Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Il corpo di Danny le impediva in parte la visuale, ma vide che Kokoschka era stato colpito. Vide il suo Custode avvicinarsi all’uomo accasciato e per un attimo sembrò che il peggio fosse passato. Poi il suo Custode cadde su un ginocchio e Kokoschka rotolò verso il fucile mitragliatore che aveva lasciato cadere. Di nuovo degli spari. Tantissimi in pochi secondi. Udì un paio di colpi sibilare sotto la jeep, paurosamente vicini.

Il silenzio che seguì fu dapprima totale. All’inizio non riuscì a sentire né il vento né i singhiozzi soffocati di suo figlio. Poi, gradualmente, quei suoni la colpirono.

Vide che il suo Custode era vivo. In parte si sentì sollevata, in parte irrazionalmente irritata che fosse sopravvissuto. Lo odiava perché aveva portato con sé Kokoschka e Kokoschka aveva ucciso Danny. D’altro canto, sarebbero sicuramente rimasti uccisi nella collisione con l’autocarro se il suo Custode non fosse intervenuto. Ma chi diavolo era? Da dove veniva? Perché era così interessato a lei? Laura era spaventata, sconvolta, disperata nel profondo dell’anima e terribilmente confusa.

Dolorante, il suo Custode si alzò in piedi e zoppicando si diresse verso Kokoschka. Laura si rigirò spostandosi più avanti per vedere giù dalla collina, oltre la testa immobile di Danny. Riusciva a malapena a vedere ciò che il suo Custode stava facendo, ma le sembrò che stesse aprendo la giacca di Kokoschka.

Dopo poco risalì zoppicando la collina, portando con sé qualcosa che aveva preso dal corpo.

Quando raggiunse la jeep, si chinò e guardò sotto. «Vieni fuori. È tutto finito.» Il suo volto era pallido e improvvisamente le sembrò più vecchio. Si schiarì la voce e con tono sincero, profondamente commosso, disse: «Mi dispiace, Laura. Mi dispiace tanto».

Laura strisciò verso il retro della jeep, sbattendo la testa sul telaio. Invitò Chris a seguirla, perché se fossero usciti dall’altra parte il bambino avrebbe visto il padre. Il suo Custode li tirò fuori dal loro nascondiglio. Laura si accasciò contro il paraurti posteriore e strinse a sé Chris.

Con voce tremante il bambino disse: «Voglio papà».

Anch’io lo voglio, pensò Laura. Oh, piccolo mio, anch’io lo voglio. Lo voglio tanto. L’unica cosa al mondo che vorrei è il tuo papà.

La bufera si era trasformata in una vera e propria tormenta di neve. Il pomeriggio stava morendo; la luce si stava affievolendo e tutt’intorno il tetro, grigio giorno stava soccombendo all’oscurità fosforescente di una notte nevosa.

Con quel tempo pochi avrebbero viaggiato, ma Stefan era sicuro che di lì a poco sarebbe arrivato qualcuno. Non erano trascorsi più di dieci minuti da quando aveva fermato Laura a bordo della Blazer , ma anche su quella strada di montagna, sotto la tormenta, l’assenza di traffico non sarebbe durata a lungo. Doveva parlare con Laura e partire prima di rimanere intrappolato lì.

Accovacciandosi davanti a Laura e al bambino in lacrime, Stefan disse: «Laura, devo andare via di qui, ma tornerò presto, tra un paio di giorni…»

«Chi sei?» chiese Laura in tono rabbioso.

«Non c’è tempo per le spiegazioni, ora.»

«Voglio sapere, dannazione! Ho il diritto di sapere.»

«Sì, è un tuo diritto e ti spiegherò tutto fra qualche giorno. Ma ora dobbiamo subito decidere che cosa raccontare, come facemmo quel giorno nel negozio. Ricordi?»

«Vai all’inferno.»

Impassibile, Stefan proseguì: «È per il tuo bene, Laura. Non puoi raccontare alle autorità la verità perché ha dell’incredibile. Non trovi? Penseranno che ti sei inventata tutto. Soprattutto se dirai che me ne sono andato… Penseranno sicuramente che sei in qualche modo implicata nell’omicidio, oppure che sei pazza».

