Andrew Klavan - Shadowman

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Shadowman: краткое содержание, описание и аннотация

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Un investigatore romantico, arguto e profondo conoscitore dell’animo umano; un motociclista e pilota, cinico e testardo, che non esita a menare le mani, e infine un giovane apprendista detective, idealista e sognatore. Sono questi i tre eroi della Weiss Investigations, un’agenzia che, sullo sfondo mutevole di San Francisco, si trova coinvolta in una fitta trama di casi che alla fine convergono in un unico grande complotto. Sembra, infatti, che dietro a tutti i delitti, gli attentati e le trame criminali ci sia un killer che nessuno ha il coraggio di nominare.
, l’uomo ombra, и una realtа o soltanto un nome, dato per spaventare poliziotti e delinquenti? И un astuto criminale o solo un fantomatico personaggio inventato per archiviare i troppi delitti irrisolti? Ma la presenza di
и reale, presente in ogni tassello di un complesso mosaico di azioni criminali finalizzate a un piano che lui solo conosce. E che solo gli agenti della Weiss Investigations sapranno svelare…
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«Ben Fry», fu tutto quel che disse.

57

Nel bosco Kathleen inciampò in un ramo. Goldmunsen, il più grosso dei gorilla, camminava subito dietro di lei, con la pistola. Flake si spostò al fianco della donna per illuminare meglio con la torcia il loro cammino.

Kathleen non guardava i suoi assassini. Riprese semplicemente il cammino con lo sguardo basso, rassegnata. Non le importava più di niente e piangeva solo perché si era resa conto di quanto squallida fosse stata la sua vita, e sempre per colpa di uomini. Gli uomini erano dei vigliacchi, degli esseri meschini. Rivedeva Chris che strisciava verso Hirschorn, Frank Kennedy con lo sguardo sprezzante. E lei non aveva mai desiderato altro che l’amore di uno di quei bastardi. Che cos’era, un delitto?

Si passò il polso sotto il naso colante e continuò ad avanzare, a fatica, cercando di districare i piedi dal sottobosco. Il terreno, irregolare, era in discesa. Stavano camminando da un po’ e la palude non doveva essere lontana. Kathleen ne percepiva l’odore, ne sentiva i rumori: un vero e proprio frastuono di rane e insetti. Procedeva passo dopo passo, rallentando ogni tanto per asciugarsi il viso con le mani. Goldmunsen la spinse in avanti con la pistola e la fece inciampare, forse su una radice. Dovette fermarsi un attimo per ritrovare l’equilibrio, appoggiandosi col braccio a un tronco.

«Non ti fermare», blaterò Goldmunsen.

«Vaffanculo», rispose lei.

A quelle parole, Flake ridacchiò sadicamente.

«Vaffanculo anche tu, bastardo di uno psicopatico», continuò Kathleen.

«Ehi, puttana, stai attenta a quello che dici.» Flake cercò di colpirla in faccia con un manrovescio, ma lei lo bloccò con entrambe le braccia, spostandosi di lato. «Ehi», ripeté l’uomo, mentre quasi perdeva l’equilibrio.

«Tieni le tue sporche mani lontano da me», urlò Kathleen, e che andassero tutti all’inferno. Potevano ucciderla anche subito, ma non gliene importava. Nessuno, neanche uno di questi figli di puttana, le avrebbe più messo le mani addosso. «Stammi lontano!»

Precedendoli entrambi si affrettò giù per la discesa, piangendo.

Flake rimase fermo per qualche istante, stupito, imbambolato.

«Forza, ci siamo quasi», disse Goldmunsen. «E questa volta speriamo di poter fare quello per cui siamo venuti, senza complicazioni. Maledette zanzare, mi stanno uccidendo.»

«Hai visto?» stava dicendo Flake. «Hai visto che cosa ha fatto quella puttana?»

La inseguì, e quando la raggiunse le si parò davanti, puntandole la torcia negli occhi, per avere la sua attenzione. Kathleen la spostò come se fosse un fastidioso insetto, senza guardare l’uomo.

«Pensi che non userò il coltello su di te?» disse.

«Vai a farti fottere», rispose Kathleen.

Flake non riusciva a credere alle sue orecchie. Rimase a bocca aperta.

«Forza, andiamo», disse Goldmunsen superandolo.

«Ma…»

«Forza!»

Che cosa poteva fare Flake? Si rassegnò a seguirli, illuminando la strada.

Kathleen sentì che il terreno sotto i piedi diventava più umido, spugnoso. Le zanzare erano sempre di più e le rane gracidavano vicine. Poi ci fu una scintilla nel buio, un barbaglio lucido: il raggio della torcia aveva sfiorato l’acqua.

Kathleen ebbe un moto di paura. Erano arrivati, ecco la palude. Deglutì, sperando che tutto finisse presto.

