prese altre sei cartucce dalla scatola e si preparò a porgerle alla madre.
Il giorno era caldo, limpido e asciutto. I fiori di campo risplendevano a centinaia lungo il bordo del cortile, dove il campo falciato cedeva il posto a una vegetazione selvaggia che cresceva fino al limitare della foresta. Sino a qualche momento prima sul prato c’erano gli scoiattoli e gli uccelli cantavano, ma ora, a causa del frastuono, erano scappati via.
Ci si poteva aspettare che Laura, associando la morte del marito a quel luogo se ne sarebbe sbarazzata. E invece quattro mesi prima aveva venduto la casa di Orange County e si era trasferita lì con Chris.
Era sicura che ciò che era successo quel giorno di gennaio sulla Statale 330 sarebbe potuto accadere ovunque. Il posto non c’entrava affatto; era tutta colpa del suo destino, delle forze misteriose che operavano nella sua vita insolitamente tormentata. Intuitivamente sapeva che se il suo Custode non fosse intervenuto per salvarla, sarebbe entrato nella sua vita in qualche altro posto, in un altro momento di crisi. In quel luogo Kokoschka sarebbe spuntato con il suo fucile mitragliatore e si sarebbe svolta la stessa sequenza di eventi violenti e tragici.
Nell’altra casa c’erano molti più ricordi di Danny che non nel rustico di pietra e legno rosso a sud di Big Bear. Ma in montagna Laura riusciva meglio ad affrontare il suo dolore che non a Orange Park Acres.
Inoltre, in montagna si sentiva stranamente più sicura. Nei sobborghi densamente popolati di Orange County, dove le strade e le arterie erano percorse da più di due milioni di persone, sarebbe stato difficile scorgere il nemico tra la folla finché non avesse scelto il momento per agire. In montagna, invece, gli estranei si notavano subito, tanto più che la casa era situata quasi al centro della loro proprietà di trenta acri.
Laura non aveva dimenticato l’avvertimento del suo Custode: Armati. Stai all’erta. Se verranno a cercarti… saranno una squadra.
Quando Laura sparò l’ultimo colpo e si sfilò la cuffia, Chris le porse altre sei cartucce e poi corse al bersaglio per controllare la precisione della madre.
Il muro di protezione di balle di fieno era alto due metri, profondo uno e largo circa quattro. Dietro si estendeva una pineta di sua proprietà; un simile muro di protezione era eccessivo, ma Laura non voleva sparare a nessuno. Perlomeno non accidentalmente.
Chris sistemò il nuovo bersaglio e tornò da Laura con quello vecchio. «Quattro centri su sei, mamma. Due mortali e due belle ferite, ma sembra che tu tenda ad andare a sinistra.»
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