Lo guardò con aria ostile e rimase in silenzio. Non la biasimava per il suo stato d’animo. Forse desiderava persino che fosse morto, ma comprendeva anche quello. Le sole emozioni che suscitava in lui erano amore, pietà e profondo rispetto.

Stefan continuò: «Dirai loro che quando tu e Danny avete superato la curva e avete imboccato la salita, c’erano tre auto sulla strada: la jeep parcheggiata qui, addossata al terrapieno, la Pontiac sulla corsia sbagliata, proprio dove si trova adesso, e un’altra auto ferma sulla corsia in direzione nord. C’erano… quattro uomini, due di loro armati, che avevano tutta l’aria di aver costretto la jeep ad accostare. Voi siete arrivati proprio nel momento sbagliato. Questo è tutto. Minacciandovi con un fucile vi hanno obbligato ad accostare e vi hanno fatto scendere dalla macchina. A un certo punto hai sentito parlare di cocaina… stavano discutendo di droga e avevano l’aria di aver inseguito l’uomo nella jeep…»

«Trafficanti di droga qui?» replicò Laura sprezzante.

«Potrebbero esserci delle raffinerie qui intorno, una capanna nella foresta dove magari trattano il PCP. Ascolta, se la storia ha un senso qualsiasi la berranno. La storia vera non ha né capo né coda, perciò non contarci. Allora, dirai che dalla cima della collina a un certo punto sono spuntati i Robertson, di cui ovviamente non conosci il nome, a bordo del loro autocarro.

La strada era bloccata da tutte queste auto e quando l’autista ha frenato il veicolo ha cominciato a sbandare…»

«Hai un accento», disse Laura in preda alla collera, «leggero, ma… lo sento. Da dove vieni?»

«Ti spiegherò tutto fra qualche giorno», rispose Stefan spazientito, scrutando la strada in entrambe le direzioni. «Lo farò, ma ora devi promettermi che racconterai questa storia, arricchendola come puoi, ma non dirai la verità.»

«Non ho altra scelta. Non è vero?»

«No», rispose Stefan, sollevato che avesse compreso la sua posizione.

Laura si strinse a suo figlio e non disse più nulla.

Stefan aveva cominciato nuovamente ad accusare un forte dolore al piede semicongelato.

La sensazione di calore prodotta dal movimento era svanita e ora era scosso dai brividi. Le porse la cintura che aveva tolto a Kokoschka. «Infilala sotto la giacca. Non deve vederla nessuno. Quando arrivi a casa, nascondila da qualche parte.»

«Che cos’è?»

«Più tardi lo saprai. Cercherò di ritornare fra qualche ora. Ma ora promettimi che la nasconderai. Non essere curiosa. Non indossarla. E per l’amore del cielo non premere il pulsante giallo!»

«Perché no?»

«Perché tu non vorresti andare dove ti porterebbe.»

Lo fissò confusa. «Portarmi?»

«Ti spiegherò tutto. Ma non ora.»

«Perché non puoi portarla con te, qualunque cosa sia?»

«Due cinture su un corpo è anomalo, provocherebbe una sorta di rottura nel campo energetico e Dio solo sa dove potrei finire o in quali condizioni.»

«Non capisco. Di che cosa stai parlando?»

«Più tardi. Ma se per qualche ragione non fossi in grado di ritornare, faresti meglio a prendere delle precauzioni.»

«Che genere di precauzioni?»

«Armati. Stai all’erta. Non c’è ragione che vengano a cercarti se prendono me, ma non possiamo escluderlo. Giusto per darmi una lezione, per umiliarmi. Vivono per la vendetta. E se verranno a cercarti… saranno una squadra. Armati fino ai denti.»

«Ma chi diavolo sono toro?»

Senza rispondere, Stefan si alzò in piedi, trasalendo per il dolore al ginocchio destro. Indietreggiò e la guardò intensamente per l’ultima volta. Poi si voltò, lasciandola lì, nel freddo e nella neve, appoggiata contro la jeep crivellata di proiettili, con suo figlio terrorizzato e suo marito morto.

Si diresse lentamente verso il centro della strada, dove dal selciato innevato sembrava provenire più luce che dal cielo sovrastante. Laura lo chiamò. Ma Stefan la ignorò.

Nascose l’arma scarica sotto il cappotto. Infilò una mano nella camicia, cercò per un attimo e trovò il pulsante giallo sulla sua cintura del tempo. Esitò per un istante.

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