Un altro passo e il piede fu a mollo. L’acqua fredda entrò nelle sue scarpe da tennis e le bagnò le calze. Si fermò, non c’era nessun altro posto in cui andare. Era la fine.

Venne percorsa da un brivido e incrociò le braccia sotto il seno, rassegnata. Mosche e zanzare le ronzavano intorno ma lei non ci faceva caso. Perché prendersela? Tra poco sarebbe morta.

Guardò la distesa d’acqua. Sopra di loro si vedeva il cielo, e anche la luna, ancora bassa sull’orizzonte. Distingueva alcuni gruppi di canne e giunchi e il riflesso delle stelle. Tutto questo, attraverso il velo delle sue lacrime.

Scosse la testa davanti a quella scena notturna, con una smorfia amara. A che serviva tutto questo, se nessuno ti amava? Forse avrebbe dovuto chiedere agli uomini di abbandonarla come aveva fatto suo padre, a suo marito di picchiarla, al suo amante di mentire. Forse, allora, sarebbero stati affidabili, gentili e sinceri solo per farle dispetto, per spiazzarla. Chi cazzo poteva saperlo? Ma chi ci capiva niente, poi, della vita?

Rabbrividì ancora, di freddo. Gesù, perché non si sbrigavano?

Si voltò per affrontare quei bastardi, ma si accorse che era arrivata lì così velocemente da lasciarli indietro. Goldmunsen stava ancora scendendo il pendio, appesantito dalla sua mole, agitando un braccio per non perdere l’equilibrio mentre con l’altro teneva la pistola. Per lui, l’omicidio doveva essere un’abitudine. Flake la stava raggiungendo da sinistra, tenendosi fuori dall’acqua per non bagnarsi le scarpe. Continuava a saltellare, come se l’energia da psicopatico che aveva dentro minacciasse di farlo esplodere. Aveva il volto eccitato, di chi pregusta qualcosa, la bocca contorta in un ghigno di piacere all’idea di quello che stava per succederle.

Anche quei due, Kathleen pensò, erano due vigliacchi figli di puttana, nulla di più. Le facevano schifo.

«Maledetti bastardi», urlò. Detestava che la vedessero piangere, ma non riusciva a smettere. Era troppo terrorizzata e infelice. «Ma guardatevi!»

I due, stranamente, obbedirono e si fissarono come idioti. Lei avrebbe riso, se ci fosse riuscita.

«Se fossi in voi mi vergognerei di respirare, di sprecare l’aria degli altri», disse, e i due uomini la guardarono visibilmente stupiti. Kathleen aveva il volto alterato dalla rabbia. «Forza, bastardi, sparate. Che cosa state aspettando? Non ne posso più di avervi davanti.»

Flake non credeva alle sue orecchie. Guardava la donna e guardava Goldmunsen, con la bocca aperta, sconvolto.

«Bene, l’hai voluto tu», disse infine. Spostò la torcia dalla mano destra in quella sinistra, per poter estrarre il coltello a serramanico. Lo aprì e cominciò a balbettare: «Io… io la faccio a pezzi». Non riusciva quasi a parlare.

Kathleen lo guardò sprezzante. «Forza, grand’uomo», disse.

Flake si mosse verso di lei, ma Goldmunsen era stufo di lui. Era stata una giornata lunga, e aveva già assistito alla stessa scena con il marito di quella puttana. Due passeggiate come quelle nello stesso giorno, e ancora non era morto nessuno. Non ne poteva più, di Flake e di tutta quella storia.

«Piantala, Flake, dacci un taglio!» disse.

Il tono della voce costrinse l’altro a fermarsi. Era vicino all’acqua e guardava la donna con un odio profondo.

«Stai fermo, cazzo», continuò Goldmunsen. «E tieni ferma la torcia finché non ho finito.»

Flake esitò, tremando di rabbia.

«Fai come ti ho detto», urlò Goldmunsen. «Ricordati che il signor Hirschorn ci ha detto di sbrigarci.»

Il nome del capo fece desistere Flake, che emise un sospiro. «Va bene, va bene», mormorò. «Merda.» Alzò la torcia fino a illuminare Kathleen in piena faccia. Lei alzò la mano per proteggersi gli occhi, ma poi riprese a guardarli dritto in faccia, con una smorfia di disprezzo nonostante le lacrime. Flake non capiva, come faceva Goldmunsen a non prendersela? Come poteva ucciderla con un semplice colpo di pistola, senza spazzarle via quel ghigno dalla faccia e farle chiedere pietà?

Ma a Goldmunsen non importava proprio niente della donna, della faccia che aveva o di sentirla chiedere pietà. Voleva eliminarla e chiudere la storia. Anzi, arrivò addirittura a fare un mezzo sorriso di ammirazione.

«Hai più palle tu di tuo marito, bisogna ammetterlo», le disse.

Poi, con un gesto fluido, sollevò la pistola e mirò al petto.

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